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Noa, se il diritto di vivere è anche diritto di morire / "Cronache di un connesso viaggiatore" di Salvatore Lucignano

Pubblicato da: Categoria: ATTUALITA'

7
GIU
2019

La notizia è di quelle strazianti: a 17 anni, in Olanda, una ragazza, con un passato segnato da violenze subite e dalla depressione, chiede di poter morire. La scelta è figlia di un percorso lungo, fatto di sostegno, tentativi di aiuto, messaggi che provengono dalla persona che sta male. Fino all’ultimo, quando annuncia la sua morte, ormai prossima, chiedendo a tutti di non tentare di farle cambiare idea. Siamo di fronte ad uno dei massimi drammi della condizione umana, quello che vede nella vittima anche la sua stessa carnefice, nell’atto estremo, meditato, organizzato, di porre fine ad una vita giudicata invivibile. L’Olanda però le nega di poter porre fine alla sua vita mediante l’eutanasia, rimandando la possibilità di compiere questa scelta al compimento del 21esimo anno di età.

Naturalmente, chiunque si approcci a questo caso, sia sotto il profilo giuridico, con i tanti interrogativi che pone all’interprete delle leggi, sia sul piano filosofico e morale, è drammaticamente lacerato tra la voglia di ribellarsi ad una sorte che appare troppo crudele per essere accettata ed il bisogno di fermarsi, di fronte all’altro, per non violare, con il proprio io, ciò che nessuno può varcare, senza aggiungere violenza ad una sofferenza, già insopportabile.

In questo senso, come riflessione estrema, ad una estrema tragedia, più di tutto possono proprio le ultime parole pubblicate da Noa:

“Vado dritta al punto: entro massimo 10 giorni morirò. Dopo anni di lotte, la lotta è finita. Ho smesso di mangiare e di bere e dopo difficili confronti è stato deciso che potrò morire perché la mia sofferenza è insopportabile”. A queste parole, nella giornata di domenica, 2 giugno 2019, è seguita la morte della giovane, non dunque mediante l’eutanasia, come in un primo momento avevano riportato i media internazionale, ma sembrerebbe a seguito dell’inedia a cui Noa si sarebbe lasciata andare. Il caso divide e dilania ogni coscienza, riproponendo domande a cui è davvero difficile dare una risposta: prima tra tutte, il confine tra il diritto alla vita ed alla morte, ed il limite tra l’autodeterminazione dell’individuo e la disponibilità dello Stato a rendere possibile la dolce morte.  



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