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DOPO LA DELUSIONE LA SORPRESA

Pubblicato da: Categoria: IL RACCONTO

9
NOV
2017

«Fai tutto quello che vuoi nella vita, ma non fare la tassista», diceva sempre mio padre e, ovviamente, io avevo finito col fare la tassista… E non per fare un dispetto a mio padre e andare contro le sue aspettative, ma perché prendere il suo posto, quando è andato in pensione, mi è sembrata la cosa più logica da fare. Anche perché, nonostante la mia laurea in lettere e vari stage che si sono rivelati soltanto delle vere e proprie truffe, non ho ancora trovato un lavoro degno di questo nome. Quando gli avevo fatto presente tutto questo, mio padre aveva scosso la testa e mi aveva allungato le chiavi del taxi. E da allora osservo il mondo dal finestrino di un’automobile, senza più tante aspettative e tanto meno speranze di migliorare la mia posizione.
Non solo, in questo periodo sembra che tutto mi stia andando storto: passo ore e ore in mezzo al traffico, respiro smog dalla mattina alla sera e intanto mi sto deprimendo sempre più pensando alla fine della mia storia con Marco. Ho cercato di dimenticarlo, ma ancora non ci sono riuscita e forse non ci riuscirò mai: il colpo è stato troppo forte e la ferita è sempre aperta. Così ho deciso di accettare l’invito di mia cugina Marta e raggiungerla in campagna, dai nonni.
Scendo dal treno e mi avvio verso l’uscita alla ricerca di un volto conosciuto, qualcuno mi chiede se ho bisogno d’aiuto, io ringrazio, dico di no e proseguo da sola. E per un attimo penso di aver fatto male a venire sin qui, che avrei fatto meglio a restarmene a casa, tanto non cambia niente.
«Francesca, Francesca…» La voce di Marta mi distoglie dai miei cupi pensieri e quando mi raggiunge, ci abbracciamo.
«Sono così contenta di vederti, e la nonna lo sarà ancora di più. Non voleva crederci, quando le ho detto che ti avevo convinto a trascorrere qualche giorno qui da lei. Non sta più nella pelle, e da questa mattina è in cucina, indaffaratissima a preparare le cose che più ti piacciono».
«Anch’io sono contenta di essere qui. Avevo proprio bisogno di un po’ di riposo».
E sono sincera, perché Marta, con il suo sorriso e la sua allegria, mi sta coinvolgendo.
«Vedrai, starai benissimo. Al telefono ti ho sentito così giù che ho pensato che qualche giorno in campagna ti avrebbe fatto senz’altro bene, e ti aiuterà anche a superare questo momentaccio. Senza contare che potrai darci anche una mano in campagna, due braccia robuste ci servono proprio. In questo periodo c’è tanto da fare». Aggiunge, sollevando il mio braccio, che è tutt’altro che robusto, e ci mettiamo a ridere.
Sì, qualche giorno lontano dalla città non può farmi che bene. Si è appena conclusa la mia storia con quel mascalzone di Marco che mi ha fatto solo soffrire. Una rottura inaspettata, improvvisa, che mi sta facendo soffrire le pene dell’inferno, e per questo non vedo l’ora di riuscire a dimenticarlo, di voltare pagina.
Nonna Emma la trovo in cucina e, mentre mi stringe a se, dice che ha preparato i biscotti che mi piacciono tanto. Mi da due bacetti sulle guance e corre subito a tirarli fuori dal forno ancora fumanti. E io non posso fare a meno di ricordare che quando vengo a trovarla, continua a viziarmi come se fossi la bambina che da piccola veniva qui a trascorrere le vacanze estive. I biscotti sono deliziosi e la cioccolata bollente mi da un senso di calore, e mi riporta alla mia infanzia.
Siamo sedute in cucina, sia Marta sia la nonna mi stanno scrutando, ma non mi fanno domande, anche se sui loro volti noto curiosità, e so quello che vorrebbero chiedere.
