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Porti, porte e libri/Se i confini sono solo quelli che ci costruiamo

Pubblicato da: Categoria: CULTURA

6
SET
2018

Un porto è un porto: aperto al mare per definizione, ma soprattutto per scopo. Centinaia di anni di storia lo stanno a dimostrare. L’apertura di un porto a uomini e civiltà lontane ha la stessa dinamica dell’apertura di un libro. Un volume lo scelgo, ne leggo poi la quarta di copertina per avere qualche indicazione su storia e autore, infine lo apro e mi faccio accogliere, perché un libro questo fa: abbraccia il lettore che fino a poco tempo prima era solo uno dei tanti estranei un po’ matti che frequentano ancora le librerie, magari indipendenti. Lo protegge dal mondo esterno, il libro, raccoglie il suo calore e lo nobilita nel segno della dignità, quel mucchio ordinato e numerato di fogli color ocra.
Immigrati e profughi sono i lettori contemporanei del mondo, del nostro mondo però. Ne hanno letto la copertina ammuffita e mortificata dal perbenismo ipocrita e dal razzismo senza senso. Ne hanno interpretato l’involucro colorato dalle nuance di un capitalismo becero, insensibile al richiamo delle coscienze più deboli.
Poi, come in un rituale fatto da gesti contemporanei e lenti, lo hanno aperto per iniziare a sfogliarlo, pagina dopo pagina, capitolo per capitolo, parola dopo parola. Ci hanno infilato occhi, cuore e dita in quel libro; hanno respirato l’aria e il vento del racconto, ci si sono immerdati le mani in quella palude di ovvietà (perché ormai è stato raccontato tutto, e il racconto del Mondo non impressiona più nessuno così tanto).
E allora è lecito andare col pensiero a quello che sta accadendo da qualche giorno, alla straordinaria metafora messa su da un gruppo di razzisti che governa quel che resta dell’Italia insieme a un manipolo di ragazzotti che, pur di dare un senso alle proprie utopie, ne accetta la convivenza.
Salvini non apre i porti perché non è abituato ad aprire un libro. Perché la sua mente ha paura di aprirlo. Perché tra i fogli ingialliti dal tempo e dalla saggezza non potrà mai ritrovare quella negazione del diverso e del lontano di cui è pregna la sua proposta politica. Lui negozia le paure dei deboli e dei nuovi oppressi con l’allontanamento del diverso. Diverso da chi, da cosa, poi? La carne impastata coi muscoli, le membra rinsecchite al sole delle traversate, i piedi straziati dai mille tipi di strade dissestate, tutto questo non è forse umano? Umano come noi? Umano come lui?
Salvini non apre i porti perché ha bisogno di mantenere le proposte scellerate che hanno affascinato gli ultimi d’Italia, mentre la Sinistra si lacerava nel silenzio, quello che ne decretava la fine ingloriosa. Il silenzio che ha prodotto i personaggi di questo governo e che ha fagocitato, annientandoli, i principi base del suo esistere.
Un delitto perfetto, ecco cosa è stato l’arrivo di Salvini & Co. al governo. Con Renzi e i suoi uomini a tirarne la volata finale, servi sciocchi di poteri forti e massoneria.
La biblioteca di Salvini e dei suoi uomini avrà sempre -tra gli scaffali- libri finti da esposizione in un centro mobili. Ne vorranno prendere uno e si tireranno via tutta la fila. Scatole di cartone vuote come le loro coscienze. Oggetti d’arredo inanimati come i loro cuori xenofobi. Parallelepipedi tristi come i loro tinelli finto svedesi.
Un porto è un porto; un libro è un libro: da aprire per definizione, ma entrambi per lo scopo più nobile: l’accoglienza di qualcuno in un mondo altro.



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