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Fabrizio Nardoni/Ritorno all´agricoltura

Pubblicato da: Categoria: COVER

3
MAG
2013

 

Da costruttore diventa ex presidente Edili di Confindustria, da politico assessore regionale, da tifoso presidente della Federazione Calcio Taranto. Non si può dire che non abbia fatto centro, famiglia compresa
 
Si può certo ritenere che questo sia proprio il suo momento, da imprenditore edile a Presidente della Federazione Calcio Taranto, da poco anche Assessore all’Agricoltura, nome nuovo della giunta Vendola. Ultimamente l’abbiamo visto esporsi su molti fronti alquanto incidenti per la città di Taranto. Tanto per citarne qualcuna, quella della Gealat, la Centrale del latte di Taranto dichiarata fallita dal tribunale che ha subito il tracollo per una generalizzata disaffezione di molti consumatori al prodotto-latte, a seguito della pressione mediatica sul caso Ilva; altra questione delicata, oltre a quella dei mitilicoltori, è quella del Politecnico di Taranto, che rischia la chiusura dopo la riforma universitaria, in merito alla quale l’Assessore Nardoni auspica un collegamento diretto tra il mondo dell’università e l’assessorato che ha l’onore di rappresentare, per sfruttare al meglio le risorse del territorio e costituire un futuro per gli studenti.
Assessore Nardoni, ci parli un po’ di lei e di come è arrivato fino qui.
«Vengo da una famiglia votata all’auto-imprenditorialità. Mio padre mi faceva andare in cantiere sin da piccino e io amavo condividere con lui quel momento in cui toccavo con mano ciò che lui aveva costruito e progettato. Mia mamma era la sintesi del nostro modo di “essere famiglia”: avvolgente e accogliente ma anche forte e propositiva. Loro in me hanno coltivato il meglio di se stessi, non so in realtà con quali risultati. Un patrimonio di valori che la nostra generazione ha il dovere di non sperperare, costruendo, se possibile, un modello di sviluppo anche più umano e eco-sostenibile».
Giovane con un passato professionale alle spalle e con un presente altrettanto ricco. Su quali valori si basa e quali ha perseguito per raggiungere i suoi obiettivi?
«Come ho accennato prima, i miei genitori -pur non essendo Steve Jobs o possedendo il suo  carisma-, mi avevano già spiegato che non c’è limite alla volontà e all’impegno. Se siamo in grado di immaginare un mondo migliore, una cosa fatta bene, un quartiere più a misura d’uomo o più a misura di bambino, siamo probabilmente in grado di fare qualcosa che abbia senso e migliori un pezzo della tua vita e di quella degli altri. Così i miei successi o le mie piccole conquiste sono state il frutto di questi valori.  Preferisco fare le cose, non sono bravo a enunciarle. Inoltre, provo più soddisfazione a farle se penso che possano rappresentare qualcosa di buono, giusto o produttivo anche per chi è attorno a me. So per certo, infatti, che nulla del mio agire, professionale, privato, sociale è frutto di spirito individualista».
Dopo aver svolto la sua professione da imprenditore, in ANCE e in Confindustria, qualche mese fa è stato nominato Presidente del Taranto. Le deve stare particolarmente a cuore questa realtà sportiva, date le difficoltà economiche in cui riversa la società da qualche anno.
«Chi è nato a Taranto o anche solo vissuto qualche anno in questa meravigliosa e contraddittoria città, non può non lasciarsi contaminare dalla passione per i colori rosso-blù. Prima della squadra, paradossalmente a Taranto vengono i tifosi: quelli che conservano la memoria di una società che da sempre è stata laboratorio di esperienze, successi, grandi talenti ma purtroppo anche grandi tradimenti e delusioni. Un rapporto d’amore travagliato e forse proprio per questo vissuto visceralmente, senza freni, senza tatticismi. Un tifoso del Taranto segue la sua squadra sempre, anche quando lo costringe a retrocessioni o campi improbabili. Così io ne sono diventato Presidente, più per passione che per calcolo. Ma sono solo la punta più esposta, il centravanti per usare una metafora calcistica, di un collettivo, di una squadra. In realtà a sorreggere la squadra ci sono ben 130 appassionati (tra i soci diretti e i 100 della Fondazione Taras) come me».
Si può dire che è il suo momento: di recente gli è stata conferita la nomina di Assessore all’Agricoltura della Regione Puglia. Atto dovuto da parte di Vendola o riconoscimento delle sue potenzialità? 
