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IL BIANCO E IL NERO/ IL NOBIL GIOCO COME PANACEA CONTRO IL BULLISMO

Pubblicato da: Categoria: SCACCHI

28
SET
2017

“Nonostante non ci sia contatto diretto con l'avversario, la scacchiera è un mezzo per sublimare l'aggressività e la conflittualità edipica di ognuno di noi che, non solo è alla base dei conflitti genitori-figli, ma che influenza anche molti atteggiamenti delle persone di fronte a situazioni irrisolvibili nelle quali, sostanzialmente, una forma di autorità si impone. Inoltre con la scelta della giocata si esprimerebbero la personalità e tratti latenti (Giuseppe Sgrò, 3 ottobre 2009)”.


Pochi giorni fa, in tutta Italia, sono ricominciate le scuole e, come ogni anno, sono molte le problematiche che si devono affrontare, sia di natura didattica che socio-pedagogica.
Una delle domande che tanti genitori si pongono, quando i figli approcciano alle scuole elementari ma, soprattutto, alle medie e al liceo, è se nella stessa classe avranno la sfortuna di imbattersi in coloro che, oggi, sono meglio noti come “bulli”.
Il fenomeno dilagante del “bullismo” conduce a conseguenze talvolta terribili, ai danni della vittima. Tali atti vengono perpetrati da giovani che hanno la “coscienza sopita” e i metodi che essi usano, per negare ogni responsabilità nell’attuazione di azioni spesso crudeli, consistono nell’attribuire la colpa agli altri membri del branco, o alla vittima stessa, o agli educatori poco autorevoli, secondo la loro opinione, oppure affermano, con grande semplicità, di scherzare innocentemente.
Di questo argomento si sono occupati sia gli scienziati che i pedagoghi, giungendo alla conclusione che: i “bulli” compiono azioni persistenti, intenzionali e di sopraffazione (Olweus, 1996). Questi gesti comportano, ovviamente, delle conseguenze: difficoltà a relazionarsi, violenza e devianza per gli oppressori (Gini, 2005), abbandono degli studi, sindromi psicosomatiche e mancanza di autostima per gli oppressi (Marini, Mameli, 2004).
L’insegnamento del Nobil Gioco, che ormai sta prendendo sempre più piede nelle scuole, secondo la Dottoressa Eleonora Di Terlizzi, docente di Psicologia, costituisce uno strumento preventivo per trasformare l’aggressività, che conduce a manifestazioni violente, in competizione sulla scacchiera. In tal modo si modellerebbero più ambiti nel percorso formativo del bambino, a partire dalla socializzazione, a finire con l’apprendimento e il rispetto delle regole.
La socializzazione è fondamentale, durante la crescita del bambino, perché insegna a relazionarsi con l’avversario. La stretta di mano che prelude e conclude la partita, sottolinea, all’inizio, l’uguaglianza tra i due contendenti e, alla fine di una delle battaglie più cruente, ristabilisce la pace constatando la vittoria di uno o il pareggio. Tutto può succedere durante una partita a Scacchi, anche un Granmaestro non potrà mai ipotecare una vittoria, poiché questo è uno sport particolare: è sufficiente commettere un errore o una errata valutazione delle mosse dell’avversario, che si viene condotti alla disfatta.
La vittoria può essere appannaggio o del “bullo” o della vittima. Il primo ridimensiona la presunzione di potere e impara ad assumersi le proprie responsabilità, nell’ipotesi della sconfitta; il secondo guadagna in autostima, assumendo la consapevolezza di poter avere successo.
Le regole e l’ambito nel quale si consuma la sfida, inoltre, rappresentano un limite per i ragazzi, giacché, l’obbligo di osservare un regolamento, restringe il campo d’azione, evitando che si sconfini in un comportamento irregolare. Essi insegnano, soprattutto, l’etica e la moralità, che si basano, appunto, sul rispetto di principi universalmente validi, volti a non arginare l’altrui benessere e libertà.
L’ultimo aspetto sul quale anche Pompa, Miletto, Fucci e Morrone, nel 2005, hanno soffermato la propria attenzione, è il ruolo degli Scacchi nell’età prescolare. In questo momento della vita del fanciullo, si sviluppa la tendenza all’imposizione ed ai comportamenti violenti. Se l’Istruttore svolge adeguatamente il proprio compito, il piccolo imparerà la differenza che esiste tra gioco e realtà, non attribuendo, successivamente, la valenza del trastullo ad atti di violenza, sia verbali che fisici.
Questo lavoro, così come sostiene il Professor Salvatore Sasso, si deve compiere in sinergia con i genitori. Il comportamento violento, molto spesso, è il risultato di rapporti anaffettivi che provocano rabbia, insoddisfazione e disagio. Tutti questi sentimenti negativi, potrebbero sfociare in rabbia e aggressività e provocare l’infelicità e seri danni alla vittima di questi sfoghi. L’Istruttore, pertanto, si occuperà dell’aspetto socio-pedagogico, attraverso l’insegnamento delle regole del Nobil Gioco, coadiuvato dai genitori che, mediante l’affetto, coltiveranno l’autostima e la fiducia in se stessi dei giovani.
Solo così, finalmente, grazie agli Scacchi entreremo in possesso di un valido strumento, che migliori la società futura, cominciando dalla tenera età e donando nuove generazioni più sicure e consapevoli delle proprie capacità.
 



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