Il Sindaco di Locorotondo parla dei suoi trascorsi politici («Militavo nel Fronte della Gioventù»), della sua candidatura alla Camera («Non me l’aspettavo), di Gianfranco Chiarelli («Si impegna molto»), e di un passaggio necessario alla Terza Repubblica
«Se l'elettorato è bene informato, perché c'è libertà di parola e di dibattito, il consenso espresso con le schede non rappresenta una somma, ma il risultato di opinioni illuminate».
- Arthur Schlesinger Jr.
E’ interessante l’etimologia della parola “candidato”. Deriva, come praticamente tutto ciò che è costume italiano, dalla tradizione repubblicana di Roma antica. Il candidatus era colui che si presentava al popolo per essere scelto come magistrato (inteso allora come uomo delle istituzioni e non come giudice) ed era d’obbligo per lui indossare, per l’appunto, la toga candida, perfettamente bianca e linda, come sarebbe dovuto essere il candidato stesso, e uso il condizionale perché chi ha la fortuna di amare la storia della Roma di Cicerone sa bene che questo tipo di persone erano rare come mosche bianche, e perdonate l’infelice impiccio linguistico.
Senza divagare oltre su questioni storiche, parliamo del presente perché per le imminenti politiche la Valle d’Itria avrà un altro candidatus proprio, assieme all’avvocato Gianfranco Chiarelli: a vestire la toga candita sarà Tommaso Scatigna, 36 anni, dal 2011 sindaco di Locorotondo («a tempo pieno», come dice lui stesso).
Scatigna è il consigliere più giovane della storia repubblicana: al tempo delle comunali del 1994, firmò la sua prima candidatura come consigliere il giorno stesso del suo diciottesimo compleanno, risultando quindi cronologicamente imbattuto, oltre che il primo degli eletti tra le file di Alleanza Nazionale in quel di Locorotondo. Da quella volta, sempre nell’ambito del comune, ha seguito una carriera in ascesa, risultando sempre il primo tra gli eletti per il partito che fu di Fini, e ricoprendo negli anni le cariche di Assessore, di capogruppo d’opposizione, di Vicesindaco e, per un anno, anche di facente funzione di Sindaco (a causa della dipartita del titolare della carica originario), prima di essere scelto come primo cittadino dai locorotondesi nel 2011.
Il 21 gennaio scorso il Popolo della Libertà lo ha scelto come sedicesimo nella rosa dei quarantuno candidati pugliesi alla Camera. Per la verità, Tommaso Scatigna, poco prima, era stato chiamato a ricoprire un ben più prestigioso quarto posto nella lista Fratelli d’Italia del trio La Russa–Meloni–Crosetto, che il Nostro ha, per coerenza, rifiutato, in quanto, supportato in amministrazione da un gruppo unico riunito sotto il solo simbolo del PdL. Accettare la proposta di Fratelli d’Italia avrebbe minato degli equilibri molto faticosamente raggiunti. Anche per questo, il PdL, nelle persone di Raffaele Fitto e del senatore Francesco Maria Amoruoso (suo riferimento, amico e mentore), ha voluto chiedergli di adoperarsi per una candidatura di servizio. Scatigna, consapevole della responsabilità e dell’onore che gli sono stati attribuiti, non ha rifiutato.
Anche se “di servizio”, una candidatura alla Camera è un riconoscimento non da poco. Come ha accolto la notizia?
«Con stupore!».
La chiamano “candidatura di servizio”, ma Berlusconi è in rimonta. Potrebbe anche essere che la sua candidatura si trasformi in conferma.
«Sì, e questo, a dire il vero, mi preoccupa.»
Addirittura!
«Mi preoccupa perché, non essendo in programma, è qualcosa che comporta una serie di possibilità che mi danno da riflettere. Sono giovane, ho una bambina piccolissima e faccio il Sindaco; un seggio a Roma significherebbe uno stravolgimento non da poco della mia vita, quindi è da ponderare bene. Io non mi faccio nessun tipo di illusioni, e comunque il mio timore più grande è che il centrosinistra possa vincere davvero, soprattutto se si alleasse con la fazione montiana».
Quindi prevale in Lei l’idea che non si vinca?
