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Palma Fedele/Questione di volontà

Pubblicato da: Categoria: ATTUALITA'

21
SET
2012

 

Uno stile di vita sano e una buona prevenzione possono rivelarsi dei validi alleati nella lotta contro il tumore, un male sempre  più facile da sconfiggere per le donne: il Primario di Oncologia dell’ospedale Perrino di Brindisi ci spiega tutto ciò che c’è da fare e da sapere, in questi casi
 
Che negli ultimi anni la scienza abbia fatto passi da gigante non è di certo una novità: il connubio tra la medicina e la tecnologia ha segnato tappe fondamentali in grado di stravolgere la vita dell’uomo e così ciò che prima non era nemmeno immaginabile adesso è possibile grazie a tecniche nuove, sofisticate e a una chirurgia mini-invasiva che lascia giusto una piccola impronta. 
E se la scienza cammina sempre protesa verso il futuro, alla ricerca di una nuova vittoria nella perenne sfida contro i limiti imposti al genere umano, qualche volta accade che venga arrestata da brusche frenate inevitabili. Attualmente uno dei mali più diffusi che spesso si oppone al progresso della medicina è rappresentato dal tumore, che a seconda di come lo si chiami (cancro, carcinoma, neoplasia) evoca una verità agghiacciante e distruttiva. Nelle forme più gravi è molto difficile da debellare, ma se colto in tempo ci sono buone probabilità di sconfitta. A spiegarcelo è la dott.ssa Palma Fedele, primario del reparto di Oncologia dell’ospedale Perrino di Brindisi, preziosa eccellenza martinese e non solo. Il suo è un curriculum di tutto rispetto, pieno di studi, passione e dedizione che ancora oggi la spingono a migliorare costantemente la sua formazione professionale, traboccante di conoscenze e tanta preparazione che emergono spedite per rispondere a qualsiasi domanda.
Dott.ssa Fedele dove ha avuto luogo la sua formazione professionale?
«Ho studiato medicina all’Università Cattolica di Roma e qui mi sono anche specializzata in oncologia mentre lavoravo al Policlinico Gemelli di Roma. Dopo aver concluso gli studi ho svolto un master in senologia presso l’Istituto Europeo di Oncologia diretto dal Prof. Umberto Veronesi, a Milano, e dopo qualche mese mi sono trasferita all’ospedale di Vicenza dove sono stata per tre anni; dopodichè ho ritenuto fosse arrivato il momento di tornare nella mia regione in Puglia e rientrata a casa ho iniziato a lavorare presso l’ospedale Perrino di Brindisi, perché mi sembrava la struttura più completa per il tipo di studi condotti, infatti sono qui da dieci anni e attualmente ricopro il ruolo di primario del reparto di oncologia. È da circa cinque anni che anche Brindisi si è creata un’equipe  di oncologia di alto rilievo, ma ciò che più mi piace è che ci sia un continuo scambio di esperienze, attraverso una costante condivisione dei protocolli con l’Istituto Europeo, e che ci sia molta ricerca: essenziale per riportare nella pratica clinica, tutte le informazioni ricavate attraverso lo studio in laboratorio».
Ha fatto riferimento all’importanza degli studi in laboratorio: nel campo oncologico ci sono delle novità a proposito dei trattamenti terapeutici?
«Negli ultimi anni c’è stata una vera e propria rivoluzione dei trattamenti oncologici che ha visto il passaggio da terapie invasive come la chemio a ‘terapie biologiche’: si tratta di farmaci intelligenti, costituiti da vaccini che selezionano le cellule tumorali risparmiando le cellule sane e questo permette un guadagno in termini di tossicità, evitando tutta quella serie di effetti collaterali associati a trattamenti invasivi, che vanno dalla caduta dei capelli fino all’abbassamento delle difese immunitarie. Uno dei settori in cui la ricerca è sempre molto avanzata è quello della senologia, infatti per quanto riguarda il carcinoma mammario ci sono parecchi farmaci biologici che vengono utilizzati nella pratica clinica e che sicuramente saranno più diffusi in futuro».
Qual è l’insegnamento più importante che ha appreso in tutti questi anni di studio?
«Sono stati anni fondamentali perché ho studiato e appreso molto, ma una delle cose più importanti che ho imparato per il mio mestiere è quella di mantenere sempre un rapporto molto stretto col paziente. A proposito di questo, recentemente è stato condotto uno studio che rivela come il paziente riesca a tollerare meglio i trattamenti e le varie fasi della malattia, se il medico che lo segue ha un buon rapporto empatico con lui e questo è molto importante: il paziente non deve mai sentirsi come un numero o un malato qualsiasi, ma è giusto che il medico condivida la sua malattia e facciano un percorso insieme. L’oncologia è una branca della medicina molto particolare, perciò bisogna tenersi sempre pronti a sostenere equilibri precari e dinamiche psicologiche molto complesse, non va curato solo il cancro, ma è necessario creare un buon feeling col paziente e i familiari, in modo tale da alleggerire la pesantezza dei trattamenti. In queste situazioni è molto importante un supporto psicologico, infatti, è sempre più frequente trovare la figura di uno psicologo nelle unità oncologiche, perché il loro aiuto può motivare di più il paziente verso i trattamenti da seguire».
