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Fiat Melfi/ Non chiamatele assunzioni

Pubblicato da: Categoria: ATTUALITA'

30
GEN
2015
Zaino in spalla, alcuni arrivano anche dalla Puglia. Ma questi operai, contrattualizzati a tempo, hanno firmato con l’agenzia interinale, non con Fiat
 
 
In questi giorni la notizia è su tutti i giornali: “Fiat assume 300 operai”. L’annuncio era già trapelato poche settimane fa, esattamente il 12 gennaio: “1.500 assunzioni in Fiat”, si era detto. Già, perché a quanto dice l’azienda automobilistica guidata da Sergio Marchionne, tanti sono gli operai che serviranno per produrre i nuovi modelli (i due mini suv: la Jeep Renegade e la 500 XL, da esportare poi nel Nord America).
Lo scorso 19 gennaio il primo passo, con 300 giovani operai che nello stabilimento Fiat di Melfi (una volta Sata e ora Fca: Fiat Chrysler Automobili) hanno varcato l'ingresso C della fabbrica Lucana. Alcuni, molto giovani (hanno fra i 19 e i 29 anni), erano accompagnati dai genitori, un po' come se fosse il primo giorno di scuola. Molti sono arrivati dai diversi paesi della Basilicata, molti anche dalla Puglia.
Nello stabilimento si respira un clima di festa. Molti dei nuovi assunti hanno lo zainetto in spalla, quasi tutti sono sorridenti.
Nella loro prima settimana di lavoro i trecento nuovi assunti hanno seguito un corso di formazione e da qualche giorno sono passati sulla linea di produzione.
Un bel quadro, non c’è che dire. Che è stato ripreso a ruota dalla maggior parte dei giornali. Peccato che di vero, in questa immagine, ci sia solo l’entusiasmo di chi spera di aver messo fine alla disperata ricerca del lavoro. Ma non le assunzioni. Da quando si chiamano “assunzioni” dei contratti a termine della durata di 6 mesi? E stipulati con le quattro agenzie interinali con sede a Melfi individuate dalla Fca: Gi-Group, Manpower, Adecco ed Etjca (viale Aldo Moro), non con Fiat. Ovvero: lavoratori somministrati. Da quando chiamiamo assunzioni i lavoratori che firmano il contratto con l’agenzia interinale? Di cosa stiamo parlando, allora? Di ragazzi diplomati a cui è stato offerto un contratto di sei mesi che poi, forse, potrebbe essere prolungato. “Una volta stabilizzati i volumi produttivi”, ha spiegato Fiat, “Alle persone inizialmente inserite con contratto interinale potrà essere proposto il nuovo contratto a tutele crescenti, attualmente in via di definitiva approvazione”. Insomma, dopo questo contratto determinato di sei mesi forse l’assunzione col nuovo contratto a tutele crescenti di Matteo Renzi. Che per ora ancora non esiste, in assenza dei decreti attuativi.
Questo è il lavoro somministrato, comunemente conosciuto anche come interinale. Come funziona? Il lavoratore viene assunto dall’agenzia interinale. Questa, a sua volta, “vende” a un’azienda utilizzatrice il lavoratore, la sua prestazione. Ci sono due contratti quindi: ma quello che coinvolge Fiat riguarda l’agenzia interinale, non il lavoratore.
È l’agenzia interinale, tecnicamente, a pagare il lavoratore, non Fiat. L’agenzia interinale, ad occuparsi di mandare a casa la persona allo scadere del contratto a termine. Non Fiat. Qualcuno dirà: “Ma l’azienda ha bisogno di vedere se il fatturato aumenta, se la crisi passa, se la produzione potrà rimanere invariata”. Oppure: “L’azienda ha bisogno di vedere che il lavoratore è capace prima di assumerlo”. Non è esattamente così. Fiat avrebbe potuto assumere queste persone con un contratto di apprendistato, che esiste appositamente per formare e valutare il lavoratore per tre anni, senza poi avere l’obbligo all’assunzione. E anche questo contratto beneficia di forti sgravi fiscali per l’azienda. Oppure, Fiat avrebbe potuto fare i contratti a tempo direttamente ai lavoratori, anziché attraverso agenzia interinale.
Ma ci sono altre cose da valutare alla luce del clamore che saluta questo grande avvenimento. Ci sarebbe da dire che dal febbraio 2011 gli operai dello stabilimento sono stati in cassa integrazione (e sono circa 5.000). Ci sarebbe da dire che le aziende dell’indotto una volta occupavano 2.000 persone, ma sono state duramente colpite. Ci sarebbe da dire dell’Itca, la lastratura dell’azienda dove furono trasferiti, fra i tanti, alcuni operai con problemi di salute e iscritti (o simpatizzanti) Fiom. Poi l’Itca è stata trasferita come ramo d’azienda: ora si chiama Pmc e non fa più parte di Fiat. E con lei i lavoratori lì trasferiti, circa 200.
Ci sarebbe, poi, da ricordare quella vicenda durata anni dei tre operai – Giovanni Barozzino, Antonio Lamorte, Marco Pignatelli – iscritti alla Fiom licenziati per “sabotaggio” durante uno sciopero a cui erano presenti tutte le sigle sindacali. Nel 2013 la sentenza di Cassazione ha obbligato Fiat a reintegrarli.
Ora un problema come quello dei tre operai non c’è più. Gli operai li assume – per sei mesi – l’agenzia interinale. E va bene così, è bello vedere dei giovani che trovano da lavorare. È un’ottima notizia anche l’aumento della produzione, così come il ritiro della cassa integrazione per tutti i 5.000 operai Fiat dello stabilimento. Va bene tutto. Solo, non chiamatele “assunzioni”.
 
 


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