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Feltri: severo ma giusto?

Pubblicato da: Categoria: ATTUALITA'

2
AGO
2018

Ci sono due modi per prendere il post del direttore di Libero: uno porta a incazzarsi dandogli del rincoglionito mentre l’altro induce a riflettere. A noi piace la seconda ma tant’è, a ognuno il suo

«La Puglia ha un alto tasso di disoccupazione. Allora dico ai disoccupati pugliesi: invece di stare a casa a grattarsi le palle vadano a raccogliere le olive, vadano a lavorare la terra, senza aver bisogno che arrivino dei negri a lavorare per conto loro». E’ montata una polemica colossale in merito alle dichiarazioni di Vittorio Feltri in diretta l’altra sera a 'Stasera Italia' su Rete 4. Il fondatore di Libero, ospite in diretta con il governatore della Puglia Michele Emiliano, ha poi aggiunto:
«E' una cosa indecente! Non abbiamo lavoro? Lavoriamo la terra. Ma che male c'è, mica è una vergogna lavorare. Fate lavorare i pugliesi, i campani... lavorino tutti invece di chiamare i poveracci che arrivano dall'Africa!».
Fa impressione? Fa incazzare? La risposta è sì? Benissimo, perché questo è l’effetto che il “Diretur” voleva verosimilmente sortire.
Ci sono due modi per prendere questa intemerata di Vittorio Feltri: uno porta a incazzarsi dandogli del rincoglionito mentre l’altro induce a riflettere. A noi piace la seconda ma tant’è, a ognuno il suo.
Ci si può indignare – come del resto hanno fatto in molti – gridando allo scandalo e strepitare perché la pugliesità è stata colpita a morte dall’orco bergamasco che, senza sapere di che parla, dileggia in modo inqualificabile una regione laboriosa e civile.
Si potrebbe anche aggiungere che in Puglia nessuno si gratta le palle ma che il dramma della disoccupazione è una roba seria che qualche pirlacchione vorrebbe banalizzare trattando con superficialità problemi in carne e ossa, persone con un dramma reale alle spalle.
Esperito il pistolotto politicamente corretto però, al netto del nettare sopraffino dato in pasto ai nostri buoni sentimenti, poco rimane di una provocazione dirompente che, se da un lato dovrebbe indurre i superficiali a esperire il sacro rito della reprimenda, dall’altro dovrebbe convincere i più volenterosi a mettere in moto il cervello.
Per coloro che, come chi scrive, sono cresciuti a pane e Vittorio Feltri, non è difficile affermare con un sufficiente grado di approssimazione che il fondatore di Libero volesse lanciare nel mucchio due patate bollenti: una culturale e l’altra di sistema. L’unica cosa che non voleva fare - e che non ha fatto - è offendere i pugliesi.
Quella culturale riguarda il miraggio turistico, vulgata che vorrebbe la Puglia come la patria degli affittacamere pronti ad aprire la casa al mare a giugno, spolverarla giusto un po’, preparare la colazione per tutta la stagione onde poi chiudere i battenti con il bottino necessario a svernare con il fieno in cascina.
La prospettiva è suggestiva ma troppo bella per essere vera. Prima ci si libera di questa malia collettiva e meglio è.
Torniamo con i piedi per terra concedendo al turismo il ruolo pregiato che merita in una bella regione come la nostra senza però farci prendere la mano perché chi visse sperando morì disperato.
Una cosa è pensare che, nell’ambito delle vocazioni della nostra regione, esista anche il turismo mentre altra cosa è pensare di essere alle Bahamas con tutte le storture che ci sono in una società come quella, divisa in manovali del turismo morti di fame e padroncini benestanti (o ci immaginiamo tutti padroncini?).
Inutile negare che del sogno turistico e dei soldi facili si faccia un gran parlare di questi tempi. E’ un abbaglio, è una possibilità reale o è una illusione per provare a campare in maniera un po’ paraculetta? Chi vivrà vedrà.
Ma la vera bomba sparata nel mucchio da Feltri era puntata contro l’annoso problema del caporalato: se non lo avesse trattato a modo suo, noi a quest’ora staremmo come dei beoti ancora a parlare di quanto sia bella Punta Prosciutto e di quante potenzialità ci sono nel nostro territorio.
Arma di distrazione di massa che ci tiene impegnati a parlare di un non meglio precisato domani omettendo quanto sia odioso il luogo comune che vorrebbe i giovani indisponibili a svolgere determinati lavori. Cosa vera se solo qualcuno provasse a completare la frase aggiungendo la locuzione “a quel prezzo e a quelle condizioni”. Troppo crudo dire che qualcuno sfrutti la disperazione dei profughi per impiegarli (anche) come lavoratori dei campi sottopagati e rigorosamente in nero? E sarà forse troppo snob dire che questo tipo di concorrenza è sleale oltre che contra legem? E’ corretto dire che se questo schifo non esistesse magari quello agricolo –se fatto professionalmente e con le moderne tecniche -   potrebbe essere uno sbocco degno e ricco di soddisfazioni? O crediamo ancora che il mondo agricolo sia fatto di zoticoni che si spezzano la schiena nei campi? O non crediamo che la nostra agricoltura sia indietro anche a causa del fatto che la manodopera in nero costa poco e scoraggia l’investimento in nuove tecnologie oltre che l’impiego di manodopera specializzata? Se crediamo alle favole allora è lecito pensare anche che Nostro Signore sia morto di freddo.  
E se Vittorio Feltri non avesse tirato fuori la menata dei “negri” che lavorano nei campi – in un momento in cui cercano di imporci l’accoglienza come parola d’ordine e il finto pericolo fasciorazzista come mantra per scegliere la paura e votare a sinistra – ci saremmo mai domandati dove finiscano i profughi che fingiamo di accogliere? Finiscono nella malavita, sfruttati dagli italianibravagente o sotto un portico a (ac)campare di espedienti.
Feltri ha un unico grande e splendido difetto: parla come mangia e non usa giri di parole anche se un pensiero “tagliato grosso” (come accade con gli insaccati) potrebbe procurargli il pistolotto da parte di qualche pettinatissimo benpensante. La franchezza e i toni forti per lui favoriscono il dibattito e questa, a modestissimo parere di chi scrive, è una grandissima verità della comunicazione.
Volete una prova? In occasione della Giornata mondiale contro la tratta di esseri umani, Sergio Mattarella afferma che i migranti sono come gli schiavi: "la schiavitù ha rappresentato una delle maggiori vergogne dell'umanità. Oggi, la giornata mondiale contro la tratta di esseri umani ci impone di ribadire la condanna e la battaglia contro ogni forma di schiavitù, vecchia e nuova". Mattarella ha inoltre posto l'accento sul fatto che "terreno agevole per queste nuove forma di schiavitù è il fenomeno migratorio. Nessun Paese è immune da questa sistematica violazione della dignità umana e nessuno deve avere la tentazione di guardare altrove".
Queste parole, seppur proferite dal Capo dello Stato, non le ha lette quasi nessuno e, se qualcuno le ha lette, le ha dimenticate un secondo dopo. Ecco appunto.



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