Attualmente il tumore rappresenta una delle prime cause di morte, ma quali sono le cause più frequenti che possono determinarlo?
«Per quanto riguarda il tumore alla mammella, c’è un incremento di nuovi casi all’anno, circa 35 mila, ma fortunatamente c’è anche una riduzione della mortalità, questo per due motivi: innanzitutto perché c’è maggiore attenzione per la prevenzione e poi perché ci sono nuove terapie più efficaci rispetto al passato, in grado di allungare significativamente la vita del malato. C’è sicuramente una maggiore incidenza di tutte le patologie oncologiche dovute a uno stile di vita scorretto: fumo, dieta e sedentarietà. Di recente abbiamo condotto uno studio che dimostra come l’obesità possa essere la causa di una prognosi peggiore, perché scatena meccanismi biologici che possono portare diversi tipi di manifestazioni oncologiche del colon, della prostata e della mammella. Abbiamo anche rilevato che la paziente obesa con tumore alla mammella che aumenta di peso durante il trattamento, ha un rischio maggiore di recidiva della malattia, rispetto a chi non aumenta il suo peso. Per quanto riguarda la mia esperienza, tendo a fare spesso terrorismo psicologico sul peso, perché dobbiamo stare attenti all’alimentazione e fare continuamente attività fisica».
Quindi è bene che ognuno adotti uno stile di vita sano e regolare, però ci sono anche fattori
genetici contro i quali non si può fare nulla.
«Sì, i fattori genetici non sono prevenibili, però c’è una parte dell’oncologia che si occupa di screening genetici, per cui è possibile, attraverso un’analisi del Dna, verificare se si è predisposti a un determinato tipo di tumore: si studia la presenza di alcuni geni particolari e nelle ipotesi peggiori si procede con dei trattamenti  preventivi, addirittura negli Stati Uniti, alcune donne possono fare un intervento chirurgico profilattico, quindi tolgono il seno per evitare eventuali tumori».
Quali sono, invece, le forme tumorali più diffuse?
«Per le donne e gli uomini il cancro più diffuso è quello che riguarda il colon retto. In passato il tumore ai polmoni era più incidente nell’uomo, invece adesso con lo sviluppo della tendenza al fumo nelle donne, questo tumore è molto diffuso anche per il sesso femminile. Il mesotelioma pleurico rappresenta la prima causa di morte e questo perché si tratta di un tumore subdolo che viene diagnosticato in fase avanzata, perché non ci sono molte tecniche per la diagnosi precoce, perciò quando si scopre questo male, il più delle volte presenta delle metastasi e in quei casi ci sono poche possibilità di guarigione».
Trattando nello specifico del carcinoma mammario, questo può essere legato ai cambiamenti fisiologici che caratterizzano la vita ormonale di ogni donna?
«Sì, molto spesso il tumore alla mammella dipende anche dalla storia ormonale della donna, perciò aver avuto un menarca precocemente e una menopausa tardiva, allunga l’intervallo in cui la ghiandola mammaria è esposta all’attività degli estrogeni e siccome gli estrogeni sono degli ormoni che provocano la proliferazione delle cellule, un’alta concentrazione di estrogeni comporta un’alta crescita cellulare e quindi aumenta il rischio del tumore. Però il cancro alla mammella non è una malattia causa-effetto, ma è multifattoriale: si dice che chi non ha mai avuto figli è più a rischio, perché con la gravidanza e l’allattamento si interrompe un po’ questo processo di stimolazione continua degli ormoni sulle ghiandole, perciò si interrompe anche questo processo di cancerogenesi; spesso si ritiene che una gravidanza prima dei trent’anni, possa essere protettiva, però ci tengo a ribadire che non c’è sempre una relazione causa-effetto, ma bisogna considerare diversi fattori».
Per una buona prevenzione quali sono gli esami più indicati da svolgere?
«Per il tumore alla mammella non è cambiato nulla negli ultimi anni: la mammografia e l’ecografia erano considerate due tecniche diagnostiche primarie in passato, e lo sono anche adesso. Purtroppo le tecniche diagnostiche di nuova generazione come la risonanza magnetica nucleare o tecniche più nuove come l’ecografia con mezzo di contrasto non hanno cambiato nulla».
