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Michele Maraglino: Sogno e son serio

Pubblicato da: Categoria: EVENTI

8
GIU
2012

 

Quando rivendica l’importanza di sognare gli dicono di pensare alle cose serie, ma lui, dice, è serissimo in qualsiasi cosa faccia, dalla musica che compone (è in attesa dell’uscita del suo prossimo disco a settembre), ai libri che scrive (anche se finiscono troppo presto)
 
Il concerto è cominciato con un po’ di ritardo, ma l’atmosfera era calda e raccolta, anche se l’aria era abbastanza fresca; qualcuno era in piedi, qualche altro seduto sulle panchine o sulle sedie messe lì davanti a lui, che ha suonato a Taranto finalmente, dopo diversi anni dalla prima volta. Michele Maraglino, tarantino e cantautore attivo dal 2005, 28 anni, pubblica quasi un demo all’anno fino a quando, il 21 giugno 2010 esce “Vogliono solo che ti diverti”, un EP di tre tracce (“Umida”, “Vienimi a cercare” e “Aperitivo”), che riceve tantissime ottime recensioni sui principali siti e riviste del settore; da lì numerosi sono i passaggi radiofonici, permettendo all’artista di suonare fra i più importanti locali/club sparsi nella penisola. Nell’estate del 2011 fonda insieme a Giuseppe Marazzita l’etichetta indipendente “La Fame Dischi” e dà vita al progetto parallelo “Love Yourself  First”, nel quale sembra quasi sdoppiarsi,  riuscendo a suonare su e giù per l’Italia grazie agli ottimi riscontri di pubblico e critica. Adesso è in preparazione il suo nuovo disco, “I Mediocri” che uscirà il 14 settembre, di cui si può già ascoltare online la canzone “Taranto”. Posso dire di aver visto per la prima volta un cantautore esordiente a Taranto; sì, perché questa città partorisce gruppi perlopiù, e lui mi ricorda un po’ Daniele Silvestri, anche per la simpatia e l’humor che utilizza tra una canzone e l’altra. Ed eccolo lì, sul palco, seduto con la sua chitarra e il microfono a braccio, canta in acustico i suoi pezzi, qualcuno già conosciuto, soprattutto dai suoi amici più stretti, tutti lì presenti.
 
