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La festa è finita (menomale)

Pubblicato da: Categoria: ATTUALITA'

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LUG
2013
Lasciamo che il Santo non venga dimenticato o gabbato. Pregatelo. Anche a testa in giù sul Ranger. Sennò che razza di festa patronale è? 
 
Qualcuno anni addietro inventò un motto (con spirito ironico e farsesco): “finita la festa gabbato lo santo”. Il sintagma riferiva di una fede di comodo; di quelle che una volta ottenuto quello che ci serve,  arrivederci e grazie. Per intenderci: le persone che pregano Dio quando hanno bisogno di qualcosa e una volta ottenuta, si dimenticano e non lo pensano più.
Traslato il motto nel locale festeggiamento del patrono, diremmo che la sostanza non cambia. San Martino è il protettore dei poveri e della città (che di poveri ne ha parecchi) e che comunque, nell’immaginario giovanile, ha una tradizione che mette i giostrai in primo piano rispetto ai festeggiamenti religiosi.  Il problema (o i tanti problemi) è che una volta ottenuto quel che ci serve (ovvero il casino, o “movida estemporanea”, o ancora: la “tre giorni” di schiamazzo o chiamatela come volete) si dimentica la mole di problemi che tale “rave” ludico, discotecaro e gastronomico (più che altro riferito ai venditori di cibo “dubbio”) lascia dietro di sé. A me la faccenda ha ricordato una sorta di antropologico “morso della tarantola” di quel De Martino, studioso che attribuiva l’agitarsi delle tarantolate alla voglia di dimenticatoio provvisorio dove gettare i problemi quotidiani che ci affliggono. E i martinesi (cappero!) su ‘sta cosa si sono sbizzarriti; divisi in due tronconi: “Sifieristi” e “Nofieristi”. Si sono guardati di sbieco (su facebook, sennò dove?) manco fossero Montecchi e Capuleti, Krumiri e Pipistrelli, Orazi e Curiazi, Israeliani e Palestinesi. Chi ammorbava con l’intercalare “e dai! tanto sono solo tre giorni!” e chi invece accostava il rave giostresco all’Apocalisse di Giovanni. Facebook è stato un via vai di commenti, post, foto, punti esclamativi, interrogativi, richiami alle forze dell’ordine, alla  civiltà (esistente?). Insomma: tutti chiamavano tutti e tutto. Tutti chiedevano, pochi rispondevano. 
E’ da ammettere che rispetto all’anno scorso vi sono stati tentativi decisi di arginare il folklore “casinaro” che caratterizza solitamente questa festa (!). I bagni pubblici c’erano. Ma qualcuno comunque preferisce sempre il tiro a segno contro i muri dei palazzi. Eppoi vigili urbani che hanno berciato un po’ troppo negli orecchi dei senegalesi e un po’ meno in quelli dei venditori di salsicce. Quelle salsicce che definisco “bò” (il “bò” è appunto un interrogativo riguardo ai contenuti del commestibile) con camion che hanno abusato davvero in termini di educazione personale, spazio occupato, decibel, grasso per terra, piscio di fianco ai condomini – attenzione! non sui condomini ma ai lati dei palazzi…) si vedevano un po’ qua e là. Tanto per. 
I  Carabinieri poco e niente. I poliziotti manco a pensarli: qualche condomino indomito, un po’ “braveheart”, un po’ Van Damme, ha addirittura inveito contro taluni di questi, ma l’esito è stato K.O. in termini pratici: “o ti tieni la caciara, l’olezzo e il clima da suburra sonora per tre giorni, o vattene al trullo, se ce l’hai”. 
Ora, ai cittadini scoccia che qualcuno tiri fuori carte sul decoro urbano, regolamenti vari e modalità incomprensibili di assegnare proprio quei punti cruciali a questi paninari e giostrai. La gente non vuole leggersi gli articoli e capire i commi. No. 
La gente guarda la tv e si ricorda perfettamente di quel furgone al mercato di Guastalla, in provincia di Reggio Emilia, lo scorso 3 marzo, dove tre donne sono morte (e altre undici ferite) per colpa di un incendio all'interno di un furgone adibito a rosticceria ambulante all’interno della quale sono esplose le bombole di gas che permettevano la cottura del cibo all'interno del mezzo. Sì. Quell’esplosione che coinvolse anche un condominio, mettendo a repentaglio la sicurezza dei cittadini.  Be’, quei furgoni che vendevano hot dog e allegre merende, nel nostro “paesino” (chiamiamolo paesino, vabbè), in pieno centro, erano pieni di bombole a gas. Per cui: si attende il morto? E forse qualche sostenitore del “tre giorni che vuoi che siano” cambierà opinione se l’anno prossimo non si decide sul serio di spostare il rave altrove, lasciando che il Santo si celebri e invitando i cittadini a pregare di più. Non importa dove, a Ortolini, al Pergolo o dove Cristo perse il copricapo. E’ pur vero che la Tradeco il martedì pomeriggio ha subito provveduto a pulire. Ma il mercoledì c’era il mercato. Eppoi di nuovo a pulire. Mamma mia che paese pulito! Mi si permetta un altro motto meno “fine” di quello citato su: il maiale disse “la pulizia è pulizia”. Ci si sporca, si pulisce. Poi ci si ruzzola ancora, poi si pulisce. E torniamo al “bò”. Cioè al significato di tutto questo, al motivo. Speriamo se lo chiedano in consiglio il 14 luglio (hanno detto così?). 
 
 
 
 
 
 


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