C’è qualcosa che unisce Genova a Taranto? Il porto? Il passato siderurgico? No, la grottesca disorganizzazione a cinquestelle
A Genova una certa Marika Cassimatis si era aggiudicata le cosiddette “comunarie”, una sorta di lotteria online del seggio da candidato sindaco.
I voti espressi a suo favore erano stati una manciata e così, una grande città come quella ligure, si sarebbe ritrovata come candidato sindaco una signora designata da poche centinaia di cittadini e con la immensa responsabilità di rappresentare quello che - fino a prova contraria – viene indicato come il Partito di maggioranza relativa in Italia.
Con tempismo sospetto, cioè a vittoria online avvenuta, la macchina grillina si è messa in moto dimostrando ancora una volta che quella della Rete che tutto decide, quella della piramide capovolta che assegna ai cittadini l’ultima parola, è qualcosa che sta a metà tra l’utopia e la presa per i fondelli.
Mutatis mutandis a Taranto si assiste a non uno, non due, ma tre meet up pentastellati che si fronteggiano mettendo perfino in pericolo la presenza del Movimento alle prossime comunali (ma che peccato).
Grandi manovre in riva allo Ionio insomma, con la portavoce Rosa D’Amato che si sarebbe resa artefice di una serie di giochetti prodromici alla confluenza dei cosiddetti Liberi e Pensanti all’interno del Movimento Cinquestelle.
Quanto agli altri due grossissimi pensatoi grillini, è tutto un gioco a chi è più ortodosso, poco politicizzato e meno incline alle manovre da “kasta” vecchio stampo. Che Grillo intervenga come nel caso Genova è perfettamente indifferente visto che la spaccatura ha già restituito uno spettacolo pietoso.
Ma siamo poi sicuri che l’onesta e l’ortodossia siano sufficienti? L’onestà è la precondizione per fare politica ma da sola non basta. Così come non basta tagliarsi lo stipendio se poi non si è in grado di svolgere con pienezza il ruolo assegnato dagli elettori.
Questo gioco al ribasso è l’essenza della politica grillina: intransigente con le inefficienze altrui e comprensiva con le mancanze dei “cittadini portavoce” ai quali viene perdonato tutto perché sono dei “bravi guaglioni” che lavorano a metà prezzo e ce la mettono tutta. Loro sono senza macchia a prescindere e poi fanno del pauperismo qualunquista che tanto piace al pueblo bue.
Il quale pueblo vede in questi “fustigatori un tanto al chilo” una proiezione delle loro frustrazioni verso una “stanza dei bottoni” che li ha sempre tenuti ai margini. Loro sfanculano i privilegiati e tanto basta anche se per caso fossero dei buoni a nulla.
Fanno degli errori come è successo a Virginia Raggi? Non li si crocifigga perché un grillino è sempre in buona fede e il paragone con i parrucconi arraffoni della politica è improponibile.
Dopo aver fatto del populismo di reazione, quando in ballo c’è il futuro di una città, bisogna tornare con i piedi per terra e farsi delle domande: affidereste il governo di una città a dei volenterosi? E lo fareste se cominciassero ad incartarsi già in psicodrammi pre-elettorali? E quale sarebbe il loro programma? Onestà? Non basta ragazzi, non basta.