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La storia del comandante Pelosi e la tragica fine del sommergibile "Torricelli"

Pubblicato da: Categoria: CULTURA

23
APR
2020

Nel ripercorrere la storia della Regia Marina si vuole ricordare l’eroica azione svolta dal Regio Sommergibile Torricelli dal suo eroico equipaggio e del suo Comandante. Un battello appartenente alla classe Brin, entrato in servizio nel 1939 e dislocato in Mar Rosso presso l’82° Squadriglia sommergibili di base a Massaua (Eritrea).

Al comando dell’unità vi era il Capitano di Corvetta Salvatore Pelosi.

La sera del 14 giugno del 1940 salpò dal porto di Massaua per la prima azione verso il nemico, rilevando il Sommergibile Ferraris per sopraggiunte avarie e raggiungere il Golfo di Tagiuria (Somalia francese) per posizionarsi in agguato delle unità nemiche che vigilavano la zona.

All’alba del 15 giugno, dopo diverse ore di navigazione in superficie il battello giunse nei pressi degli scogli Pagliai e per non essere scoperto dal nemico il comandante diede ordini di immergersi a una quota di trenta metri con velocità di quattro nodi. Durante la navigazione, si presentarono alcune avarie alle pompe di circolazione del condizionamento dell’aria e durante la notte il battello riemerse e con la propulsione dei motori elettrici raggiunse la base di Assab per poter effettuare le dovute riparazioni.

Dopo due lunghi giorni di lavoro vennero riparati le avarie e durante la notte, in massima segretezza, il battello proseguì la sua missione, lasciando la baia di Assab. Verso le 23,00 il Torricelli avvistò una cannoniera inglese ma il comandante ritenne opportuno non ingaggiare scontro per proseguire la sua missione intesa al forzamento dello stretto e alle prime luci del 19 giugno il battello raggiunse la zona di agguato, un settore con raggio di 25 miglia dal faro dell’isola di Moucha, situata al centro del golfo di Tagiura.

Durante la notte pervenne un messaggio cifrato da Marisupao di Massaua (Comando Superiore Africa Orientale Italiano) contenente gli ordini e la posizione per effettuare l’agguato alle unità nemiche che presidiavano la zona fra la Somalia francese e quella britannica. Il comandante Pelosi, aggiornò l’equipaggio sugli ordini ricevuti avvisando anche delle insidie dovute ai numerosi bassifondi, al vento secco (il Khasmin), proveniente da sud-ovest che con la sua forza poteva sollevare forti marosi e del pericolo dovuto alle veloci unità britanniche, Cannoniere e Cacciatorpediniere che vigilavano e scortavano i convogli mercantili diretti a rifornire il fronte egiziano.

Dopo un giorno di appostamenti e continue emersioni alle 11,26 del 21 giugno il marconista italiano rilevò una fonte sonora con rilevamento 305°gradi, beta 90° a una distanza di 150 metri. Il Comandante approntò i suoi siluri e in fase di avvistamento a quota periscopica notò sulla sommità dell’albero del cacciatorpediniere l’insegna internazionale “N“ che in gergo marinaresco segnala la presenza di un sommergibile a altre unità navali, e prontamente il comandante Pelosi intuì un immediato pericolo di agguato per la sua unità e ordinò un rapida immersione in profondità per sfuggire all’attacco.

Le unità inglesi lanciarono una serie di bombe di profondità che per fortuna esplosero a quota inferiore a quella del sommergibile ma arrecarono danni alle sovrastrutture. Dopo diverse ore di attacco nella serata, dopo aver accertato l’allontanamento del nemico, il Torricelli emerse al largo per ricaricare le batterie per visionare i danni e ben presto riprese la sua navigazione.

Durante la notte il secondo in comando, TV Neri, notò forti sussulti provenienti dallo scafo. Vennero fermati le macchine ma il battello si incagliò su un fondo sabbioso a una profondità di 19 metri. Il Comandante dopo aver effettuato una serie di manovre riuscì a disincagliare l’unità e in breve assunse il giusto assesto proseguendo la navigazione in immersione verso il golfo di Aden per rimettersi in fase di agguato.

