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Più consapevoli, più soli, più poveri: ecco l'Italia del post Codiv

Pubblicato da: Categoria: EDITORIALI

8
GIU
2020

Tra le cose che la pandemia ci ha negato ce ne sono due, antiteticamente potentissime: il lutto per i nostri cari, e il momento della condivisione scolastica da un punto di vista fisico. Due contenitori, per queste solitudini diverse, che hanno spaccato nettamente a metà il ciclo normale della vita. Mentre la cremazione è stata il più delle volte la soluzione drastica ma necessaria per chiudere la pratica delle vittime del Covid, la mancata fisicità della presenza scolastica resta invece come l'elemento sospeso più penalizzante per l'irrobustimento delle coscienze dei cittadini del futuro. La didattica a distanza, rivelatasi alla fine un gigantesco sondaggio sulla reale situazione finanziaria tra gli alunni meno abbienti e quelli che lo sono eccome, ha dato il colpo di grazia all'idea che in Italia esistano due distinti livelli di istruzione scolastica. E non bisogna scomodare nessun tabù sociologico per racchiudere il tutto in uno sconfortante assunto :"io posso e tu no". Perché poi è sin troppo facile parlare di uguaglianza, anzi, fa anche tanto "cool", ma sfido chiunque a non avere notato almeno una volta la differenza tra i mood degli insegnamenti licei/istituti tecnici. Non sto parlando della validità degli insegnanti, ma piuttosto della difficoltà che in questi tre mesi ha incontrato la media degli alunni dei Tecnici rispetto a quella dei Licei. E parlo di difficoltà spesso generate dalle condizioni socio economiche delle famiglie alle quali appartengono i ragazzi. Mancanza di devices, assenza di giga per collegarsi, difficoltà psicologiche a un approccio virtuale, insegnanti non sempre pronti e formati per una vera didattica a distanza. La Scuola non può essere assimilata a un'azienda che utilizza tutte le declinazioni possibili di Skype, perché è il percorso cerebrale dei due attori principali che è diverso dall'origine. I veri eroi sono stati quei presidi e quegli insegnanti - che anche a loro spese economiche e di tempo - sono riusciti a trattenere gli alunni più deboli, coinvolgendoli al solo scopo di non interrompere il loro percorso più umano che scolastico. Quando sento di docenti che vorrebbero assegnare voti bassi, rimpiangendo la possibilità di bocciatura, mi sento spaesato. E non perché voglia sembrare a tutti i costi il radical chic de noantri, assolutamente no. Penso solo a quella serie di mancanze che hanno dovuto subire i nostri ragazzi. Questa pandemia ha reso più solo chi già lo era, e più povero (non necessariamente dal punto di vista economico) chi già si arrangiava nella navigazione a vista sul proprio futuro di uomo e cittadino. La vita interrotta-per sempre, come nel caso dei lutti, oppure semplicemente rimandata a settembre, come in quelli degli alunni - ha il sapore amaro del "vorrei ma non posso" da sempre leit motiv del tirare a campare italiota. Prendersela con il ministro del momento non fa che rendere ancora più triste un dibattito sulla Scuola che ha perso la bussola da troppi anni ormai, annoverando tra i suoi "capi" personaggi quanto o ancor più improbabili degli attuali. La sola speranza è che si esca al più presto da questa drammatica situazione, e che ci vengano restituiti i diritti al pianto e alla commemorazione, oltre a quelli della maturazione (al di là della maturità istituzionale) di quelle centinaia di migliaia di giovani coscienze che spero potranno cambiare il corso delle cose, perché il futuro è loro. E se lo meritano tutto.



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