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In Italia, Paese di civiltà/La legge del mare insegna

Pubblicato da: Categoria: COVER

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LUG
2018

I Marinai lo sanno bene: gli uomini in difficoltà vanno salvati a ogni costo, anche a quello della propria vita. Ecco perchè la proposta della candidatura della Marina Militare al premio Nobel per la pace avanzata dal Ministro Trenta è giusta e meritata

Negli ultimi giorni è tornata alla ribalta la notizia della volontà del Governo di avanzare e sostenere la proposta di candidatura della Marina Militare al premio Nobel per la Pace. Per primo lo ha sostenuto il ministro della Difesa, Elisabetta Trenta, nel suo discorso per la Giornata della Marina ad Ancona.
Al di là del facile entusiasmo, ci chiediamo se sia giusto riconoscere un così importante riconoscimento a una Forza Armata che sta compiendo il proprio dovere sul mare. Per fugare immediatamente ogni possibile incomprensione: sì, riteniamo che sia giusto e sacrosanto farlo, attivandosi con ogni mezzo e attraverso ogni canale per sostenere la candidatura della Marina.
Ma andiamo con ordine, partendo dall’inizio.
La Marina nel corso degli ultimi anni è stata impegnata in una continua opera di soccorso a migranti in fuga da plurime situazioni di crisi, che si sono avventurati a bordo di imbarcazioni di fortuna nel Mediterraneo, in particolare nel braccio di mare che separa la Libia dalle coste siciliane.
Si tratta di flussi migratori che ormai hanno assunto carattere di endemicità e che, per una loro gestione efficace, necessitano di un livello di impegno internazionale da parte degli Stati di origine (africani e orientali) e di approdo, nonché delle organizzazioni sovranazionali coinvolte, quali l’Unione europea e l’Unione Africana.
In tale contesto, il Mediterraneo esprime tutta la propria tradizionale ambivalenza geopolitica: da un lato unisce (si pensi ai flussi commerciali che su di esso si dispiegano), dall’altro rappresenta un elemento di divisione, un confine “liquido” fra mondi diversi, su cui si avventurano i migranti in cerca di migliori condizioni di vita.
Il recupero dei migranti non è tuttavia una precisa missione della Marina Militare ed è importante non commettere l’errore di pensare che le nostre navi incrocino i mari solo per prestare soccorso.
La realtà è che nell’ambito della necessaria attività di presenza e sorveglianza dei mari a salvaguardia degli molteplici interessi nazionali, la Marina è intervenuta per salvare i migranti in immediato pericolo di vita – spesso stipati su natanti in stato di sovraffollamento e in precarie condizioni di galleggiabilità – perché la Legge impone alle navi in mare di qualunque tipologia e bandiera di soccorrere chiunque si trovi in stato di necessità.
Sin qui quindi atto dovuto. Ma non è tutto. L’elemento di straordinarietà risiede nel senso del dovere, nel coraggio, nell’umanità e nell’altruismo dimostrati dai nostri Marinai, per i quali la salvaguardia della vita umana costituisce il bene più prezioso. Essi sono consapevoli che non si lascia nessuno in mare: gli uomini in difficoltà vanno salvati ad ogni costo, anche a quello della propria vita.
In questo costante sforzo, gli equipaggi della Marina hanno semplicemente -  si far per dire! -  tradotto in pratica i valori e gli ideali di solidarietà umana e di salvaguardia dei diritti fondamentali che da sempre caratterizzano una nazione come l’Italia.
Invero, la salvaguardia della vita umana in mare nell’ambito dell’assolvimento di altre missioni è un tema non nuovo alla Marina. Nel corso secondo conflitto mondiale, e quindi durante ben gravose missioni, il Capitano di Corvetta Salvatore Todaro, Comandante di sommergibile, soccorse i naufraghi di un mercantile da lui silurato ed affondato. Al rientro alla base dei sommergibili atlantici di Bordeaux, il Comandante Todaro fu ripreso dal superiore, l’Ammiraglio tedesco Doenitz, per la propria condotta, ritenuta non consona alle esigenze di guerra di un battello in pattugliamento offensivo. Quando gli fu fatto notare che altri Paesi non avrebbero mai anteposto la sorte di eventuali naufraghi al regolare svolgimento delle proprie missioni, Todaro rispose prontamente con una frase lapidaria, rimasta nella storia della nostra Marina: “Gli altri non hanno, come gli equipaggi italiani, duemila anni di civiltà sulle spalle”.
Bene, se ora questo spontaneo e sentito impegno, frutto della più bella espressione italiana di altruismo e generosità, porterà la Marina a ricevere – come auspicato dal Ministro della Difesa e da altri illustri esponenti del mondo politico ed industriale nazionale – il premio Nobel per la Pace poco importa: il riconoscimento maggiore viene dalle vite salvate e dal Mondo intero, quel Mondo che in termini di valori e principi prende ancora l’Italia a riferimento.
E allora, grazie Marina per quello che fai e per come lo fai, in silenzio e lontano dai clamori e riflettori: siamo tutti orgogliosi di Te e dei nostri “duemila anni di civiltà alle spalle”.
Il premio Nobel lo hai già ricevuto.



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