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Circo, l´importante è saperlo

Pubblicato da: Categoria: LA MIA TAZZA VEGANA

18
SET
2015
Lo sanno i bambini (e i genitori) che i circhi ricevono finanziamenti pubblici anche se hanno procedimenti penali in corso e condannati per reati di maltrattamento di animali? Lo sanno che le bestie non fanno spontaneamente quello che ci fa tanto divertire e che i metodi usati per convincerli non sono per niente gentili?  
 
Pioveva e facevo i capricci con quella tipica ostinazione dei bambini di 6 anni; quella mantellina rossa e gli stivaletti della pioggia proprio non mi andava giù di indossarli. Ma io volevo assolutamente andare al circo e mi ci avrebbero portato, nonostante il diluvio, a patto però che avessi indossato quegli abiti alla cappuccetto rosso. Avevano provato a convincermi con le buone, poi tentarono l’ultima spiaggia, l’aut aut: «O li indossi oppure non ti ci porto al circo!». Tardai ad acconsentire, quella mantellina plastificata era veramente brutta e a malincuore mi ritrovai combattuta e in lacrime. Al circo non andai più. 
La disperazione era tangibile nei litri e litri di lacrime che versai e adesso mi darei quasi una compiaciuta pacca sulla spalla per aver negato a me stessa la possibilità di andare al circo. Un bambino aspetta quel momento come si aspetta il proprio compleanno e il Natale. Tutto comincia con gli inviti lasciati sul parabrezza delle auto o sui maxi cartelloni pubblicitari per le strade; si passa poi alle promesse: «Se fai il bravo, se fai tutti i compiti, se mangi tutto senza fare capricci ti portiamo al circo!». Quello è un gran giorno per un bambino perché l’attesa di vedere leoni feroci, orsi e giraffe la fa da padrone. 
Io a 6 anni non sapevo cosa accadesse in un circo, pensavo che se un orso saliva su una bicicletta vestito come una ballerina, o se una tigre entrava in un cerchio infuocato fosse normale. E neppure i miei genitori, come molti altri genitori, pensavano di fare un torto a me e agli animali organizzando una giornata in famiglia al circo. Se a 6 anni mi avessero portato fuori orario durante gli “addestramenti” cosa avrei visto? «Come riescono a convincerli a saltare, a vestirsi, a ridere?» - mi chiedevo. Tutto normale si pensa. Tutto normale. 
La bellezza di un animale sta nella semplicità e nella non complessità degli atteggiamenti umani, nostri soltanto. Noi ci vestiamo, noi ci mascheriamo, noi ci trucchiamo, noi andiamo in bicicletta e noi (i più impavidi) saltiamo nei cerchi di fuoco. La differenza tra noi e loro sta nella volontà, nella capacità di scelta e di volere. Una capacità di scelta che viene negata anche agli uomini se pensiamo al fatto che questi spettacoli che prevedono l’uso di animali vengono annualmente finanziati con soldi pubblici. Negli ultimi 5 anni, secondo un’indagine condotta dalla LAV, circhi e spettacoli viaggianti hanno ottenuto circa 30 milioni di euro di denaro pubblico, erogati attraverso il Fondo Unico dello Spettacolo (FUS). Ciò che è peggio è che tali finanziamenti sono stati riscossi pure da quei circhi che hanno procedimenti penali in corso e condannati in via definitiva per reati di maltrattamento e detenzione incompatibile di animali (si pensi al circo Lidia Togni che dal 2008 ha ricevuto più di 817.000 euro nonostante ci sia stata condanna dal Tribunale di Palermo con sentenza n. 764/2008). 
 
Coprendomi ai primi freddi di settembre, magari con quella mantellina rossa che oggi tutto sommato indosserei, mi accorgo del rosa shocking dei manifesti che annunciano l’arrivo del Circo a Martina Franca (che come comune si attiene alle norme statali e non può vietare l’attendamento dei circhi, ma può solo intensificare controlli accurati sul trattamento degli animali) e probabilmente molti genitori saranno tentati di cedere alle richieste dei bambini che desiderano conoscere quegli animali che hanno visto solo nei libri e documentari: sarebbe meglio guardare leoni, orsi e ippopotami in un documentario rispettati nel loro ambiente naturale o sotto un tendone con gli occhi tristi di chi lì non sa come c’è finito?
 
 
La ricetta
La bruschetta che non ci si aspetta
 
Ingredienti
2 peperoni rossi
1 peperone giallo
3 patate
Olive nere
Capperi
Olio, sale e pepe
Prezzemolo
Pane grattugiato
Formaggio grattugiato (opzionale)
 
Lavare e tagliare i peperoni a striscioline sottili, pelare le patate e tagliarle a spicchi medio grandi. Terminato questo primo passaggio versare peperoni e patate in una ciotola capiente e condire con olio extra vergine d’oliva, sale, pepe e capperi; poi alla fine pane grattugiato. 
 
Trasferire tutto il contenuto della ciotola in una teglia rivestita da carta forno e infornare a 250° per 30-40 minuti 
 
Scegliete il pane che più vi piace: integrale, ai cereali, di farro e tagliato a fette, quando sarà ora di servire in tavola, infornatelo per qualche minuto affinché diventi croccante e servite le bruschette calde con patate e peperoni.
Bon appetit!
 


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