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IL LAVAGGIO DEL CERVELLO

Pubblicato da: Categoria: Curiosità

12
OTT
2017

Questa settimana, in risposta ad un lettore, affrontiamo un argomento che sembra ai più lontano e circoscritto.


Gentile dottore, si sente parlare di “lavaggio del cervello”, magari ad opera di persone carismatiche ai danni di persone deboli. Ma esiste davvero questo “lavaggio del cervello”?
Mino

Anni cinquanta: guerra di Corea. Molti soldati americani vennero catturati dalle forze comuniste e fatti prigionieri. Fin qui nulla di nuovo. Fatto sta che, sin dal momento della loro liberazione, tanti testimoni ebbero modo di notare in questi una serie di comportamenti bizzarri. Diversi ex prigionieri, infatti, si professarono ferventi sostenitori del comunismo, tanto da tesserne addirittura le lodi in maniera alquanto rigida e dogmatica, come se fossero non più persone ma «dischi rotti».
Oggi si sa che costoro, già sconvolti dalla prigionia, vennero sottoposti ad un percorso di rieducazione forzata detto “riforma del pensiero”, in quei paesi anche conosciuto sotto il nome eufemistico di xi-nao. Per chi non lo sapesse (!), con tale espressione si designava, sin dal IV secolo a.C., una pratica meditativa che consisteva, come ci suggerisce la stessa etimologia del termine, nella purificazione della mente: un percorso di disapprendimento, propedeutico alla conoscenza della verità… Durante il regime maoista, questa espressione, tipica della cultura cinese, venne mutuata, appunto, per designare qualcosa di “analogo”. Si pensava, infatti, che anche il non-comunista dovesse “purificare la sua mente”, liberarla dalle false credenze, per poi aderire alle grandi “verità” del regime… Xi-nao, purificazione della mente, o anche, in termini più coloriti, brainwashing: lavaggio del cervello, appunto.
Mi duole ammettere che questa pratica esiste per davvero, nel grande così come nel piccolo: i percorsi rieducativi dei regimi totalitari e le odierne psicosette adottano grosso modo le stesse tecniche di plagio mentale, tra le quali figurano: l’isolamento, la debilitazione psicofisica, l’indottrinamento siste­matico, l’intimidazione, la colpevolizzazione e la pressione gruppale. In molti casi tutto questo, per quanto assai elementare e meccanico possa sembrare, funziona. Perché?
Perché il cervello è portato per sua natura ad apprendere, e il lavaggio del cervello altro non sarebbe che un percorso forzato in cui vengono, appunto, fatte apprendere certe cose piuttosto che altre, quindi brutalmente associate, un po’ come negli esperimenti di Pavlov, a ricompense e a punizioni.
L’esito di tale condizionamento consiste in una sorta di identità inautentica, il cui insediamento, più o meno temporaneo, viene oltremodo facilitato da condizioni psicofisiche estreme (dieta dra­stica, lavori estenuanti, deprivazione del sonno etc.), che stressano, abbassano le difese, inducono giocoforza (e in chiunque venga sottoposto!) una franca psicopatologia, sulla quale la nuova pseudoidentità può ben prosperare, a detrimento della persona stessa, che finisce col diventare cognitivamente irrigidita nonché compromessa sul versante emotivo, tanto da regredire spessissimo ad uno stato di dipendenza infantile.
Come ben vedete, il plagio, tutt’oggi, non ha perso affatto il suo significato etimologico: i latini con tale termine designavano il furto di schiavi o la riduzione in schiavitù di un uomo libero. Ovvio: l’odierno asservimento mentale, lungi dal corrispondere sempre al brutale condizionamento, spesso si concretizza in forme assai più blande e molto meno vincolanti, quali la suggestione e la persuasione. In fondo, nessuno può dirsi totalmente libero da influenze. L’importante è che esse non superino un certo limite, dunque che non compromettano significativamente il senso critico e la capacità di autodeterminazione.
Voi, a scanso d’equivoci, diffidate di chi dispensa certezze belle e pronte, bensì apritevi a tutto ciò che fa pensare. Magari con la vostra testa!



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