C’era una volta il Natale tarantino con i suoi odori, con i presepi fatti in casa, con la gioia dei piccoli doni, con i regali generosi della terra e del mare
La festività religiosa del Natale è vissuta in maniera intensa in tutto il mondo cristiano, ma, attraverso i secoli, intorno al Natale di Cristo, sono sorte tradizioni, usi e costumi che hanno finito per caratterizzare il Natale tenendo conto del territorio, delle sue caratteristiche e delle proprie tradizioni.
Pensando al Natale tarantino l’espressione che meglio ne sintetizza la peculiarità è “antico profumo”. E’ proprio così: quello in riva allo Jonio è un Natale che nel corso dei secoli ha finito per spargere intorno a sé un profumo che sa di fascino e di antico al tempo stesso.
Volendo approfondire questo aspetto non possiamo non considerare il grande apporto offerto dalle pastorali, dagli zampognari, dai presepi, dalle novene popolari nei vicoli della città antica, dal cenone della vigilia fino al fascino della quasi ormai dimenticata processione notturna del Bambinello.
Queste componenti hanno dato vita a quel Natale tarantino che è stato capace di suscitare tutto il fascino e il profumo che la festa riesce a sprigionare da se stessa.
Degli zampognari è rimasto oltre al ricordo qualche sparuto suonatore di zampogna e di ciaramella che, pur vestendo gli abiti tradizionali del vecchio zampognaro, mostra tutti i segni della modernità di questo tipico personaggio che dà voce e musica al Natale.
Il posto delle nenie degli zampognari è stato preso dalle pastorali che in poco più di un secolo e mezzo hanno visto a Taranto una ampia e particolare produzione tanto da farne innamorare i cittadini al punto che spetta ad esse il compito di dare il “là” alle festività natalizie e di chiudere le stesse la sera del 6 gennaio.
Anche il presepe di tipo tradizionale ha avuto, nel tempo, la sua parabola discendente; infatti sono poche le famiglie che ancora oggi, come ieri, si cimentano nella preparazione, pezzo dopo pezzo, del paesaggio presepistico. Se non fosse per i tradizionalisti che propongono i pupi raffiguranti i mestieri tradizionali, Benito il pastore dormiente, Anastasìa, la madre improvvisata di “Stefano delle pezze”, i Magi con i loro cammelli, i pastori con le pecore e un variegato universo che spazia dalla flora alla fauna terrestre, oggi avremmo completamente dimenticato questo presepe che, invece, per nostra fortuna, viene ogni anno proposto in una interessante rassegna presepistica dagli “Amici del Presepe” della sezione di Taranto nell’Istituto Maria Immacolata e, da quest’anno, anche negli ipogei della Città Antica.
Si deve, invece, raccontare quella che fu la novena popolare nei vicoli di Taranto perché da oltre un trentennio nessuno più la ripropone perché l’Isola Madre dei tarantini si è svuotata di gente, perché le edicole votive sono andate distrutte e perché nei vicoli che prima pullulavano di vita e di gente, oggi regnano sovrane la sporcizia e il buio pesto.
Stessa cosa si dovrebbe dire del cenone della Vigilia che un tempo veniva preparato fin dalla stagione estiva attraverso le provviste di peperoni salati, acciughe sott’olio, melanzane e carciofini sott’olio, fichi secchi mandorlati e altre gustose prelibatezze che rendevano ricca e particolare la mensa del cenone.
Oggi nessuno più ha la pazienza di preparare il cenone della tradizione a base di pesce, di verdure fresche e cotte, di frutti di mare, di frutta secca, del rosolio e delle pettole, dei sannacchiudere e delle carteddate.
Ai giovani di oggi dà fastidio sentire all’interno della casa questi profumi e si opta per i menù non tradizionali che vengono riproposti nei ristoranti.
Eppure, a ben pensare quel cenone rappresentava il meglio dei frutti della terra e del nostro mare.
Ha perso il suo fascino anche la processione del giorno di Natale perché non vive più la magica atmosfera della notte quando la gente dai balconi delle case aspettava e salutava il passaggio processionale del Bambinello nella culla.
Ai bambini non si insegna più la tradizionale cerimonia della nascita del Bambinello in casa, è scomparsa anche la letterina sotto il piatto del papà per il giorno di Natale e, ahimè, in una città del Nord un dirigente scolastico è arrivato all’assurdo di proibire nella propria scuola l’allestimento del presepe.
Restano, dunque, poche cose di quell’antico profumo e ci si interroga sulle motivazioni: forse perché non siamo stati bravi a trasmettere la gioia e il fascino del Natale? Forse perché il consumismo brucia la festa prima che questa arrivi? Forse perché sono crollati in seno alla società i valori del Natale di un tempo? Oggi al bimbo si insegna del Natale soltanto l’attesa del dono.
Purtroppo, ci siamo ridotti a fare del nostro vecchio ma caro Natale una favoletta che inizia come tutte le favole con “c’era una volta”.
Sì, c’era una volta, ma ci sarà ancora una volta, anche se non oggi, almeno domani, quel Natale di incanto che ti prendeva il cuore e ti rendeva sanamente e universalmente buono?