«Non chiedetemi nulla… quando sarò pronta, quando mi sentirò di parlarne sarò io a raccontarvi ogni cosa». Dico guardandole e mettendo le mani avanti.
Anche se in verità non ci sarebbe molto da raccontare, tranne il fatto che ho il cuore a pezzi, l’anima in subbuglio e nella mente mi passano i pensieri più cupi.
«Oh, tranquilla, non voglio mica farti il terzo grado, anche perché nei giorni scorsi, in linea di massima, mi hai già detto quello che è successo, e aggiungere dei dettagli ha poca importanza. Ora devi solo pensare a rilassarti, a riprenderti, e questo è il posto giusto». Mi rassicura la nonna.
Le sorrido e, finita la merenda, salgo al piano di sopra, seguita da Marta che mi aiuta a portare i bagagli. Mi sistemo nella stanza che un tempo è stata di mio padre e del papà di Marta, e che poi abbiamo occupato noi nipoti, durante l’estate.
Mia cugina mi aiuta a disfare le valige e poi mi lascia sola a riposare. Questa mattina mi sono alzata presto e anche se il viaggio non è stato lunghissimo, mi ha stancato e ho voglia di dormire un po’, prima di cena.
Ma basta che chiuda gli occhi, che subito m’appare il volto di Marco. Ho fatto tanti chilometri per allontanarmi da lui, ma non è servito a niente, non riesco a dimenticarlo, e forse non ci riuscirò mai. Cerco di scacciare dalla mente il pensiero di Marco, ma anche se il letto e soffice e le lenzuola profumate, non riesco a riposare. Sono venuta qui per ritrovare me stessa e cercare di riprendere in mano la mia vita, ma mi accorgo che è stato tutto inutile.
Dopo cena, Marta mi trascina con sé in paese. Da anni è fidanzata con Oreste, un bravo ragazzo, sincero, sempre allegro che come la maggior parte dei suoi compaesani lavora la terra. Ci sta aspettando in piazza, e quando ci vede arrivare ci viene incontro sorridendo.
«Venite, entriamo a prendere qualcosa, dentro ci sono tutti i miei amici e vedrai che riuscirai a distrarti». Mi dice, ed io capisco che la notizia della rottura con Marco ha raggiunto anche lui, e forse tutto il paese.
Entriamo nel pub, che però ha tutta l’aria di essere una semplice osteria di campagna, e Oreste mi presenta i suoi amici. Molti di loro li conosco sin da ragazzina, ma se ne sono aggiunti altri che non conosco. Mi salutano tutti con allegria e mi presentano Carlo, un ragazzo alto e moro, dall’aria trasognata.
L’atmosfera è leggera, con questi ragazzi dalla battuta facile parlo di tutto e di nulla e cerco di non pensare ad altro, poi, scoccata la mezzanotte, facciamo ritorno a casa.
«Sei stata bene sta sera, vero Francesca?» Mi chiede Marta sulla strada del ritorno, e io annuisco e sorrido. Sì, sono stata bene con i suoi amici, tanto che per tutta la serata sono riuscita a non pensare a Marco.
Giunte davanti al portone della nonna la saluto, e lei prosegue per casa sua.
«Buona notte».
Una buona notte però non lo è stata. Appena mi sono tirata su le coperte, mi sono venuti i crampi allo stomaco e con gli occhi sbarrati mi sono ritrovata a pensare ancora a lui. Chissà dove si trova in questo momento? Mi starà pensando, o si sarà già dimenticato di me? Chi starà con lui in questo momento? Sarò già stata soppiantata da qualche altra?
Da quando mi ha lasciato, sto malissimo, somatizzo il dolore e alla sofferenza del cuore si sono aggiunti anche dei malesseri fisici.
La nostra è stata una storia tormentata sin dall’inizio, un continuo lasciarci e riprenderci. Ma questa volta è finita davvero. Stupida io che non riesco a capirlo, a farmene una ragione.
I primi tempi sono stati bellissimi. Marco mi aveva conquistato con quella sua aria seriosa, con i suoi occhi azzurri e il suo sorriso accattivante. Tutto era iniziato a una festa organizzata da comuni amici. Lui se ne stava appoggiato alla finestra con un bicchiere in mano e non sembrava divertirsi.