Il 23 giugno nelle prime ore della notte il Torricelli avvistò una silurante inglese che si dirigeva verso il battello e ordina una immersione e una rapida accostata a 90 gradi, cercando di evitare le bombe di profondità, prontamente sganciate dagli inglesi. Il Comandante Pelosi, valutando il basso fondale, la forte corrente contraria e il sopraggiungere di altre unità pensò di emergere e combattere il nemico in superficie con tutte le armi a disposizione. Dopo aver impartito gli ordini di approntamento al combattimento e dopo aver analizzato la zona a quota periscopica decise di emergere alle 05.15. Con la bandiera di combattimento issata a riva alla velocità massima consentita di 17 nodi  si apprestò a ingaggiare quartiere con le due cannoniere inglesi ma all’improvviso apparvero in direzione Bab el Mandeb tre Cacciatorpediniere inglesi, il Kandahar il Kingston e il Khartoum che si dirigevano a velocità sostenuta verso il Torricelli.

Alle 05,30 da una distanza di quasi 5.000 metri il cannone di prora del Torricelli aprì il fuoco al grido di ”Viva il Re" contro i caccia inglesi, centrando successivamente la Cannoniera Shoreham a prora via e il Caccia Khartoum causando incendi a bordo. Navigando a forte velocità e zigzagando, il sommergibile italiano cercava di evitare il fuoco concentrato delle cinque unità inglesi che ben presto colpirono l’unità italiana causando seri danni a bordo. La manovra in velocità consenti al Comandante Pelosi di sganciare i suoi siluri mentre il cannone e le mitragliere di bordo incessantemente sparavano colpendo le unità nemiche. I siluri furono evitati dalle unità inglesi che successivamente aumentarono  la velocità e raggiunsero il Torricelli, mitragliando con le armi di bordo  lo scafo a distanza ravvicinata ma l’unità italiana continuava a rispondere al fuoco nemico.

Dopo quaranta minuti di lungo combattimento il Torricelli venne accerchiato, le munizioni scarseggiavano, i siluri erano stati sganciati, l’unità era seriamente compromessa e il comandante ferito impartì l’ordine all’equipaggio, con voce ferma di evacuare i locali della nave e affondare il Sommergibile. Sotto il continuo mitragliamento, tutte le valvole furono aperte dall’equipaggio per consentire l’allagamento del battello e subito dopo seguì l’ordine di abbandonare la nave da parte del Comandante Pelosi, il quale, appoggiato sulle camicie dei periscopi meditava in cuor suo di affondare con l’unità. L’acqua aveva già raggiunto la falsa torre del sommergibile e dopo aver ripetuto l’ordine di abbandonare la nave il Comandante Pelosi per le ferite riportate perse conoscenza e venne soccorso dai suoi uomini. Il Torricelli affondava subito dopo scomparendo nelle acque del Mar Rosso con la sua bandiera a riva accompagnato dal grido dei marinai in acqua,“Viva il Re”.

I naufraghi e i caduti vennero raccolti dai Caccia inglesi e contemporaneamente affondava il Caccia Khartoum colpito dal Torricelli. Il Capo flottiglia inglese accolse il Comandante Pelosi sulla sua unità, il Kandahar e rese gli onori militari mostrando alta ammirazione per l’eroica azione svolta in combattimento dal sommergibile italiano. Le navi inglesi giunsero nel porto di Aden e l’equipaggio italiano venne imbarcato sul Piroscafo Taklivia in partenza per la triste fase dei campi di prigionia in India dove la lunga permanenza, pur conservando l’onore spegneva l’ardore e lo spirito combattivo del Comandante Pelosi e del suo valoroso equipaggio.

A guerra finita il Comandante Pelosi fu rimpatriato e gli venne conferita la Medaglia d’oro al valore militare, sottolineando l’alto e nobile valore appartenente a tutti i Marinai Italiani.




Commenti:

Bruno Gazzola 13/APR/2021

Rendere onore a chi ha combattuto per la Patria è sintomo di civiltà: infatti chi ci prova oggi in Italia rischia di essere additato come pericoloso antidemocratico...

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