Può Taranto diventare una delle priorità del governo della Regione Puglia? Si può partire dalle ferite per aprire a nuove opportunità? Evidentemente sì, con l’aiuto di un certo Kant
Mazzarano, il Suo nuovo slogan elettorale cita: “Il futuro è il nostro tempo”. Con un presente dal secondo nome «precario», come si riesce a creare secondo Lei un futuro se non promettente, quantomeno dignitoso?
«La campagna elettorale è anche un momento di elaborazione e di comunicazione del nesso che esiste tra recente passato e futuro prossimo. Non c’è dubbio che passato e futuro si incrocino nell’oggi, nel presente. Il nostro compito è quello di leggere il passato senza indulgenze, tirarne fuori gli errori e le criticità per offrire speranze sul futuro. Un futuro che deve ispirare fiducia, immaginazione del progresso, maggiori opportunità per la mia generazione e per quella di domani. Il futuro dobbiamo sentirlo nostro e lavorare tutti insieme affinché sia concretamente migliore».
In una nota recente Lei ha dichiarato: «Coniugare lavoro e vita è la prova difficile per costruire un nuovo umanesimo della cittadinanza e dell’inclusione». Nell’era dell’egocentrismo promosso dai social, come mai allo stesso tempo, si è esclusi dalla cittadinanza e in cosa la politica può invece essere d’aiuto all’inclusione?
«Il mondo dei social è un mondo virtuale attraverso il quale non è possibile costruire un “nuovo umanesimo della cittadinanza” e nel quale non c’è ampio spazio per “l’inclusione”. La vita reale è tutt’altra cosa. L’inclusione scaturisce dal rapporto umano diretto; dal conoscere quelli che sono i problemi concreti dell’individuo; dal provare a dare risposte tangibili alle istanze di coloro che esprimono un bisogno. L’egocentrismo dei social network, fine a sé stesso, è destinato a perdersi nei meandri della rete».
La litania all’ordine del giorno degli Italiani nei confronti dei politici è: «A casa!». Come si può recuperare ancor prima della fiducia, la disponibilità all’ascolto da parte dei cittadini?
«Prima di avanzare la pretesa di essere ascoltati dai cittadini, è necessario mettersi all’ascolto dei loro problemi, delle loro necessità. Come uomo politico, il mio compito è quello di essere al servizio della gente. È per questo che ho sempre privilegiato un contatto diretto con il mio elettorato e con la cittadinanza. Quando ascolti e parli personalmente con la gente, cambia anche il loro modo di porsi nei confronti della politica».
Qual è il fulcro del vostro programma politico e come può essere riassunto in breve?
«Taranto e l'Ilva sono diventati i principali dossier di cui si occupa il parlamento, il Governo italiano e in prima persona Matteo Renzi. Il banco di prova politico-elettorale di questo momento e dei prossimi cinque anni di legislatura regionale sarà il seguente: può Taranto diventare una delle priorità del governo della Regione Puglia? Si può, secondo il detto latino “ex malo bonum” partire dalle ferite per aprire a nuove opportunità? Io penso che questo sia il significato profondo di una sfida politica-elettorale su cui mi voglio cimentare con tutto il Pd, perché è una prova grande che non può essere giocata da uno solo ma dall'intera comunità di Taranto. I prossimi saranno gli anni delle bonifiche, gli anni in cui bisognerà spendere le risorse per rilanciare il porto, in cui vigilare sul rispetto del cronoprogramma per la costruzione del nuovo mega ospedale San Cataldo. Servirà agire sintonizzati sulla stessa frequenza con il governo nazionale, con il parlamento, il governo regionale e le istituzioni locali. Ma, soprattutto, saranno gli anni della programmazione 2014-2020, il banco di prova su cui ci misureremo; dalle risorse comunitarie e dalla qualità e incisività della spesa potremo lasciare il segno anche per aprire prospettive nuove di sviluppo del nostro territorio. Se andrà avanti il risanamento ambientale della nostra industria parallelamente potranno crescere le potenzialità di altri comparti, perché ci potremo togliere di dosso il marchio di terra dei veleni».
Lei ha affermato: «Il nichilismo come ideologia di massa sta infettando la società civile rendendola sterile e passiva». Come ci si può ridestare secondo Lei, da questo torpore generale, in maniera autonoma o affidandosi a una “guida”?
«Da una parte, credo che l’assenza di autodeterminazione della società civile sia un problema. La cultura della delega ed un approccio troppo assistenziale, che annulla la capacità di critica anche costruttiva, sembrano orami essere la regola. Oggi si eccede nella demonizzazione irrazionale e sconclusionata della politica e dei politici, ma si deficita in proposte, idee, progetti da sottoporre alle istituzioni. D’altro canto, però, sono convinto che la partecipazione vada sollecitata. Ed è compito della politica farlo».