«Ciao. Ti stai annoiando anche tu?» Mi chiese, a un certo punto.
«Sì». Ammisi, e poi aggiunsi:
«Queste feste non fanno per me. Io preferisco stare all’aria aperta, ma sono venuta con una mia amica che ci teneva tanto a esserci». Marco rise e mi sembrò ancora più affascinante.
«Io la penso esattamente come te! Che ne dici, ce ne andiamo, allora?»
«Dove?» Chiesi.
«Be’, a fare una passeggiata, magari poi torniamo».
Uscimmo e ci dirigemmo verso il centro e giunti davanti al duomo ci sedemmo sulla scalinata e continuammo a chiacchierare. Marco era un collega del ragazzo che aveva organizzato la festa; era arrivato da poco in città, lavorava in banca e non conosceva ancora nessuno, se non appunto il collega che lo aveva invitato.
Nemmeno io amo le feste, e come avevo detto a Marco, ci ero andata solo perché trascinata dalla mia amica Giorgia. Anche se a fine serata le avrei fatto un monumento, perché se lei non avesse insistito tanto, io non l’avrei mai incontrato.
Sì, mi innamorai di lui quella sera stessa. Mi innamorai della sua aria seria, dei suoi occhi chiari e quando tornai a casa non feci altro che pensare a lui, sperando che mi telefonasse, come mi aveva promesso.
Mi chiamò, scusandosi, dopo una settimana, dicendo che era impegnatissimo a mettere su casa, acquistare i mobili e le cose necessarie per potersi preparare qualcosa da mangiare.
«Ci incontriamo per un caffè?» Mi propose.
«Volentieri, dimmi dove».
Ci incontrammo in un locale del centro e trascorremmo assieme l’intera serata. Marco non era tipo da grandi discorsi, e questo l’ho capito già al primo incontro.
Chiuso e riservato, mi aveva parlato del suo lavoro, della casa che stava arredando, nulla di più. Quella sera, invece, scoprii che non era sentimentalmente impegnato. Aveva avuto una storia importante, ma era finita, e io cominciai a fantasticare che magari sarei potuta essere io la donna della sua vita.
«Francesca. Stai bene?» Sento dire alla nonna che in punta di piedi è entrata nella mia stanza.
«Sì, nonna. Ho solo un po’ di mal di stomaco». Le rispondo, mentre mi metto seduta sul letto. Ma dovevo avere il viso bianco come un lenzuolo, perché la nonna è corsa in cucina a prepararmi una tisana.
«Ti senti meglio, ora?» Mi chiede, dopo avermi fatto bere un infuso di erbe.
«Si nonna, grazie.»
«Ma cosa ti ha fatto mangiare ieri sera Marta?»
«Marta non ha nessuna colpa. Sono io che sto attraversando un periodo particolare, nonna».
«Ancora qui a pensare a questo Marco? Sinceramente voglio dirti che quando me lo hai portato qui per farmelo conoscere, proprio non mi è piaciuto. Non era la persona giusta per te».
E detto questo, mi invita ad alzarmi e a seguirla nel bosco.
«Su, una passeggiata è proprio quello che ci vuole, e così cominci anche a prendere un po’ di colore».
Le passeggiate con la nonna e le lunghe chiacchierate con Marta, con la quale finalmente sono riuscita a confidarmi, mi stanno facendo bene e mi sembra di essere riuscita a venir fuori anche dal buco nero in cui ero precipitata. Poi una sera, mia cugina è venuta a casa della nonna e mi ha detto che Carlo, l’amico conosciuto al pub, l’aveva avvisata che la sua cavalla stava per partorire e che lei ci stava andando con Oreste.
«Francesca, perché non vieni anche tu con noi? Vedessi com’è bello il puledrino appena nato… vederlo muove i primi passi verso la madre, fa una tenerezza».