«Io e il Presidente Vendola ci siamo incrociati molte volte nelle nostre vite. Quando ero referente del mondo confindustriale, spesso ci siamo ritrovati a condividere percorsi frutto di grandi affinità di pensiero. Credo che come me lui abbia la mia stessa passione rispetto al bene comune; non esistono atti dovuti specie quando si tratta di amministrare nell’interesse del pubblico».
Ultimamente ha annunciato di vendere le quote di azienda di sua proprietà per evitare qualsiasi tipo di conflitto di interessi. Un gesto lodevole, non molto in voga nell’italico costume. Ci lasci pensare a male: è una decisione legata all’attuale crisi edilizia? 
«Da alcuni anni ormai avevo diversificato la mission imprenditoriale della mia società. La crisi e la recessione economica è innegabile, hanno attraversato anche parte del mio business, ma posso dire con molta umiltà che l’azienda che portava il mio nome aveva un fiorente mercato e buone commesse. Un patrimonio di grande valore non solo economico che, infatti, non ho avuto difficoltà a vendere proprio perché molto appetibile e ben posizionato sul mercato. La cosa più difficile non è stata questa però. E’ stata la trattativa con cui ho chiesto garanzie per tutte le persone che in tutti questi anni avevano lavorato con me. E’ il risultato più importante che ascrivo a me stesso in questa vicenda: aver dato sicurezza e futuro a tutte quelle famiglie».
All’indomani del suo nuovo incarico, si trova con un po’ di gatte da pelare, a partire dal problema dei mitilicoltori tarantini che da due anni sono costretti a fronteggiare una gravissima crisi economica ulteriormente complicata dallo spostamento delle coltivazioni in Mar Grande e dalla bonifica del Mar Piccolo, a quanto pare non ancora iniziata. Quale sarà a suo avviso la manovra più giusta e più celere per questa categoria così bistrattata?
«La vicenda dei mitilicoltori tarantini, così come tutte le vicissitudini legate alla sicurezza della filiera agro-alimentare della provincia di Taranto, contaminate dalla eco negativa delle questioni ambientali, sono vertenze simbolo che investono le competenze del mio assessorato ma che delineano anche la traccia del futuro su cui lavorare immediatamente. Si è ragionato per troppo tempo nella logica delle proroghe e dell’emergenza senza pianificare interventi certi e risolutivi. Che senso ha costringere l’anello più debole di questa triste storia fatta di veleni e abusi del territorio, a spostamenti, autodenunce, iter burocratici autorizzativi e sanitari senza fine, se a loro, così come a tutti gli allevatori, i produttori agricoli, i lavoratori del comparto, non si offre una soluzione, uno spiraglio di luce che restituisca dignità ma anche peso sui mercati. In questo senso va letta la decisione della conferenza di servizio che insieme all’assessore alla sanità Gentile, abbiamo deciso di convocare, chiamando a raccolta tutti gli attori di questo scenario, compreso il commissario per le bonifiche Pini. Interventi concreti ma anche “operazioni verità”. Sulla salubrità delle nostre produzioni agro-alimentari c’è stato chi ha speculato e strumentalizzato; Come Regione Puglia, intendiamo restituire credibilità a un comparto che ha pagato troppo e ingiustamente».
Un’altra emergenza è quella della Centrale del Latte. Dopo il fallimento dichiarato dal Tribunale, lei ha proposto agli allevatori di costituire una cooperativa. Quali sarebbero i vantaggi? 
«In questo caso ho ragionato più da imprenditore che da assessore, ma è innegabile che il valore di un marchio territoriale (come è stato per la vicenda della Borsci San Marzano) andrebbe preso seriamente in considerazione. La formula è quella della filiera corta, nulla di nuovo. Ma se è vero che da una parte, i produttori di latte lamentano una serie di forzature da parte del mercato e registrano ancora una serie di crediti nei confronti anche della ex Centrale del Latte di Taranto, trovo sinceramente miope la visione delle due vertenze distaccate tra loro. Ho proposto, a questo punto, l’idea di continuare a mantenere il marchio e il know-how di quella società nelle disponibilità di chi ha interesse a mantenerlo in vita senza svenderlo all’imprenditore che ha in testa altri mercati, altri fornitori e probabilmente altro futuro per una azienda che potrebbe essere acquistata a quattro soldi, in un asta giudiziaria e poi smembrata all’occorrenza. Ci sono 22 dipendenti in mobilità e oggi anche solo un posto di lavoro è merce troppo pregiata per non difenderla a denti stretti».
