"Porto sempre Taranto nel mio cuore. Destino amaro!" A quarant’anni da quel tragico momento, la moglie di Erasmo Iacovone ci ha raccontato il suo amore per il campione
Erano altri tempi. Il Taranto militava nel campionato di serie B. Ci riferiamo a quel 77/78, quarant’anni fa. La compagine rossoblu vinceva e, in città, c’era anche chi parlava di serie A. Militavano in questo club tanti calciatori di ottima levatura e, fra loro, il più acclamato dalla folla, Erasmo Iacovone, il bomber. Ogni sua rete era seguita da un boato che echeggiava, addirittura, in città. Iaco, questo il suo nomignolo confezionato dai tifosi, era nelle mire di alcune grandi squadre di serie A, la più decisa ad accaparrasi le gesta di questo campione era la Fiorentina. Aveva già messo a segno 9 reti in quella stagione. Ma il fato aveva deciso ben altro. In una serata che sembrava chiudersi malinconica per Iaco, per non aver fatto gol alla Cremonese, il campione trovò la morte in un incidente stradale sul percorso che porta a San Giorgio Jonico: poco prima dell'una di notte del 6 febbraio 1978. La sua automobile, una Citroen Dyane, fu speronata da un'Alfa 2000 Gt il cui guidatore, un giovane tarantino, tal Marcello Friuli, procedeva a fari spenti perché inseguito dalla polizia, avendo appena rubato la stessa auto. Nell'impatto, Erasmo fu sbalzato fuori dal parabrezza e perse la vita. Non aveva ancora compiuto 26 anni: si era sposato da appena sette mesi; sua moglie Paola era incinta, in attesa di una bambina. I funerali si svolsero il giorno seguente. Alle esequie religiose fece seguito una commemorazione all'interno dello Stadio Salinella, alla presenza dei dirigenti e dei tifosi del Taranto. In ricordo di Iacovone, due giorni appena dopo la sua morte, l’allora presidente Giovanni Fico, volle che lo stadio "Salinella" venisse rinominato e intitolato a suo nome mentre, più recentemente, il 20 ottobre 2002, fu inaugurata una statua nella piazza prospiciente l'impianto sportivo, realizzata dallo scultore Francesco Trani. Paola Raisi, è una splendida donna, l’abbiamo sentita.
Ciao Paola, sappiamo che non è mai facile riportare alla tua mente quei momenti e ti chiediamo scusa in anticipo. Se puoi, ricordaci come hai conosciuto Iaco?
"Il ricordo di Iaco è sempre vivo ma, purtroppo, c'è rimasto poco dei momenti vissuti insieme. Io sono nata e cresciuta in Veneto, dove ho studiato fino all'adolescenza poi, per problemi familiari, sono finita in Emilia, in quel di Carpi. Iaco giocava lì e, quando andò via da Carpi, per trasferirsi al Mantova, essendo molto legato a questo paese di provincia, dove aveva lasciato amici e molti affetti importanti, come la famiglia che lo ospitava (praticamente erano i suoi genitori adottivi), tornava, ogni lunedì, a salutare tutti e a farsi il suo giretto in città e, sistematicamente, passava in azienda da noi per salutare mia sorella e le sue amiche, con le quali aveva stretto amicizia (la sua comitiva, come dite a Taranto). Francamente non lo consideravo molto, avevo altre mire... finché un giorno, una delle nostre maestranze incominciò a parlare con lui. Conquistò anche i miei titolari di lavoro con quella sua simpatia accattivante: fu così che mi accorsi di lui e me ne innamorai piano, piano".
Che amore è stato il vostro?
"Un crescendo giorno dopo giorno! Un ragazzo che ogni volta che lo incontravi, ti arricchiva la vita di affetto, di bene, di considerazione. Lui era Il mio sole, lui era la mia luna. Era la felicità in persona. Il mio grande ed unico amore! Quel ragazzo che seppe colpirmi al cuore, nel profondo del mio cuore!"
Come è stata la tua vita con lui?
