Il caso nasce da una dichiarazione del Procuratore di Catania, Carmelo Zuccaro, in cui afferma di voler indagare sulla notevole proliferazione delle associazioni umanitarie nate negli ultimi anni, sulle loro fonti di finanziamento, di cui dispongono copiosamente, e quali siano le loro reali finalità
La regola è sempre la stessa: immedesimarsi prima di esprimere un concetto su un evento della vita, cercando di avere quante più cognizioni possibili, non limitandosi agli effetti ma considerando le cause. Non è un obbligo ma è utile per vivere da essere civile nella società.
È con questa riflessione che ci si approccia a compiere quello che potrebbe apparire un salto repentino di tema, quasi pindarico che, in realtà conduce a un argomento strettamente connesso all’apertura.
Immaginiamo di percorrere un tratto delle coste meridionali dell’Italia a bordo della nostra imbarcazione durante un sereno fine settimana. A un tratto ci appare all’orizzonte la sagoma, ancora poco definita, di un’imbarcazione che mostra una frenetica attività di bordo. Con l’avvicinarsi notiamo che il mezzo è in difficoltà e ci sono uomini in mare. La ragione vuole che ci si appresti all’immediata assistenza, contemporaneamente alla richiesta di soccorso. Si fa ricorso all’esperienza, alla logica, alla cognizione ma, soprattutto all’azione. Gli uomini in mare devono essere salvati. Chiunque si approcci alla navigazione, anche con una piccola barca, lo sa. Senza ricorrere a elaborati codici comportamentali, si segue un basilare principio etico, civile, logico. Eppure, anche nella scelta di salvare le vite umane s’insinuano contorti ragionamenti in merito a chi, dove, perché e se farlo. Secondo l’analogia delle proporzionalità, tutto assume un differente significato se relazionato a un riferimento attraverso il quale si può commisurare un valore. Questo può essere valido nel campo architettonico, della storia, nella religione o con riferimento all’immensità dello spazio ma è assolutamente inconciliabile con la vita umana. Qualsiasi essere umano, la cui vita è a repentaglio, ha diritto, nel limite del possibile, a essere salvato. Appaiono concetti anche troppo scontati se trattati disgiuntamente dalla realtà. Nel nostro Paese, questa che appare una ragionevole conclusione, cambia discrezionalmente se gli uomini che chiedono soccorso sono connazionali o naufraghi provenienti da una costa straniera e, se i soccorsi debbano essere eseguiti da organizzazioni governative o meno. Nella normalità delle cose che caratterizzano una civiltà, il problema dovrebbe limitarsi alla salvezza delle vite umane, in questo caso di naufraghi. In queste ultime settimane si è acceso un dibattito sui termini, le azioni e le finalità d’intervento in merito al salvataggio delle migliaia di profughi che si avvicinano alle coste italiane adoperando mezzi di fortuna in cerca di salvezza che, spesso, terminano il loro viaggio naufragando. Abbiamo più volte trattato l’argomento dei profughi e i fatti hanno confermato quanto fossero reali i nostri timori in merito al fenomeno. Non ripercorreremo le ragioni di queste popolazioni in cerca di sopravvivenza se non per confermare che in Italia c’è chi ritiene un problema la loro provenienza e non la loro triste situazione. Noi, invece, intendiamo parlare inequivocabilmente, di uno stato di emergenza internazionale e lasciamo a ottusi, razzisti e nazionalisti il confronto con la loro capacità di discernimento e la loro coscienza con cui, alla fine, dovranno relazionarsi. Nell’immediato possiamo costatare che in Italia si discute in merito ai modi, ai tempi, alle competenze degli interventi in mare per soccorrere i profughi durante i naufragi presso le coste italiane. Per noi l’obiettivo da non perdere mai di vista è l’emergenza in mare mentre lo scontro si è incardinato sulla presunta competizione fra le strutture dello stato preposte alla sicurezza in mare e le associazioni di volontariato che vi si affiancano. Appare un paradosso ma è una triste realtà. Il caso nasce da una dichiarazione del Procuratore di Catania, Carmelo Zuccaro, in cui afferma di voler indagare