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THE END

Pubblicato da: Categoria: ATTUALITA'

25
OTT
2013
Due anni. È stata sufficiente una banale condanna a due anni di interdizione dai pubblici uffici, comminata dalla Corte d’Appello di Milano, per sgretolare il ventennio berlusconiano. Nessuna rivoluzione bolscevica, nessuna congiura da Idi di marzo, nessun tradimento del Gran Consiglio, nessuna data che passerà alla Storia per tormentare gli studenti nei decenni a venire del XXI secolo. Una fine anonima ed ingloriosa per un uomo che ha coltivato il mito della propria personalità fino all’estremo limite della farsa plautiana. È una sacrosanta verità quella che recita che ogni uomo dovrebbe conoscere i propri limiti, ma l’uomo Berlusconi ha ottusamente pensato di poter travalicare i propri limiti, lasciando ai posteri l’immagine non della grandezza delle proprie vittorie e delle proprie sconfitte ma il banale anonimato dell’ultimo atto. Si oscurerà presto l’epopea del grande imprenditore capace di creare un impero economico e decine di migliaia di posti di lavoro, passerà in secondo piano la geniale intuizione dell’uomo che è stato capace di creare dal nulla un contenitore politico in grado di coagulare intorno a quell’idea il sentiment della maggioranza degli italiani rimasti orfani dei loro simboli, delle loro bandiere e dei loro leader. Resterà l’immagine decadente di un settantasettenne che non ha accettato le leggi del tempo e della natura, inseguendo in modo patetico il mito dell’eterna giovinezza, e che ha tentato di barattare i propri ideali politici e sociali, tradendo milioni di uomini e donne che in quegli ideali riponevano le loro speranze, per una immunità ed una impunità personale che non può essere concessa a nessuno in un paese civile. Sono anch’io nel novero di quanti, e sono tanti, credono fermamente in una subdola ed a volte intollerabile persecuzione giudiziaria nei confronti dell’uomo di Arcore. Ciò non di meno da un uomo che si ritiene un paladino della libertà e della democrazia non si può che pretendere il coraggio e l’orgoglio di affrontare le regole della democrazia con la forza delle proprie ragioni e delle proprie idee, capace di spogliarsi volontariamente di tutti i privilegi e lottare da uomo libero tra uomini liberi per l’affermazione della propria verità. E invece ha preferito i giochi di potere, la tentazione del ricatto, l’uso e l’abuso del privilegio, che lo hanno collocato nel campo minato della sospetta reità. Cosa rimane oggi della rivoluzione liberale berlusconiana? Un cumulo di macerie! La fine dell’uomo-partito porterà alla diaspora di quanti hanno vegetato per anni all’ombra del leader, intestandosi competenze, idee, progetti, linee politiche vissute solo un giorno come le rose, per dirla con De Andrè. Ma l’aspetto più drammatico è che questo Paese ancora una volta lascerà la maggioranza dei suoi cittadini privati della propria identità politica, in balia di mediocri comprimari che cercheranno di spartirsi l’eredità di ciò che fu un grande movimento popolare, riportando indietro le lancette della storia di venti anni. Venti anni trascorsi invano e che hanno bruciato non solo le idee ma anche la speranza. Non si adombri Cavaliere se domani nessuno penserà di erigere un Mausoleo per celebrare la sua grandezza.
 


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