Il premio Nobel per la Letteratura nel 1987, Iosif Brodskij dichiarò: «Non dico di sostituire lo Stato con una biblioteca, ma non c’è dubbio che se noi scegliessimo i nostri governanti sulla base della loro esperienza di lettori e non sulla base dei loro programmi politici, ci sarebbe assai meno sofferenza sulla terra». Concorda con questa visione? E se sì, quali libri e autori l’hanno ispirata nella sua formazione culturale e politica?
«Oggi come oggi, l’esperienza politica non dovrebbe esimere da una buona formazione e preparazione culturale. Mi hanno insegnato che la cultura è uno straordinario veicolo per sapersi orientare. Potrei dirle il "Faust" di Goethe, potrei dirle il "Il giovane Holden" di Salinger o "La politica come professione" di Max Weber, per citare quelli che hanno influito di più sulla mia formazione e crescita politica. E poi tanto di Machiavelli, di Hegel e di Marx. Ed ancora la sorpresa Immanuel Kant, che ha alleggerito il peso del materialismo storico nella mia coscienza. In epoca moderna ho trovato i testi e il pensiero di Zygmunt Bauman una straordinaria bussola di orientamento nei cambiamenti del paradigma politico-filosofico».
Un vero e proprio rastrellamento progressivo delle facoltà umanistiche nella succursale tarantina dell’Università degli Studi di Bari, che è stata per tanti di noi, una conquista al diritto di studiare contenendo costi di vitto e alloggio. Cosa pensa a riguardo? Potrebbe essere un punto da ridiscutere in Assemblea una volta riaffermata la Sua candidatura a Consigliere Regionale?
«Il nostro territorio ha la necessità di un polo universitario con un’offerta formativa diversificata. In questi cinque anni ho lavorato per la salvaguardia del polo universitario di Taranto e per portare nel capoluogo ionico il corso di laurea del Politecnico di Bari in ingegneria aerospaziale. Indirizzo che, grazie agli investimenti nel settore dell’aerospazio all’interno dell’aeroporto di Grottaglie, potranno offrire ampio sbocco occupazionale. È in tal senso che intendo continuare ad operare».
Sempre più di frequente si assiste a opposizioni che vestono più lo sterile colore avverso, che un pensiero libero ed autonomo. Se esiste ancora, come sfrutterà l’intesa con Tamburrano, per il bene della Sua Massafra?
«Spesso si confonde la collaborazione istituzionale per gli interessi del territorio, con il consociativismo. Noi sulle politiche e sulle scelte dell'Amministrazione comunale siamo stati e saremo opposizione semplicemente perché siamo fedeli al mandato ricevuto dagli elettori. Con Tamburrano non c’è alcuna “intesa”. Altra cosa è la necessaria forza che le istituzioni devono dare al proprio territorio. Quando si è trattato, anche in Consiglio Regionale, di difendere gli interessi della mia terra, ho fatto accordi e compromessi con i miei avversari: dalla salvaguardia del polo universitario e del Politecnico di Taranto, al reperimento di risorse finanziarie straordinarie per l'agricoltura, la cultura, l'ambiente, la soluzione di vertenze occupazionali importanti».
Tempo fa Lei Mazzarano, ha preso parte all’impegno per evitare un secondo inceneritore a Massafra, condividendo in qualche modo anche le perplessità del consigliere SEL, Maurizio Baccaro. Il primo inceneritore, lo sappiamo, è sito nel Parco delle Gravine. In che misura continuerete a garantire la tutela del territorio, unita però alla necessità di creare nuove infrastrutture ad esempio?
«Continuo a pensare che Taranto ha bisogno di nuovi investimenti a impatto ambientale zero. Finché non usciremo dal vortice del conflitto lavoro-salute non potremo continuare ad aggravare il carico di emissioni inquinanti. Sono stato, sono e sarò di questo avviso. Io ho una mia visione delle cose, difficilmente mi faccio condizionare da altri. E non mi interessa l'ambientalismo dei giorni pari e l'industrialismo dei giorni dispari. Io provo a pensarla allo steso modo tutti i giorni della settimana».
Il potere del sogno e dell’immaginazione ha portato l’umanità a concretizzare insperati miracoli. Nei Suoi sogni, quale Puglia riesce a vedere?
«Nei miei sogni c'è l'immaginazione dell'uomo che non è più schiavo dei condizionamenti, che non ha più paura del futuro, che chiede un lavoro senza dover essere riconoscente a nessuno. Io ho in mente un nuovo umanesimo del progresso, una nuova civiltà fondata su tutti i principali diritti civili e umani. La fine delle ideologie non può significare la fine della politica innervata dal pensiero.
Senza un pensiero, senza orizzonti ideali, senza una visione, la politica è un noioso esercizio di potere».