Sono vispi questi piccini in copertina, perfetti esemplari di bambini contemporanei super stimolati e dalle performance strabilianti. Il loro pomeriggio tipo è organizzato al minuto e hanno un’agenda ricca come neanche un candidato in campagna elettorale, con tanto di genitori-staffisti-tassisti. Dopo averli incontrati, ho fatto un’analisi veloce del mio periodo 0-12 per capire dove posizionare il gap generazionale che rende così diversi gli ex bambini anni ’80, come lo sono stata io, dai meravigliosi minorenni di oggi: un poco slow i primi, decisamente smart gli altri. Poi torno a casa, accendo il tv su un canale musicale per tardoni nostalgici come me e guardo un video in cui Simon Le Bon, icona di quegli anni, cantava con tutti i Duran Duran su una improbabilissima zattera in mezzo all’oceano. E lì ho capito.
Non ho nulla contro le zattere, che d’altronde suggeriscono dimensioni di fuga e di esotismo, e costituiscono un mezzo dignitosissimo di trasporto in casi di emergenza nonché un topos letterario costante da Omero a Sandokan. Eppure, provate a far vedere il video in questione a uno di questi bambini: lo troverebbero quanto meno ingenuo, ridicolo (“sfigato” come direbbero loro), a buona ragione, e non comprerebbero mai un cd dei Duran Duran, cartina al tornasole pop di quegli anni.
Sono cambiati completamente tutti gli standard dei prodotti dedicati a un pubblico anagraficamente “piccolo”, ma potentissimo nell’influenzare il potere d’acquisto. Altro che zattera, altro che sogno, altro che suggestione: ora i bambini sono resi concreti dal marketing, anche perché a ogni loro desiderio corrisponde un’esigenza e quindi una spesa. La star di turno ora non è presa “per incantamento”, come dicevano gli Stilnovisti, e messa lì sulla zattera: ora ogni occasione mediatica è buona per inserire “prodotti a fini commerciali”, come recita sempre più spesso la scrittina in basso a sinistra, da acquistare o da far acquistare, il che è lo stesso.
Siamo passati dal grembiulino di Candy Candy alle scarpe da cubiste delle Bratz; dai tempi infiniti di cui necessitava il pallone di Holly e Benji per entrare in porta (talvolta anche svariate puntate) ai ritmi congestionati di un gioco alla Wii; dalle catene ai polsi che la pallavolista Mimì Ayuhara usava per autodisciplinarsi all’edonismo sfrenato di Party Mamas. È decisamente più bello essere bambino oggi. Certo, si perde prima l’innocenza, ma si acquista uno stomaco forte per sopportare la visione dei telefilm di cui loro vanno pazzi, quelli dove per tutto il tempo si pratica l’autopsia sui cadaveri: se chiedi dov’è la giugulare, questi figli di Twilight te la sapranno indicare con la precisione di un anatomista, insieme a un mucchio di altri dettagli. Io ho scoperto com’è fatta nel dettaglio la zona sacrale solo ora che mi è venuta la lombalgia, figuriamoci.