Alle donne viene spesso consigliata l’autopalpazione: questa pratica in cosa può rivelarsi utile?
«La palpazione la consiglio per conoscere meglio la struttura del proprio seno e poter individuare eventuali alterazioni della morfologia come dei noduli oppure qualche sintomo sospetto sulla cute, per i quali è bene rivolgersi subito a un medico. Solitamente consiglio di fare l’autopalpazione una volta al mese lontano dal ciclo mestruale, perché in questo modo il seno è più apprezzabile, però la palpazione non fa prevenzione, infatti, con le mani di solito si sente almeno un centimetro, mentre con le tecniche diagnostiche riusciamo a scorgere anche 5 mm e in quel caso si ha una diagnosi precoce, perché più piccolo è il nodulo, più sono le possibilità di guarigione».
Nel caso di un tumore al seno già abbastanza avanzato, dove è più probabile che si sviluppino eventuali metastasi?
«In genere le metastasi del tumore alla mammella si sviluppano in corrispondenza dello scheletro, del fegato e del cervello, perciò tutti i sintomi che sono correlati a questi organi, come per esempio
dolori ossei o alla spalla possono essere dei segnali, anche se adesso per lo sviluppo di una buona
educazione alla prevenzione non si arriva a questi stadi così avanzati. Quando ero al Policlinico  Gemelli la maggior parte delle donne arrivava in queste condizioni».
Recentemente ha destato scalpore il caso francese delle ‘protesi Pip’ realizzate con materiali nocivi e impiantate in donne che avevano richiesto una mastoplastica additiva: ci sono rischi maggiori per chi intraprende questo tipo di intervento estetico?
«A parte questo episodio delle protesi francesi, penso che la presenza di una protesi mammaria non dovrebbe favorire un fattore di rischio, naturalmente le donne che seguono questo intervento additivo estetico devono seguire un programma di screening preventivo come tutte le altre, così come chi prende la pillola contraccettiva e chi fa uso di sostanze ormonali per combattere la menopausa: sono tutte prestazioni che possono predisporre per un tumore al seno, ma con un ecografia all’anno si dovrebbe almeno cercare di compensare questo rischio. Negli studi clinici il tempo consigliato tra una mammografia e l’altra è di un anno, anche se è possibile che in questo intervallo di tempo si sviluppi un tumore, il cosiddetto cancro di intervallo. Ovviamente se i controlli vengono eseguiti regolarmente, è sempre meglio trovare un tumore a pochi mesi dall’ultima ecografia, che scoprirne uno a cinque anni di distanza, perché in quel caso saremmo in uno stato di malattia avanzata».
Scoprire di avere un tumore non è molto semplice e in situazioni più complicate pur di aggrapparsi fino all’ultima speranza di vita si tenterebbe di tutto, purtroppo però c’è chi si approfitta di queste debolezze, come sedicenti guaritori che propongono soluzioni e riti miracolosi: il caso più recente riguarda un prodigioso veleno di scorpione, Lei cosa consiglia ai suoi pazienti?
«Abbiamo assistito a una serie di rimedi che non sono assolutamente di pertinenza medica fino al più recente veleno di scorpione: la gente andava prima a Cuba e poi riusciva a procurarselo anche in Albania. Solitamente non sono molto favorevole a queste terapie empiriche prive di nessun tipo di base  razionale e non approvate da nessun test clinico, anche perché prima ribadivo quanto fosse importante una relazione tra la ricerca in laboratorio e la pratica clinica, perciò se manca questa interazione non  posso condividere la certezza di questi rimedi. Il paziente dal punto di vista della sua malattia può anche decidere di ricorrere a queste alternative, però io devo sempre consigliare quello che secondo me è più corretto».
Dott.ssa dopo questa lezione di vita e di medicina, sveli ai lettori di Extra come fa a districarsi tra i suoi mille impegni e a occuparsi contemporaneamente della sua famiglia e a quanto pare anche di una dolce attesa!
«Ride( N.d.R.) Non è facile dedicarsi al lavoro e fare le cose con competenza e dedizione, perché ci vuole tanto sacrificio, ma l’importante è avere sempre una forte motivazione e tanta volontà in quello che si fa. Quasi sempre il lavoro arriva a casa, ma anche in quel caso basta organizzarsi con i tempi, ridurre un po’ le ore della vita mondana e magari mentre la famiglia fa altro, concentrarsi di più sullo studio, alla fine si riesce a fare tutto». 
 



Commenti:

ANGELO 21/SET/2012

IL PRIMARIO DEL REPARTO DI ONCOLOGIA DELL'OSPEDALE PERRINI DI BRINDISI E' IL DOTTOR SAVERIO CINIERI E NON LA DOTTORESSA PALMA FEDELE.

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