«L’illusione che non voglio farmi non riguarda la possibile vittoria del PdL, anzi, mancano venti giorni alle urne e già si parla del sorpasso di Berlusconi rispetto alle altre forze. Tutto può succedere. No, non mi illudo riguardo la mia candidatura, anche se, essendo io ancora giovane ed essendo io l’unico candidato del sud-est barese, credo sia per me un grande onore, e posso dire che non mi aspettavo certo un riconoscimento del genere da parte del mio partito».
Quando si lavorava per il riordino province, Martina, Cisternino, Alberobello e la Sua Locorotondo stavano organizzandosi per far fronte comune. Poi il riordino non c’è più stato. Ora, la candidatura di Chiarelli potrebbe corroborare un ritorno all’intesa tra le nostre cittadine?
«Se vogliamo vederla da un solo punto di vista, sì; ha perfettamente ragione, ma mi preme sottolineare che una collaborazione già c’è. La collaborazione tra i paesi della Valle d’Itria è realtà, e con la conferma di Chiarelli come onorevole tale collaborazione sarebbe solo rinforzata ulteriormente. Naturalmente, paesi come il mio, interconnessi a tutti i livelli con Martina Franca, avrebbero tutto da guadagnarci. Comunque il territorio sarà rappresentato e Chiarelli, che in un caso o nell’altro sarà confermato, non sarà solo il rappresentante delle terre ioniche ma anche dell’intero territorio della Valle d’Itria».
E se passasse alla Camera anche Lei, la Valle d’Itria avrebbe addirittura ben due rappresentanti a Roma!
«Sarebbe una forza micidiale! Avrebbero da fare i conti con ben due rappresentanti e non solo con uno. Ma anche se non dovessi andare a Roma, sono certo che Chiarelli, al quale mi lega un rapporto personale e che so essere una persona che si impegna molto, saprà come portare avanti le nostre istanze, come ha sempre fatto anche a livello regionale».
Ecco, a proposito di Regione. In autunno ci potrebbero essere, eventualmente, nuove elezioni per nominare il consiglio a Bari. Tenterebbe la carta delle regionali?
«Credo che se dovesse vincere il centrodestra, Vendola non scioglierà nulla (come ha anche detto lui) e non si andrà a votare prima del 2015. Comunque sia, io valuto sempre le cose prima di farle. Sostenere una campagna elettorale regionale è un impegno oneroso, non da poco. Io sono sindaco di un piccolo comune che esprime una potenzialità elettorale non so fino a che punto utile per essere eletto al consiglio, con i membri ridotti.
Non ho mai perso una campagna elettorale, e questo perché pondero al meglio ogni cosa prima di partire, e la storia ci insegna che se ci si brucia una volta, difficilmente si ha un’ulteriore occasione, tranne in alcuni casi (quando ci sono altri tipi di forze alle spalle). Io so aspettare, e se si verificassero determinate condizioni, se il partito volesse appoggiarmi, accetterei di buon grado».
Da amministratore, ritiene che per la Puglia sarebbe meglio andare alle urne o lasciare che Vendola concluda il suo ciclo?
«Politicamente me lo auguro, ma in questo caso sono di parte. Dal punto di vista personale e come amministratore di Locorotondo, abituato a lottare come sono contro un sistema regionale avverso alle mie posizioni, mi auguro che si cambi. Il nostro territorio è rappresentato male, per due motivi: noi del PdL siamo all’opposizione e non possiamo ottenere quanto otterremmo se fossimo in maggioranza. Secondo, ci sono alcune, non tutte, personalità che dimostrano di non avere per nulla a cuore il proprio territorio.
C’è poi una discriminazione clamorosa nei confronti dei paesi con amministrazioni di centrodestra. Questo lo dico senza vergogna, perché è la verità dei fatti».
Quando l’aderenza al colore politico supera il buon senso?
«La sinistra è caratterizzata da questo. Sin da ragazzino, da quando militavo nel Fronte della Gioventù, ho sempre notato questa loro chiusura. Una chiusura che noi del centrodestra non siamo in grado di imitare. Hanno un’organizzazione molto serrata. Non sono mai numericamente più forti di noi, ma hanno un’organizzazione ferrea».
