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Antonio Giunto / Io, Valentina e gli altri

Pubblicato da: Categoria: COVER

9
AGO
2013

Intervista al preparatore atletico, eccellenza tutta nostrana che ha lavorato con Legrottaglie e Vezzali. E intanto lancia un appello: «Basta videogame e più spazi ai bambini»
Due lauree, una in Scienze Motorie conseguita presso l’omonima facoltà dell’Aquila e una in Posturologia Integrale, conseguita presso l’Università “Jean Monnet” di Bruxelles. In più due corsi di perfezionamento in Chinesiologia e Chinesiologia Rieducativa. A tutto questo, poi, bisogna aggiungere una lunga e prestigiosa serie di esperienze professionali sportive. Il curriculum da paura è quello del professor Antonio Giunto, eccellenza italiana tutta nostrana nel campo della preparazione atletica. Attualmente docente all’Università di Bari in Metodi e Sistemi di Valutazione Motoria. E quando nel tuo lavoro hai la stoffa, le soddisfazioni arrivano ben presto. Oltre alla cattedra barese, infatti, attualmente il professor Giunto è consulente atletico del calciatore mottolese Nicola Legrottaglie, ex Juve, Milan e ora al Catania, dell’arbitro martinese Angelo Cervellera (già nel giro della serie A) e della campionessa olimpionica di scherma, Valentina Vezzali. Personaggi di spicco, che attestano la stima intorno alla figura di Antonio Giunto. Nel suo variegato curriculum ci sono collaborazione con squadra di calcio (prevalentemente), futsal (maschile e femminile) e pallavolo. Nel calcio a undici Locorotondo, Ostuni, Manfredonia, due anni a Foggia, la selezione Under della Nazionale Dilettanti, Monopoli e Grottaglie. Nello sport del pallone a rimbalzo controllato, invece, Giunto ha militato nel Martina C5 di Giuseppe Ruggieri per quanto riguarda il maschile, mentre nel femminile ha collaborato per due anni nel Real Statte, la squadra più blasonata d’Italia del futsal in gonnella. Antonio Giunto è stato anche apprezzato relatore ai più importanti convegni, seminari e corsi di aggiornamento. Al suo attivo anche due articoli culturali, pubblicati sull’edizione nazionale della Gazzetta dello Sport.
Siamo in periodo di ritiri estivi, specie delle squadre di calcio. Quale tipo di lavoro predilige?
«Dipende dalla squadra e dal tipo di sport. Se parliamo di calcio si lavora in un primo periodo prevalentemente sul lavoro aerobico e la forza e in un secondo periodo aerobico/anaerobico, dipende anche dalle categorie. In quelle molto evolute si parla già di morfo-struttura, e quando c’è la morfo-struttura non si lavora su distanze molto lunghe, perché gli atleti sono ormai pronti per affrontare questo tipo di lavoro. Mentre in quelle inferiori si preferisce un lavoro aerobico. Il lavoro deve essere mirato per evitare infortuni nel corso dell'anno sportivo».
Come mai si scelgono sempre località di montagna?
«Prima di tutto per il clima. Essendoci un carico di lavoro molto elevato, le località fresche sono le migliori per ottenere una migliore prestazione. Potrebbe esserci anche il discorso che l’aria è più fresca e perché c’è più ossigeno, ma alla fine è relativo e ci sono le controtendenze. La cosa che mi preoccupa è che alcuni allenatori, seguendo altre realtà grosse, pensano che fare allenamento mattina e pomeriggio sia una cosa necessaria. Ma se noi pensiamo che magari un calciatore il giorno prima del ritiro è in spiaggia a bere qualcosa, allora è necessario dosare i carichi di lavoro per dare più tempi di recupero».
Lavorare con una rosa di giovani aiuta maggiormente il lavoro di preparazione?
«Dal punto di vista atletico sì, da quello tecnico e tattico un po’ meno. Dal punto di vista atletico ovviamente l’incidenza degli infortuni è sempre minore, ma ovviamente dipende dal lavoro che vai a proporre».
Quanto conta la collaborazione con l’allenatore?
«Tantissimo. La cosa migliore sarebbe che ognuno facesse il proprio lavoro col massimo rispetto. Noi lavoriamo in modo più scientifico, la preparazione atletica non è una cosa così campata in aria, non si può inventare. Richiede anni di studio ed esperienza».
Ha già avuto la possibilità di seguire gente illustre del mondo dello sport.
«Sì, quello più rappresentativo è stato Nicola Legrottaglie. Due anni fa, prima di firmare per il Catania, mi chiese di seguirlo per una preparazione atletica. Devo dire che ho conosciuto una grande persona, un grande uomo. Mi ha dato molto. Con lui ho scoperto tante altre cose della vita, mi ha arricchito come esperienza».
