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ANDREA SIMONETTI: LA MIA VITA TRA PALCO E REGIA

Pubblicato da: Categoria: CULTURA

20
APR
2012

 

Nella recitazione non si ispira a nessuno, ma stima Toni Servillo, con il quale spera di lavorare presto. L’attore tarantino ci racconta le sue esperienze e le sue ambizioni
 
Il teatro? Non è che un gioco meraviglioso con delle regole spietate. Già, perché per Andrea Simonetti, giovane attore tarantino, la recitazione non va presa alla leggera, come purtroppo viene fatto negli oramai saturi talent show. È lavoro, impegno e fatica. E soprattutto è arte, e come tutte le arti, non può essere alla portata di tutti. Per poter sperare di avere un futuro in questo campo, occorre avere delle doti innate, che poi andranno coltivate con anni di studio e con tanta determinazione. E lui, che a soli trentun anni può vantare un curriculum di tutto rispetto e numerose esperienze con alcuni dei più grandi nomi della recitazione, come Massimo Castri, Daniele Salvo, Giorgio Albertazzi e il siciliano Carmelo Rifici, queste doti sembra possederle davvero tutte.
 
Quando è nato in te il desiderio di fare teatro?
«Molto presto. Devo la mia passione per il teatro alla professoressa Medori, insegnante di italiano del liceo, la quale portava i suoi studenti spessissimo a teatro o al cinema. Aveva molto a cuore la cultura e lo spettacolo; se non ricordo male sognava di fare la regista, e dunque cercava di infondere in noi il suo stesso interesse. Con me ci è riuscita pienamente.»
 
Subito dopo la maturità classica, quindi, hai deciso di intraprendere questa carriera, frequentando il Teatro Stabile di Torino. Per un ragazzo che sogna di diventare attore, vivere a Taranto, una città che fino a poco tempo fa non offriva molto da questo punto di vista, poteva essere considerata una limitazione.
«Non credo che la mia città mi abbia penalizzato, anzi. Ritengo che il mestiere dell’attore ti porta a girare molto e a non avere una “dimora fissa”. Contrariamente a un impiegato, che lavora in un ufficio magari non troppo distante da casa, l’attore è costretto a muoversi laddove si presenti l’occasione di essere scritturato. Oggi sei a Roma, domani giri un film a Bari e così via. La scelta di andare via da Taranto è stata più che altro dettata dalla necessità di studiare in una buona scuola. Io avevo scelto il Teatro Stabile di Genova, considerato il migliore in Italia. Ma avendo degli zii a Torino, la mia famiglia mi convinse a studiare lì, se non altro per avere un appoggio e un punto di riferimento in una città sconosciuta. E in ogni caso si è rivelata davvero un’ottima scuola.»
 
Hai avuto modo di studiare con docenti del calibro di Luca Ronconi e Mariangela Melato. Quali sono gli insegnamenti più preziosi che il Teatro Stabile di Torino ti ha trasmesso?
«È stato fondamentale l’intero percorso formativo, ma se proprio dovessi scegliere, allora direi che mi ha insegnato il gusto teatrale, concepito non solo per l’attore, ma per il pubblico. Ogni spettacolo, ogni stagione teatrale, veniva studiata e pensata nei minimi dettagli tenendo in considerazione qualsiasi fattore. Ci si chiedeva di cosa il pubblico aveva bisogno in quel periodo storico, e ogni testo veniva scelto in base a  questo.»
 
Attualmente fai parte di una compagnia?
«Collaboro con la “Compagnia Factory” di Lecce, con la quale poche settimane fa ho portato in scena “Sogno di una notte di mezza estate” di Shakespeare, e con il Gruppo Brindisi “Motumus” di Maurizio Ciccolella. Con quest’ultima il 13 maggio debutteremo al Teatro Verdi di Brindisi con un testo scritto da Mariano Dammacco, che parla dei deportati di Terezin, un campo di concentramento costituito in larga parte da ebrei artisti, i quali scamparono alla morte poiché ogni sera intrattenevano i nazisti con musica e rappresentazioni. Inoltre sto preparando uno spettacolo dell’autrice Daniela Baldassarra. Si tratta di “Solitudini” ed è interpretato da me e da Arianna Gambaccini.»
 
Restando in tema di teatro, nel 2009 c’è stata un’esperienza significativa.
«Sì, ho partecipato al Premio Nazionale Giovani Attori “Gino Cervi”, classificandomi fra i finalisti. In commissione, fra gli altri, erano presenti Umberto Orsini, Marco Baliani e Giuliana Loiodice, tutti nomi importanti nel mondo della recitazione. È stata una bella soddisfazione.»
 
Nonostante la giovanissima età, non ti sei occupato di solo teatro, ma anche di cinema e televisione.
«Esatto, ho avuto la possibilità di lavorare per il cinema in un film diretto da  Giovanni Veronesi, “Manuale d’amore 2” e per la televisione in diverse fiction, tra le quali: “Distretto di Polizia 8”, “Ris 2” e “Squadra Antimafia”. Inoltre ho preso parte come attore a “Le Iene” e a “Scherzi a parte”. Si tratta di piccole parti, ma ognuna mi ha arricchito e insegnato qualcosa.»
 
Fra teatro, cinema e televisione, qual è il settore che preferisci e nel quale senti di dare il meglio di te?
«Preferisco il cinema, ma da regista.»
 
La maggior parte degli attori scelgono di approdare alla regia in età già piuttosto avanzata. Tu, invece, sei molto giovane. Come mai questa decisione?
«Ho sempre avuto la passione per la scrittura e di recente la sto mettendo in pratica, realizzando lungo e cortometraggi. Ecco, quello della regia è un campo che voglio approfondire e che mi auguro di poter intraprendere a tutto spiano, senza abbandonare il palco, naturalmente. Inoltre, da regista mi rendo conto di comprendere con più facilità alcune dinamiche che invece da attore mi sfuggono. Ad esempio, durante un casting il regista può scegliere un attore che non sempre è il più bravo, ma semplicemente è quello più adatto, quello che corrisponde maggiormente al personaggio che deve andare a interpretare.»
 
So che sei anche docente di recitazione, o sbaglio?
«Non sbagli. Insegno da due anni presso la Scuola d’arte drammatica Talia, di Taranto e Brindisi. Trasmettere le proprie conoscenze e aiutare i ragazzi a crescere è un’emozione bellissima. Soprattutto quando vedi nei loro occhi l’entusiasmo e la voglia di fare teatro, di recitare. Scorgere in loro la vera passione per l’arte e non solo la voglia di apparire o di entrare nella scuola di Maria De Filippi, per dirne una, è forse la più grande soddisfazione. Di recente, poi, ho saputo che una delle mie allieve è stata scelta per un ruolo importante. Quelle sono gioie che ti riempiono il cuore.»
 
Quali sono le doti che deve possedere un ragazzo che vuole fare l’attore?
«Spirito di sacrificio, talento, e una buona dose di fortuna, che non guasta mai. Deve capire che il mestiere dell’attore è complesso e necessita di anni di studio e di gavetta. Non è il mondo fatato dei talent show. È fatica, sudore e lavoro.»
 
Qual è il tuo obiettivo e cosa ti aspetti per il tuo futuro?
«L’obiettivo è quello di continuare con la regia, di scrivere e di affermarmi in questo campo. E mi auguro di poterlo fare presto.»
 
 


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