Ogni qualvolta si è parlato di Martina Franca e della sua tradizione più genuina, il suo brand ha rappresentato un sicuro punto di riferimento per la nostra identità
Carissimo Vito,
è un onore per me rappresentare il Nostro Popolo su queste pagine e renderti un saluto che, nel tuo caso, può avere solo una connotazione: la simpatia, la cordialità e la leggerezza con cui hai trattato intere generazioni di martinesi che ti hanno letteralmente adorato. Ogni qualvolta si è parlato di Martina e della sua tradizione più genuina, il brand Û Salvasûddę ha rappresentato un sicuro punto di riferimento per la nostra identità. Hai assommato in te tutte le qualità ataviche della nostra gente: poche parole e molti fatti anche se nel tuo caso – evento rarissimo – il fumo (ed il profumo) ha rappresentato parte imprescindibile dell’arrosto! Fino al punto da farti diventare nu Vuccirə di culto perfino per l’esterrefatta squadra televisiva del Gambero Rosso, l’aristocrazia della cucina italiana, venuta in pellegrinaggio da te per apprendere l’antica magia du gnumridd e delle cingumm’ (affascinante neologismo quest’ultimo che meriterebbe seminari di studio e conferenze). Il resto viene consegnato alla leggenda: come quel tavolo di due metri quadri scarsi su cui ci siamo scannati per decenni nel tentativo di accaparrarci uno straccetto in più degli amici. Propongo l’immediato smontaggio e l’esposizione di quel tavolo - per almeno un mese – presso le sale più belle di Palazzo Ducale. Perché quel tavolo rappresenta momenti di spensieratezza per tutti i martinesi (ci dispiace per quelli che non ce l’hanno fatta) e decine di migliaia di selfie con lo smartphone in cui le chiassose comitive hanno preteso la tua presenza come si fa con le rock star o i beniamini del calcio. La mitologia racconta perfino di una crisi politica comunale – la famigerata crisi del fegatino – maturata per carenza di numeri di maggioranza a causa dell’inebriante profumo di fornello che aveva avvolto Palazzo Ducale ed attratto numerosi consiglieri comunali per una incartata volante di fornello. E comunque, con le tue arti magiche, sei andato politicamente oltre ogni possibile limite coniugando lo spirito giacobino di eguaglianza e parità di diritti con la più pura chimica dell’interclassismo democristiano: da te passavano tutti. Professionisti di grido, operai, artigiani, militari di alto rango, politici, contadini e magistrati, fancazzisti professionisti, nessuno poteva sfuggire al richiamo del tuo fornello. Colgo l’occasione per salutarti anche a nome dell’Arciconfraternita Immacolata degli Artieri di cui sei stato devoto confratello e che hai portato sempre nel cuore. Un’altra traccia indelebile della tua martinesità assoluta di cui ti proclamiamo campione ed esempio ineguagliabile. Ci salutiamo con una certezza – sarà difficile eguagliare la tua arte – e con la garbata semplicità di un ottimo padre di famiglia quale sei stato: ciao Vito Serio detto Û Salvasûddę e grazie di tutto.