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Non è questa l´Europa che si aspettavano

Pubblicato da: Categoria: ATTUALITA'

3
NOV
2016
Storie d’integrazione e di disintegrazione. Il sistema di accoglienza targato Italia, nonostante i passi avanti degli ultimi anni, è ancora segnato da una gestione emergenziale, poco trasparente e il più delle volte inefficace, senza contare le proteste dei cittadini. Questo accade perché l’immigrazione è vista come un costo e un problema, invece che come una risorsa
 
 
Immedesimarsi: partecipare emotivamente alle condizioni di una persona, identificarsi con qualcuno.
In teatro, nel cinema, la bravura degli attori si misura proprio nel sapersi immedesimare nel personaggio che ci si appresta a rappresentare. Nella vita reale, molti interpretano il ruolo di altri ma pochi partecipano emotivamente alle condizioni di qualcuno. O meglio, si fa solo per chi vive una situazione positiva, per chi, almeno apparentemente, è sereno, magari provando anche una leggera invidia. La stessa sensazione che si può percepire leggendo un romanzo o guardando un film accomunati da una conclusione felice. 
Una reazione umana comprensibile.
La vita, però, non è sempre un racconto felice. A volte può esserlo il suo epilogo ma, spesso, il suo corso è disseminato di difficoltà e imprevisti e, proprio in queste situazioni, è davvero improbabile che qualcuno s’immedesimi nei problemi e nei drammi altrui.
Eppure, la comprensione è profonda solo con l’immedesimazione. Non è certo necessario vivere le stesse problematiche per capirle ma ci si può immedesimare avendone un’immagine più nitida.
In epoche di grave disagio sociale, come quella attuale, è difficile pensare che ci si possa traslare nella vita altrui e, spesso, si predilige dissociarsi, nel migliore dei casi, o criticare aspramente il pensiero o l’operato specialmente di chi vive condizioni difficili. Ci pervadono egocentrismo, edonismo, egoismo, anche se, non è così facile vivere la vita da protagonisti.
Sarà questo che deve aver spinto una parte dei cittadini di due piccoli comuni del ferrarese, Goro e Gorino, a respingere dodici donne e otto bambini in cerca di aiuto, salvezza e che, come tanti, ha chiesto protezione agli italiani che ritengono amici e salvatori. Solo una parte di cittadini. L’altra, impiegando meno sforzo di quello necessario ad alzare barricate e piantonare accessi, ha offerto sostegno e conforto ai bisognosi. Come le due facce della Luna, appare solo quella illuminata mentre l’altra resta oscura anche essendo l’esatta metà dello stesso corpo celeste. 
Il motivo del rifiuto è stato giustificato dal rigetto alle imposizioni del Prefetto di Ferrara, che chiedeva collaborazione, e dal dissenso verso le cooperative che si occupano di accoglienza. E’ evidente che questa forma di protesta non può essere giustificata o compresa perché se i motivi fossero stati davvero questi, i contestatori avrebbero espresso le loro rimostranze verso i responsabili del loro disagio, in tempi differenti e nelle sedi opportune. E’ stato più semplice scacciare donne e bambini in balìa del destino come petali al vento. 
Mai prima della “rivolta di Goro e Gorino”, la cronaca si è occupata degli abitanti di questi due comuni descrivendoli quali attivisti per i problemi dell’immigrazione. Goro, al massimo, si ricorda per aver dato i natali alla cantante Milva. In modo molto più semplice, questi cittadini hanno rifiutato ospitalità a stranieri all’interno dei propri confini. Gente ritenuta diversa e dall’aspetto differente. Non hanno, neppure per un istante, pensato di immedesimarsi nel loro stato. E come loro tanti. Ogni sbarco di profughi un nuovo rigurgito di insofferenza, asocialità, ignoranza, razzismo.
Nessuno prova a immedesimarsi nella situazione di chi chiede aiuto. Preferisce non sapere.
Tutto questo è condannabile e non trova giustificazione ma, prima di farlo è giusto provare a comprendere il pensiero di chi esercita questa espressione del dissenso. Anche in questo caso, per quanto difficile, è necessario immedesimarsi. Nella maggioranza dei casi, chi manifesta odio nelle persone che ritiene diverse e inferiori, non s’ispira a ideologie precise che professano il razzismo, anche se, proprio in Europa ritorna a serpeggiare il nazionalismo e il neonazismo. La discriminazione razziale è frutto della mancata conoscenza della realtà, della storia, dei popoli. Il “non pensiero” è frutto dell’ignoranza. Non è certo una giustificazione, ma laddove è possibile tentare un confronto fra ideologie, anche le più astruse, è davvero arduo convincere chi non sa e non vuole sapere. Preconcetti e idee tramandati da generazioni che non sono stati mai sostituiti da ragioni precise e razionali. 
Chi pratica e divulga razzismo, odio, omofobia, prevaricazione, per scelta, ideologia e convinzione, può essere condannato e combattuto come un male da estirpare. Lo stesso, però, non si può considerare una risoluzione per chi lo fa per ignoranza. Questo è uno dei peggiori mali sociali che gli italiani sono stati costretti a subire. Un fallimento della società e delle istituzioni e come tale deve essere considerato.
E’ solo da qualche anno che la scuola divulga messaggi di pace, uguaglianza, fratellanza e accoglienza. Ancora pochi decenni fa si esaltavano principi guerrafondai e si decantavano le colonizzazioni, lasciando intendere giusta la sottomissione dei popoli africani ritenuti inferiori. 
Ancora più triste è pensare che anche fra gli individui attivi nel mondo cattolico e del volontariato, ci sia chi esprime disprezzo e dissenso all’accoglienza dei bisognosi, solo perché stranieri. Eppure i testi sacri della Religione di Stato sono colmi di principi di uguaglianza, fratellanza e solidarietà. Così come i quelli che fondano la nostra Repubblica. 
Com’è possibile scacciare fratelli bisognosi e prepararsi al Natale senza comprendere che la Sacra Famiglia era composta da tre mediorientali, profughi e bisognosi? 
Gli estranei siamo noi, figli di centinaia di etnie differenti.
 


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