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Lo stato dell´arte/ L´Italia è ancora un paese di poeti?

Pubblicato da: Categoria: CULTURA

11
DIC
2015
I giornali dedicano poco spazio ai poeti contemporanei, nelle librerie la poesia è quasi sempre rintanata in un cantuccio e l'editoria la considera investimento rischioso perché invendibile. Esiste però un sottobosco che freme per far sentire la propria  voce
 
Nell’odierna cultura di massa, la poesia presenta enormi difficoltà a ritagliarsi un proprio spazio,  sembra vivere grandi interrogativi epocali in questo nostro tempo  dominato dalla comunicazione veloce e  standardizzata, dalla deriva dei significati e dal vivere frenetico e spersonalizzato, perché la complessità del verso difficilmente si sposa con le esigenze di esemplificazione dei nostri tempi. Un dato di fatto è che si scrive molto ma si legge poco. Tantissima offerta e poca domanda.
In realtà, la poesia contemporanea imperversa nella rete e questa, se da un lato può essere una  buona opportunità, dall'altro è  anche un rischioso limite perché, senza un reale filtro, ci si perde in un mare magnum di versi, versetti e canzonette.
Allora che fine è  destinata a fare la poesia? È ancora capace di  interrogare in profondità i tempi incerti in cui  viviamo? È possibile farla uscire dalla sua nicchia ed educare il grande pubblico all’amore per l’esperienza estetica e generativa della bellezza insita nella poesia?  
 
Difficile fornire risposte univoche. Da sempre la parola è terapeutica purificazione, ogni scritto è storia di salvezza che corre sui binari leggeri e duttili dell'anima. Già  Montale nel 1975 si domandò: “La poesia può realmente sopravvivere in un mondo dominato dalla disattenzione, dalla superficialità e dall'egoismo sfrenato? È  ciò che molti si chiedono ma a ben riflettere la risposta non può essere che affermativa: poesia è quella che sorge quasi per miracolo e sembra imbalsamare tutta un'epoca e tutta una situazione linguistica e culturale, e allora bisogna dire che non c'è morte possibile per la poesia. La grande lirica può morire, rinascere, morire nuovamente, ma resterà sempre una delle vette dell'anima umana”.
Questa è una verità ancora attuale, la poesia non è morta dopo Montale e non morirà mai, l’Italia dei poeti non si arrende e con onestà intellettuale  apre  a questioni pregnanti e a suggerimenti di lettura degni di nota. Esistono e resistono ancora le  anime poliedriche, eclettiche, sensibili e profonde che quasi nessuno conosce.
Voci che sembrano  ricordare che "la poesia salverà il mondo". Noi attendiamo che ciò avvenga. Abbiamo tutti il dovere morale, soprattutto in questi oscuri momenti di  dis-umanità diffusa, di coltivare la bellezza, la purezza, l'astrazione, la verticale trascendenza per salvarci e per salvare la nostra umanità profonda, per ritornare ad immergerci nei nostri continenti sommersi, nei nostri "porti sepolti".  Finché ci sarà sulla terra un essere umano capace di sublimare i più reconditi sentimenti e  di rendere partecipi i suoi simili di ciò che gli ”urge dentro”,  avremo salvato l’umanità  ma soprattutto saremo stati in grado di dare spazio al dolce suono di un verso e all'emozionante arte del poetare.
Solo allora  tutta la fatica del nostro imperfetto e antico viaggio umano, ritroverà il senso più vero e la  propria direzione dentro l'essenza della parola creatrice, perché come sosteneva Mario Luzi: 
“La poesia è la vita e se oggi la vita ci chiama a prove difficili e drammatiche, la poesia non può eluderle. Anzi non deve. La poesia non è serva di nessuno, serve solo la verità ed è o dovrebbe essere la più alta testimonianza del tempo in cui si vive”.
E per far questo  la poesia deve uscire  dalla propria monade e aprirsi  al mondo,  donarsi anche quando sembra  allontanarsi con fare discreto dalla volgarità e dal rumore del mondo, continuare ad essere dentro il mondo, continuare a dichiararsi innamorata del mondo, continuare a tentare di salvare questo nostro mondo.
 


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