Nel tuo singolo, “Taranto”, cosa intendi per facili scelte, e quale sarebbe potuto essere il futuro di Taranto secondo te?
«Questa frase nasce da una costatazione, e cioè che Taranto è una città piena di risorse, e il fatto di avere un mostro come l’Ilva, benché  avesse potuto farne a meno, ti fa rabbia due volte: per l’inquinamento che subiamo e continuiamo a subire, e perché non ha sfruttato la sua più grande risorsa, il mare, o l’ha sfruttata male, non puntando sul turismo. Ed ecco la facile scelta, perché mirando al turismo, i tarantini avrebbero dovuto imbattersi in impegno, sacrificio, con la realizzazione di strutture per esempio, innescando tutto un processo per attrarre quanti più turisti è possibile. Era nei tarantini stessi che sarebbe dovuta nascere l’iniziativa e l’esigenza, sicuramente ci sarebbe voluto molto tempo, ma abbiamo preferito la soluzione più facile: lavoro per 30000 famiglie nella grande fabbrica, stop! Con un prezzo da pagare troppo alto a fronte di quei posti di lavoro, per non parlare della rassegnazione insita nel cittadino di Taranto, dipinta tipicamente dall’espressione “e che devo fare oramai?!” .E’ radicata in noi la cultura dell’Ilva e della Marina, e l’alternativa non ce la si pone neppure. Io sono molto legato alla mia città, ed è da tanto che provo a scrivere pezzi per Taranto, ma risultavano cose orribili, poi un giorno mi son detto “cavolo questo può andar bene”, ho ripetuto la strofa e non l’ho trovata banale, anzi sono soddisfatto di quel testo.»
E i contenuti delle altre canzoni? Hanno sempre tematiche sociali legate alla città di Taranto?
«Il disco si intitola “I Mediocri”, perché mi sono accorto che la mediocrità apparteneva a quasi tutte le canzoni del cd e a quelle che non sono state inserite nel disco, ma comunque scritte nello stesso periodo. Il concetto di mediocrità  è inteso come paura di sognare, nei suoi aspetti diversi, di come si intende la vita lavorativa, la coppia, l’amore, la mediocrità è sempre alla base. Quando sbandiero l’importanza di sognare, in qualsiasi settore, mi dicono di pensare alle cose serie, ma io sono serissimo in qualsiasi cosa che faccio.»
In cosa si diversifica questo tuo nuovo disco dal precedente EP?!
«L’EP è quello che veniva definito Demo, un lavoro da cameretta, registrato anche al computer, invece il mio nuovo disco nasce da una collaborazione con diversi musicisti e due tecnici, qualitativamente migliore rispetto al precedente. Per cui si può parlare di una diversificazione a livello tecnico, ma il modo di arrangiare è sempre quello, il genere anche, un cantautorato melodico lo definirei.»
Suoni da quando andavi a scuola?!
«Sì, avevo un gruppo  a Taranto quando ero studente, e non suono qui da allora, poi ci sciogliemmo perché si ruppe l’equilibrio, dopo che il bassista andò a studiare fuori. Io dopo la triennale in Scienze della Comunicazione qui a Taranto, per la specialistica decisi di andare a Perugia , sono cinque anni che vivo lì, ma ho sempre la mia città nel cuore.»
Torneresti a Taranto?
«Sì, mi piacerebbe, ma so anche che non è semplice; dopo che sei andato via e la situazione non è cambiata, sapendo di dover convivere con la grande fabbrica che scarica veleno ogni giorno, è difficile.»
Hai scritto anche due libri vero?!
«Sì, qualche anno fa.»
Hai abbandonato la vena da scrittore?!
«Sì, l’ho accantonata; il primo libro è stato quasi un gioco: “Il Piccolo Salmone”. E’ un racconto autobiografico, parla di un ragazzino che vuole avere successo nel mondo della musica, e incontra  varie difficoltà; avevo 17 anni quando l’ho scritto. Per il secondo, qualche anno dopo, “Lettere dal Coraggio di Efrem Tramonti”, ho avuto l’idea del romanzo epistolare:  è come se queste lettere riportassero, attraverso il coraggio di esprimersi, tutta la vita del protagonista. Il mio problema è stato quello di essere sintetico, perché abituato a scrivere canzoni, i romanzi son risultati entrambi brevi. Nel primo ero troppo giovane e ho quindi commesso tutti gli errori dell’inesperienza, nel secondo, anche se l’idea era buona, si è concluso tutto nella trattazione troppo sintetica della storia; così mi è stato detto dalle diverse case editrici che ho contattato. Da lì però poi ho frequentato un “Master in conduzione radiofonica” a Perugia e ho trasformato le lettere in un radiodramma; la voce narrante era il coraggio, registrato e realizzato tutto da me, ed è andato in onda su Radio3. Pur essendo piaciuto molto, è andata solo la prima puntata con le prime tre lettere, perché il direttore generale decise di non trasmettere più radiodrammi per Radio3.» 
Quindi è stata troncata la trasmissione?!
«Sì ma sono sereno, perché è stata un’attività piacevole ma collaterale alla mia principale, la musica.» 
Prima parlavi di sogni, il tuo qual è?
«E’ semplicissimo: fare quello che mi piace. Io non intendo il lavoro come qualcosa che serva semplicemente a  pagare l’affitto e a mangiare, io intendo il lavoro come vita stessa; quando vedo la gente che vive di ciò che ama, riesco proprio a vedere la luce negli occhi che è diversa. La vita è una, non vedo perché non ci si debba impegnare a rincorrere quello che si vuole fare, altrimenti perché esistiamo?! Sembra che siamo obbligati a fare qualcosa per forza, che qualcuno ha già deciso, e con la musica è davvero difficile controbattere questo luogo comune: ora se non passi in tv sei fuori. Molti ignorano che c’è tanta gente che si crea un seguito attraverso il web, etichette indipendenti, o comunque si crea il successo in giro, suonando dal vivo. Io vivo bene comunque, anche se non compaio in tv, invece  per la gente rimane solo una passione, non può essere un lavoro, come si intende comunemente.»
 
 


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