Ha lavorato anche in squadre femminili. Che differenze ci sono con le preparazioni degli uomini?
«C’è una grossa differenza biomeccanica. Non si può confondere il lavoro maschile con quello femminile. Prima di tutto per un discorso ormonale, e poi la struttura biomeccanica femminile è diversa da quella maschile. Come anche il lavoro sul sintetico va fatto in una maniera, sull’erba in un’altra e sul parquet in un’altra ancora. Ogni terreno ha il suo tipo di lavoro».
Come si deve porre l’atleta in fase di preparazione atletica? I giusti atteggiamenti da adottare.
«Innanzitutto, quando si inizia una preparazione atletica, la cosa più importante è l’alimentazione e il riposo. Non esistono integratori che possano sopperire a uno stile di vita corretto. Il riposo è il miglior recupero per l’uomo».
Ha avuto anche contatti con la campionessa olimpica Valentina Vezzali.
«Le ho fatto la visita posturale e le ho dato qualche consiglio sia per il discorso pre-parto, in più consigli di vario genere per gli allenamenti. Ma come ogni preparatore atletico il desiderio è quello di allenare grosse squadre».
Il contesto sportivo che più ha appassionato Antonio Giunto?
«Quando sei appassionato di preparazione atletica qualsiasi sport va bene. Di fatti mi chiedono spesso consigli per tutti i tipi di discipline. Chi ha bisogno può contare sui miei consigli».
Sogni nel cassetto?
«Direi di no, lavoro tranquillamente. Ora alleno l’arbitro Cervellera e insieme a lui un altro arbitro di serie B, un assistente, Marco Zappatore. Ora seguirò loro due, poi in futuro si vedrà».
E un auspicio per il futuro?
«Una cosa che mi dispiace della nostra realtà, è che non esistono spazi per giocare destinati ai bambini. Questa è una cosa che sta diventando una piaga sociale. La maggior parte dei bambini ora gioca con giochi elettronici, dove tende a isolarsi. Non c'è più socializzazione e cooperazione tra loro dove in un contesto comportamentale ha una notevole importanza.  Giocando troppo tempo ci sono casi di epilessia, essendo i movimenti dello schermo  molto piccoli, inoltre, anche disturbi percettivi agli occhi e posturali a causa della continua flessione del capo in basso. Vorrei più spazi per i bambini, possibilmente autogestiti da loro. Sarebbe una cosa bella, altrimenti il futuro sarà triste, magari immaginando problemi strutturali. E poi le famose “camminate” degli adulti. Non portano a grandi risultati. Addirittura in alcuni casi la persona ingrassa ancora di più, perché si rompe l’equilibrio tra entrate caloriche alimentari e uscite caloriche da movimento, e poi il soggetto mangia di più soprattutto nei giorni che non fa attività perché l'organismo ha memorizzato un nuovo fabbisogno energetico. Consiglio di munirsi di un cardiofrequenzimetro e lavorare al sessanta percento del massimo teorico, calcolato dalla formula, anche se un po’ approssimativa, 220 - età il risultato al 60%.  Ciò vale a dire che lo strumento va a monitorare il battito cardiaco. Se lavora al di sotto del sessanta percento deve incrementare l’intensità di sforzo. E’ un discorso di adattamento. Dopo tre-quattro giorni che fai sempre la stessa cosa, l’organismo si adatta e quindi abbatte il battito cardiaco, consentendo al lavoro di diventare sempre minore. Un’altra cosa è quella di affidarsi a persone specializzate, come diceva Aristotele “l’empirismo" l'associava all'esperienza pratica dell'individuo e quindi diveniva la "conoscenza di casi particolari", mentre "l’arte" era associata allo studio della teoria e quindi era la  "conoscenza degli universali”. E poi occhio agli attrezzi che si vendono su internet, sono biomeccanicamente sbagliati e dannosi. Non tengono conto delle problematiche dei soggetti, quelli vanno bene solo su un soggetto che non ha grossi problemi»
Ringraziamenti particolari da fare?
«Sì, infine, vorrei ringraziare il mio amico avvocato Barbiero, con il quale c'è stato sempre un sereno continuo confronto e scambi di idee, e due grandi allenatori di Taranto, il mister Angelo Carrano e il mister Domenico Vitti che all'inizio della mia carriera sportiva nel calcio hanno avuto fiducia in me».



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