Tornando al suo background da imprenditore edile, è notevole il numero di costruzioni in questa città lasciate incomplete. Il risultato non è certo come un non-finito di Michelangelo, quanto piuttosto il trionfo dell’estetica del brutto. Di chi è la responsabilità?
«Più responsabilità concorrono in quello che lei chiama “estetica del brutto”. C’è un certo modo di fare politica, un certo modo di fare impresa, e persino un certo modo di progettare lo sviluppo urbanistico di un territorio. Io in questo elenco di corresponsabilità, ci infilerei anche un po’ di assenza di cultura in generale. Chi non conosce il bello, chi non sa quanto sia importante conservare la propria storia, è difficile che possa accorgersi del brutto. Da alcuni anni in Puglia però, anche grazie alla lungimirante ed esperta mano dell’assessore Barbanente (Assessore alla Qualità del Territorio della Regione) stiamo assistendo ad una inversione di tendenza. Programmi che pensano alla riqualificazione urbana e che segnano direttrici di sviluppo, che accentrano di nuovo al cuore delle città ed evitano il propagarsi dell’abitato e altro inutile consumo del territorio. Dobbiamo ricominciare dai centri storici: dall’isola antica di Taranto, dal centro storico di Martina Franca, da quello di Grottaglie o da quello ancora poco esplorato di Manduria e di tutti i comuni dell’hinterland tarantino. Mi piacerebbe da Assessore Regionale alle Politiche Agricole, una cinta urbana più verde, con orti sociali, parchi pubblici e ampie zone di riforestazione. Questa è la sfida di un comparto, quello edile che dovrà sempre più caratterizzarsi per politiche di riqualificazione, ma è anche la cifra con cui dovremo misurare il nostro grado di civiltà».
Lei raccoglie un lavoro già ben impostato dall’ex assessore Stefàno che ha reso il comparto enogastronomico un fiore all'occhiello dell'offerta turistica, tanto da far meritare al tacco d'Italia un posto nella Top Best Wine Destination di Wine Enthusiast. Intende diversificare il lavoro o continuare sul tracciato già segnato?
«Il lavoro di Dario Stefano è stato un lavoro eccezionale. La Puglia ha giocato le sue carte migliori e ha sbalordito oltre che conquistato. Abbiamo un appeal sui mercati internazionali di grande fascino. Ora bisogna dare sostanza a tutto questo buon nome, lavorare sulla qualità, sull’aggregazione, sulle filiere e sulla sfida verso il biologico e l’utilizzo di bio-energie. Un lavoro che sia in grado di dare frutti buoni, sani e sempre più apprezzati dai mercati. La Puglia deve essere in grado di trasformare il buon nome in buone prassi, ma anche in un buon PIL, in buone performance nel settore dell’export, in agri-turismo pieni e in valori di produttività sempre più alti. E’ un lavoro complesso che si può realizzare continuando in quel lavoro di concertazione che il predecessore ha saputo realizzare, ma anche puntando su un elemento che riqualifichi tutta la filiera e non premi solo l'ultimo tratto, ovvero quella della trasformazione e della commercializzazione. Dobbiamo capire quanto di quell'appeal e di quel successo riesca a tornare al contadino, perché qui il rischio da scongiurare è quello del progressivo e costante abbandono delle nostre campagne, specie dai più giovani. Penso che una agricoltura più giovane, moderna e competitiva e che sappia dare ruolo, speranza e fatturato a tutta la filiera, sia la vera sfida!».
Da super impegnato come sarà, come riesce a conciliare lavoro e famiglia? 
«La mia famiglia da sempre asseconda le passioni di ogni suo componente. Così ci siamo trasformati in un nucleo in continuo movimento e continua evoluzione. I bambini seguono il papà e la mamma nelle loro avventure (mia moglie è sempre più apprezzata come chef ed esperta di eno-gastronomia) e con noi imparano ad avere interessi e a lasciarsi contaminare nei gusti, nei sapori, ma anche nella cultura. A volte è difficile conciliare mondi così variegati e con necessità differenti, ma so rimanere in ascolto di mia moglie e dei miei figli. Spesso se a loro una cosa non piace, mi interrogo su come migliorarla. E’ un punto di vista a cui tengo molto».
A questo punto non mi resta che chiederle: la vedremo come prossimo sindaco di Taranto? Le piacerebbe?
«Oggi sono Assessore alle Politiche Agricole della mia regione: la più bella d’Italia. Rimango un cittadino impegnato nella mia Taranto, che il Sindaco ce l’ha già. Mi sembra importante pensare a come lavorare al meglio per entrambi. Altri discorsi risultano senza senso!».
 


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