Alcuni dicono che il centrosinistra odierno abbia ormai solo questo, cioè una rigida organizzazione, ma hanno perso quasi del tutto il legame col territorio.
«Il legame col territorio credo che l’abbiano perso un po’ tutti, a causa di questa legge elettorale. Si pensi che Locorotondo ha un sindaco PdL, ha la maggioranza del PdL, eppure il PdL a Locorotondo non ha una sede e un coordinamento vero e proprio. Sono finiti i tempi del decentramento, delle “sezioni” presso le quali io sono cresciuto. Quella scuola politica, quando passavano anni prima che ti affidassero le chiavi della sede, non esiste più, da noi a destra come per gli altri partiti».
Dopo aver toccato destra e sinistra, passiamo in rassegna gli altri concorrenti, almeno i sei più importanti. Anche perché esaminare tutte le 169 liste che si presenteranno quest’anno ci porterebbe via un bel po’ di tempo. Cominciamo dall’uomo che ha caratterizzato l’anno 2012 in Italia: Monti, il Tecnico che mai sarebbe sceso in politica. La gente avrà buona memoria, questa volta?
«Oh, sì che ce l’avrà! Io fino ad oggi non ho incontrato nessuno che mi ha detto che voterà Monti. Ma io mi scervello: come potrebbe qualcuno votare Monti? Ha distrutto una classe dirigente, quella dell’amministrazione locale, la trincea della politica! Noi amministratori locali siamo spesso oggetto di episodi spiacevoli, anche di aggressioni, e tocchiamo con mano quella che è la povertà, la cittadinanza reale, che non è fatta di numeri e formule».
Ora vediamo Grillo, leader della fazione antipolitica. Il suo Movimento è un fuoco di paglia o un incendio implacabile che ingoierà e rinnoverà quanto di marcio c’è nella politica italiana?
«Grillo otterrà tantissimo da queste elezioni. Otterrà un numero spropositato di parlamentari, ma che non sarà in grado di gestire. Se facciamo una panoramica di coloro che sono i candidati al Parlamento per il M5S, vi troveremmo di tutto, dal nullafacente a chi vive di assistenzialismo. Grillo rappresenta un problema serio, almeno per chi la politica la mastica. Ma imploderà. Faccio un mio pronostico: Grillo prenderà, come minimo, sessanta parlamentari. Questi andranno lì, capiranno come funziona il porcellum – legge elettorale che tutti odiano e che nessuno cambia - e poi sì che avrà da espellere, altro che Favia. Se parli di incendi, è sicuro che prenderà fuoco».
Veniamo a colui che qualcuno ha definito “magistrato rinnegato”: Ingroia.
«Ingroia è un riciclatore dell’Italia dei Valori, che potrebbe prendere anche un bel 5%. Però non dimentichiamo che Di Pietro con l’IdV è arrivato anche intorno al 9%, e oltre. Ecco, è un riciclaggio ridotto dell’Italia dei Valori, tutto a vantaggio del PD. Ingroia rappresenta semplicemente quell’ala di sinistra radicale che non si sente vicina a Bersani che guarda a Monti e che non si sente garantita da Vendola».
Ultimo, e forse ultimo per davvero, Oscar Giannino e il suo Fare per Fermare il Declino.
«Giannino sarebbe stato molto più utile collocato in una coalizione vincente, magari come membro esterno, ma non me lo vedo collocato tra questi giganti, che lo polverizzano già in partenza. Mi è sempre piaciuto Giannino, però credo che abbia fatto un errore, questa volta. Sarebbe stato più utile come membro esterno, al centrodestra come al centrosinistra, perché le sue tesi sono assolutamente indiscutibili».
In conclusione, a febbraio 2013 comincia questa tanto voluta Terza Repubblica? O secondo Lei non si tratta che dell’ennesimo impantanamento nella Seconda?
«E’ dal 2008 che se ne parla. E se non si passa adesso a questa tanto agognata nuova repubblica, ora dopo tutti questi innumerevoli scandali, non ne usciamo più, davvero. Si è parlato di incandidabili, si è parlato di sacrifici, si è parlato di patti con gli italiani… si va alla Terza Repubblica ora, o mai più.»