Io non sapevo cosa risponderle, ma poi è intervenuta la nonna e mi ha convinto a seguirli. Quando scendiamo dalla macchina, mi rendo conto di essere arrivata nella fattoria del vecchio Girolamo, un lontano parente della nonna, a cui non ragazzi facevamo un sacco di dispetti.
«Sì, questa è la fattoria di Girolamo ma ormai lui non c’è più. Carlo ha acquistato la proprietà e ne ha fatto un’azienda agricola. Vieni…»
Quando entriamo nella stalla Carlo è già lì, accanto alla sua cavalla e sembra preoccupato.
«Il parto si presenta difficile», spiega, ma è sicuro che con un po’ di fortuna tutto andrà bene, bisognava solo avere pazienza e prepararsi ad affrontare una lunga nottata.
Marta e Oreste si offrono di andare a preparare un thermos di caffè, mentre io rimango con Carlo, che continua ad accarezzare la sua cavalla.
«Come si chiama? Sei molto legato a lei, vedo?» Lui mi fa un cenno affermativo e intanto continua ad accarezzarla.
«Si chiama Desire, e me l’ha regalata mio padre quando mi sono trasferito qui. Con lei ho un legame particolare. È una cavalla dolcissima. Speciale».
Intanto lo guardo e penso che speciale lo sia proprio lui, con quei suoi occhi scuri e profondi.
Mentre trascorrono lentamente i minuti, mi racconta qualcosa di sé, di un passato difficile, della perdita di una persona cara e la decisione che aveva preso di lasciare tutto e trasferirsi in campagna, per coltivare viti e ulivi.
La cavalla è irrequieta, nitrisce, poi si sdraia per terra e finalmente il cavallino viene alla luce. Carlo è sollevato, sorride e intanto asciuga il puledro con una coperta. Ma forse la più emozionata sono io. È una cosa meravigliosa assistere alla nascita di una creaturina così tenera e indifesa.
Quando faccio ritorno a casa, è l’alba e trovo nonna Emma già alzata.
«Come ti senti Francesca?» Mi chiede.
«Oh, nonna… Non mi sono mai sentita meglio. È stata un’esperienza bellissima, e non so spiegarti la gioia che ho provato quando ho visto nascere quel puledrino».
«Adesso vai subito a dormire e non alzarti prima di pranzo». Mi dice lei, mentre sta sorseggiando il suo caffè.
È da poco passato mezzogiorno quando sento squillare il cellulare. È Carlo che mi chiede se mi sono riposata abbastanza, mi ringrazia per la compagnia che gli ho fatto durante la notte e dice che la mia presenza è stata preziosa per lui.
«Per me è stato un piacere trascorrere la notte con te. E se non ti dispiace nel pomeriggio vorrei passare a vedere il puledrino, questa notte era così buio…» Gli rispondo, ancora assonnata ma contenta di essere stata svegliata da lui.
Finito di pranzare, Marta mi presta la macchina, e vado alla fattoria. Come mi vede arrivare Carlo mi viene incontro e mi abbraccia.
«Francesca, che bello, sei venuta. Volevo dirti una cosa quando ti ho chiamato al telefono, ma preferisco chiedertelo adesso a voce: ti andrebbe di trascorrere con me la serata, per festeggiare assieme la nascita del puledrino».
Sento un brivido che mi scende lungo la schiena. La giornata è fredda, e allora penso che la colpa sia della temperatura. Si sta facendo buio e gli animali sono tutti tornati nella stalla, e anche Desire è nel box con il suo puledrino che non si stacca da lei. Le galline stanno ancora razzolando sull’aia, ma una alla volta stanno prendendo la strada del pollaio.
Sono confusa e ho freddo. Carlo mi mette una mano sulla spalla e mi invita a entrare in casa. Il tepore del caminetto mi da una piacevole sensazione di calore e penso che forse una nuova fase della mia vita sta per iniziare. E questa volta lontana dai taxi, dallo smog e dal traffico.
Adesso mi sento veramente diversa, pronta a riprendere in mano la mia vita e buttare dietro le spalle tutto quello che è stato.



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