Dall’inizio dell’anno accademico la Facoltà di Scienze Infermieristiche è a rischio chiusura, ma pur ricevendo garanzie e consolazioni dal sindaco Stefàno, le difficoltà a cui far fronte sono imperanti e le istituzioni distanti
Se qualcuno pensa che sia finita nel dimenticatoio si sbaglia alla grande, visto che gli studenti, attraverso le loro forze e competenze, stanno portando avanti la questione dell’Università di Scienze Infermieristiche a Taranto, sospesa tra chiusura oppure no e tante altre problematiche. Antonio Carnazza, classe ‘89, nonché studente della facoltà in questione, ci racconta gli sviluppi e le speranze sue e dei suoi colleghi.
Parlami di ciò che sta coinvolgendo la facoltà di scienze infermieristiche a Taranto. Si paventava la chiusura, ma il sindaco l’ha esclusa. Cosa sta succedendo ora?
«Per quanto riguarda non solo la facoltà di Infermieristica, ma tutto il blocco delle professioni sanitarie presenti sul territorio tarantino (Fisioterapia e TPA- tecnico della prevenzione nell’ambiente dei luoghi di lavoro) le voci che corrono sono discordanti. Le istituzioni rassicurano noi studenti sull’infondatezza della possibilità di chiudere la sede, mentre se guardiamo i termini minimi previsti per la partenza di un corso di laurea per le sedi distaccate, Taranto non rientra trai criteri minimi presunti, per cui tecnicamente i suddetti corsi di laurea non possono ancora partire, non essendo presente il numero minimo di docenti universitari. Come sempre la virtù sta nel mezzo e la vicenda ha origini lontane. Un giudice arbitro nel 2012 ha stabilito che i docenti non percepivano l’adeguata retribuzione (a partire dal 1/1/2000), ragion per cui da quel momento in poi l’Amministrazione universitaria avrebbe dovuto reintegrare gli stipendi percepiti fino a quel momento e adeguare i contratti per gli anni a venire. Tutto ciò non è stato fatto, in più, i docenti provenienti da Bari che dovrebbero ricevere un rimborso spese per la “trasferta”, non lo hanno quasi mai percepito (risultanze emerse dalla prima assemblea pubblica tra docenti, studenti e autorità svoltosi presso l’attuale sede delle professioni sanitarie Polo Jonico, sito nella stessa struttura del politecnico nel quartiere Paolo VI di Taranto). Da ciò l’indisponibilità dei docenti di continuare il loro servizio nella nostra sede fino a quando questo problema non verrà risolto».
Quanto tempo fa è sorta la facoltà come indipendente da quella di Bari? Ci sono stati dei problemi sin dall’inizio?
«Le professioni sanitarie a Taranto hanno avuto un percorso tortuoso che solo grazie al lavoro incessante del presidente, dei coordinatori, dei tutor, dei docenti stessi e degli studenti, ha trovato una stabilità invidiata dalle altre sedi, in quanto si è lavorato per potenziare e migliorare il tirocinio: si è trovata una sede dignitosa dopo varie collocazioni indegne per un qualsiasi corso di laurea, tanto da arrivare a pensare a un potenziamento della stessa sede tarantina. Questo problema ha tarpato le ali a quello che era e resta un progetto ambizioso e concreto nei confronti della nostra sede e del nostro territorio, che in termini di sanità merita le dovute attenzioni e competenze».
Se continuerà il suo percorso, l’Università di Taranto può considerarsi di serie B? Aspettative?
«Il rischio che si corre è quello di avere un corso di laurea di serie B, svalutato e non di qualità, pur di far rimanere attiva la sede, ed è quello che noi studenti non vogliamo. L’aspettativa è quella di puntare in alto con una proposta formativa adeguata in termini di docenti e lezioni. Tutto ciò è ovvio che non si possa ottenere senza uno sblocco della situazione amministrativa sopra citata».
Quali sono i nuovi sviluppi? Ci sono state una serie di proteste e adesso, qual è la situazione?
«Dopo varie riunioni pubbliche convocate dai docenti, manifestazioni organizzate dagli studenti (associazione studenti in primis) per avere dei primi incontri con le istituzioni universitarie e proroghe di vario genere, si aspetta di sapere la risposta dal Ministero Economia e Finanze sulla vicenda, (i fondi ci sono ma vanno sbloccati, mentre quelli che erano già stati sbloccati sono serviti non per la questione docenti, ai quali in realtà sarebbero dovuti essere destinati, ma per il bilancio universitario ). Per ora sono partiti i terzi anni dei corsi di laurea delle professioni sanitarie, mentre si aspetta questa scadenza per gli altri corsi (rimane comunque la questione docenti che ad oggi ancora non permette di avere i requisiti minimi né la certezza dello svolgimento di tutte le lezioni). Le scadenze incombono e le risposte tardano ad arrivare per cui il rischio di poter perdere questi corsi resta ancora vivo, anche se nei giorni scorsi informavano della partenza di tutti i corsi di laurea, noi ancora non abbiamo riscontri di questo ma è molto probabile che sia così».
Le istituzioni cosa stanno facendo? Solo il Comune è stato interpellato?
«Sono state interpellate tutte le istituzioni competenti a più livelli. La questione è comunque amministrativa, ma concretamente per ora non stiamo riscontrando grande partecipazione da parte delle istituzioni, al di là di poche eccezioni; a tal proposito il 20 novembre si è tenuta l'assemblea presieduta dal Preside Professor Livrea e dal Comitato di Rappresentanza dei Docenti e degli Studenti, alla quale sono state invitate le autorità amministrative dell'Ateneo e le autorità politiche locali e regionali, per discutere circa i problemi, ancora irrisolti, della sede delle Professioni Sanitarie del Polo Jonico.
Lo scopo era quello di trovare delle soluzioni concrete, immediate e soprattutto durature per l'attivazione dei primi e dei secondi anni dei tre corsi di laurea e l'auspicio era quello che fossero presenti i rappresentanti della politica invitati.
Dei sopra citati l'unica a presentarsi è stata la Consigliera Regionale Dott.ssa Anna Rita Lemma. Purtroppo, come prevedibile, si è parlato a lungo di fatti già noti senza arrivare però a nulla di concreto.
Sono previsti nel frattempo, incontri tra la Rappresentanza Accademica e il Governo Regionale per arrivare a una conclusione.
La speranza di tutti è quella di ottimizzare i tempi per l'attivazione dei corsi di laurea tarantini. L’ augurio è quello che tutti insieme (studenti, docenti, amministrazione universitaria, Asl e classe politica) remino nella stessa direzione e si possa raggiungere quello che a rigor di logica dovrebbe essere l’obiettivo comune per far risollevare la situazione universitaria nel nostro territorio (secondo uno studio del Sole 24 ore risalente a Giugno 2014 Bari tra le università statali è al 52esimo posto su 60) e non lasciare che in particolare Taranto perda un’altra importante risorsa per il suo territorio già falcidiato da annose vicende».