"Semplicemente una "Fantastica Favola", per essere stata tanto amata. E con lui ero altrettanto; lui ti tirava fuori l'amore, il bene, non potevi essere diversa... e così anche con gli amici, ecco perché è rimasto nei loro cuori. Come è stata la tua vita senza di lui? "La mia vita senza di lui è stata un abisso! Il vuoto totale! Il deserto nell'anima! Il mio cuore si era fermato insieme a lui: la più grande disperazione che mai più nessuno avrebbe risollevato. Invece, improvvisamente, mi accorsi di avere una forza incredibile: ero incinta del mio Amore. Dovevo far nascere questa creatura che era dentro di me, dovevo portarla alla vita: quindi dovevo stringere i denti e non farmi sopraffare dal dolore, dalla tristezza, dallo sgomento. Era mio compito trasmetterle già la serenità in grembo. Il destino ci aveva colpiti, ma si doveva andare avanti. Perciò non potevo permettermi nemmeno di piangere: pregavo Erasmo affinché mi aiutasse... Gli chiedevo se mi potesse stare vicino ogni giorno, nel mio lungo e difficile compito".
Cosa non hai capito di Taranto?
"Taranto l'ho vissuto troppo poco per poter capire fino in fondo come fosse, ed Erasmo cercava di farmi vedere solo i lati più belli e positivi di questa città che lui amava: si comportava in questo modo forse perché aveva intuito che c'era già allora aria di sofferenza e, per questo, lui voleva ripagarla dandole grandi soddisfazioni e felicità, con le sue imprese”.
Cosa pensi di aver sbagliato nella vita?
"Nella vita penso di aver sbagliato nel rimandare sempre nel tempo, questo mio viaggio di ritorno ma, d'altra parte, Taranto l'ho sempre vissuta come un'illusione. L'illusione che lui fosse rimasto lì con voi, insieme a voi: quindi, inconsciamente, non volevo affrontare questa realtà, perché sapevo che, nel momento in cui sarei tornata, non l'avrei ritrovato... e lì sarebbe crollato tutto, inesorabilmente". Cosa non rifaresti? "Probabilmente nella mia vita rifarei le stesse cose che ho fatto. Certo, col senno di poi, smusserei qualcosa, sia in me stessa, sia nel percorso di vita".
Di cosa ti occupi ora?
"Come dice saggiamente mia nipote Diamante, 'Ora nonna ti occupi di noi, e ti vogliamo tanto bene".
Sei una donna realizzata?
"Dire di essere una donna realizzata è troppo: sono sempre stata una lavoratrice instancabile, per necessità e per passione per il mio lavoro, acquisita naturalmente negli anni. Ho sempre impegnato le mie energie per la mia famiglia e, ancora oggi, non demordo da nulla. Gli affetti sono sempre i valori più importanti. Ero molto giovane, ho passato i miei anni crescendo mia figlia innanzitutto, lavorando, e cercando di tenere dei punti fermi, fondamentali per tutte e due: la mia famiglia e la famiglia di Erasmo, con la quale abbiamo sempre mantenuto un grande rapporto di affetto e stima, e ancora oggi perdura.
Il rapporto con tua figlia Rosy e i tuoi nipoti.
"Con mia figlia c'è un rapporto molto stretto, profondo, insieme abbiamo percorso una strada difficile, fianco a fianco... cuore a cuore. Tra di noi non servono le parole, ci capiamo benissimo e subito. E penso che i suoi fratelli siano un segnale per la vita futura. Siamo tutti molto uniti: ho delle splendide nipotine che adoro ed amo tantissimo: mi riempiono la vita".
Vorresti tornare a Taranto?
"Ma certo che voglio tornare a Taranto! Dopo la bellissima accoglienza avuta in precedenza, voglio tornare perchè oggi mi sento più serena, più libera: finalmente ho affrontato la realtà che temevo tantissimo e mi sono resa conto che Erasmo mi ha accompagnata fino in fondo. Grazie a lui ho ritrovato l'Amore che avevo vissuto nella vostra splendida città! Per tutta la vita: Grazie Erasmo. Con i tifosi tarantini ho vissuto momenti indimenticabili che sono entrati nel mio bagaglio di vita. Non esiste nessuna altra squadra per il mio grande Cuore Rossoblu: mi ritengo una Super-Ultras Tarantina!"
A Taranto sei venuta solo in due occasioni.
"Ripeto, mi piacerebbe tornare a Taranto, addirittura a viverci. Con la serenità e la pace dell'anima acquisita oggi, dopo tutte le mie sofferenze elaborate, con un unico scopo: mi piacerebbe molto poter aiutare questa città, questa gente, a farla uscire dall'incubo che sta vivendo da diversi anni. Fare giustizia e dare una giusta dimensione a tutto, nell'onestà e nella coerenza. E per questo... Forza Taranto! Non mollare mai. Noi vi siamo vicini (intendo Erasmo, io e mia figlia Rosy). Con immenso amore, con tutto il mio cuore, Paola Raisi Iacovone".