sulla notevole proliferazione delle associazioni umanitarie nate negli ultimi anni, sulle loro fonti di finanziamento, di cui dispongono copiosamente, e quali siano le loro reali finalità. Lo stesso afferma di non nutrire dubbi sulla serietà delle ONG di chiara fama ma che il monitoraggio sia un atto dovuto. E intende farlo tramite Frontex, l’agenzia europea della guardia costiera e di frontiera dell'Unione Europea il cui centro direzionale è a Varsavia, il cui scopo è coordinare il pattugliamento delle frontiere esterne, aeree marittime e terrestri degli Stati dell’UE e l'attuazione degli accordi con i Paesi confinanti con l'Unione europea, congiuntamente alla Marina Militare. Oltre ad essere una procedura di controllo e verifica dovuta e necessaria, l’inchiesta nasce dai dati forniti proprio da Frontex che ha costatato l’eccessiva prontezza delle ONG negli interventi in mare contro quelli degli organi statali preposti. Si suppone, perfino, che i trafficanti di uomini agiscano in accordo con le ONG. L’accusa è evidentemente gravissima e lo scalpore è più che giustificato. Mentre noi ci poniamo il problema di come evitare la strage di migranti in cerca di salvezza, ci sono entità pubbliche che dibattono su chi debba farlo e cosa ci guadagna. Oltre alle innumerevoli valutazioni che possano farsi su questa ennesima situazione di crisi sociale, ciò che emerge vistosamente è la presenza di troppe strutture che debbano compendiare le carenze dello stato. Se il nostro Paese fosse sano e dotato di tutti i suoi strumenti, non ci sarebbe spazio per ONG se non per quelle autofinanziate e con totali finalità umanitarie e di volontariato. Nella realtà si evince una vasta proliferazione di associazioni proprio per la progressiva decadenza dei ruoli dello stato. Queste scelte dettate dalla necessità, hanno un costo economico apparentemente inferiore che offre enormi vantaggi in termini di gestione e del lavoro. Lo stesso può dirsi per tutte le deleghe attribuite alla Protezione Civile che, nel territorio nazionale, ha accentrato compiti importantissimi affidati a volontari, in realtà retribuiti in deroga a moltissimi rapporti che regolano il mondo del lavoro e della previdenza. Non è discutibile la validità delle associazioni private che esercitino un servizio di tutela e prevenzione su territorio, ma è obiettabile il modo in cui siano prescelte, la fonte del loro sostentamento economico, la scelta degli operatori le cui competenze e credenziali non sono conosciute a monte. Gli stessi bilanci economici di queste entità godono di una semplicistica forma di controllo. Mentre le cariche e la carriera in un corpo dello stato seguono iter molto precisi, nelle ONG non si determinano secondo ordinamenti univoci. In questa logica, rientrano i CAS, i centri straordinari di accoglienza per i profughi, divenuti un’opportunità economica per chi è vicino e si propone alla discrezionalità delle istituzioni.
Quanto emerge da questa nuova evidenza, è la volontà di alcune parti politiche nel voler strumentalizzare la validità delle organizzazioni non governative a favore di precisi intenti assolutamente estranei alla salvezza dei profughi che accedono alle nostre coste.
Non resta che costatare come l’Italia, definita una grande potenza, che ambisce a influire in delicatissime emergenze internazionali, che vive al suo interno una gravissima emergenza sociale, anche mostrando all’intero pianeta potenzialità di cui non dispone da tempo, si ritrovi nuovamente a discutere su problemi postumi alle reali necessità.
Le migliaia di cittadini che offrono il loro operato con profonda coscienza civile, senso di altruismo e condivisione, sono costretti a difendere il loro sano operato contro chi ha trasformato il volontariato in un interesse economico attraverso meccanismi controllati dalla politica, dal malaffare e dalla contrattazione del lavoro ed elettorale.
A chi specula su queste sciagure, che non esitiamo a definire saccheggiatori, chiediamo d’immedesimarsi, almeno una volta, nella vittima e non nel carnefice sicché non è così difficile cambiare repentinamente il proprio stato.