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La famiglia tradizionale: prove di populismo

Pubblicato da: Categoria: ATTUALITA'

25
GEN
2018

Con l'avvicinarsi delle prossime elezioni politiche si assiste alla propaganda dei candidati attraverso la quale ognuno adotta il leitmotiv che più ritiene idoneo a procurargli voti. Alcuni sono davvero bizzarri quanto inattendibili

“S'ode a destra uno squillo di tromba; a sinistra risponde uno squillo: d'ambo i lati calpesto rimbomba da cavalli e da fanti il terren”. È con queste parole che il coro dà inizio all’atto secondo de “Il Conte di Carmagnola” di Alessandro Manzoni, una tragedia che racconta lo scontro fra l’esercito del Ducato di Milano e quello della Repubblica di Venezia durante la Battaglia di Maclodio. Ed è così che appare il territorio nazionale alla vigilia di quella che è più una kermesse che un confronto per le prossime elezioni politiche del 4 marzo. Novantotto simboli sono ormai depositati al Viminale e, in teoria, gli elettori dovrebbero essere in condizione di scegliere i propri candidati. Nella realtà, la campagna elettorale è già partita da parecchio tempo e i potenziali premier si affrontano pubblicamente nell’intento di trascinare le folle. I programmi sono fantasiosi e, più che trattare di proposte, realizzabili e funzionali alla reale situazione del Paese, profondono promesse alle quali non corrispondono i relativi strumenti e soluzioni economiche. Ancora più delle precedenti elezioni, in questa prevalgono motti e slogan degni delle migliori campagne pubblicitarie o, meglio, delle peggiori propagande tipiche dei regimi totalitari. A lettere grandi almeno quanto quelle infisse al Mount Lee di Hollywood, gli slogan sono diffusi attraverso ogni canale possibile e tutti contengono promesse più mirate alle debolezze degli italiani che ai loro bisogni. Nel centro sinistra si vive il fermento del mosto a San Martino per la fervente volontà dei centro-sinistra-moderati-guardando-a-destra di confermarsi agli italiani con le loro politiche sociali attraverso gli stessi strumenti adottati durante gli ultimi governi, convinti di aver ottenuto efficaci risultati nei settori che spaziano dal lavoro alla sanità, dalla scuola alla lotta alla criminalità, dalla politica internazionale all’inquinamento ambientale. Per suggellare il patto con gli elettori rispolverano, inoltre, la campagna per gli Stati Uniti d’Europa e gli immarcescibili slogan per il rilancio del lavoro. Il tutto affidato alle sapienti parole del leader su rotaie, Matteo Renzi. La sinistra, intanto, fa ciò che può proseguendo con le lotte sociali di sempre, conscia di doversi approcciare a una concreta e fattiva opposizione mirata alla vigilanza dell’operato di governo come al risveglio delle coscienze degli elettori. Una nota di riguardo meritano i pentastellati che, sollevando a braccia il loro candidato Luigi Di Maio, lo trasportano fra le varie piazze d’Italia dove racconta di semplificazioni, di lotta alla corruzione e di reddito di cittadinanza, mentre è colpito da raggi (!) di luce filtrati attraverso nubi di congiuntivi errati, mossi da scie chimiche. A confermare lo spirito egualitario, gli aspiranti candidati si sono proposti alle democratiche parlamentarie on-line salvo essere poi esclusi immotivatamente a favore di scelte discrezionali operate dai vertici. Nello schieramento polipode di centro destra, ove gli arti inferiori spuntano in numero e geometria variabile, il premier scelto, Silvio Berlusconi, dopo un braccio di ferro con il leghista Matteo Salvini, racconta di paradisi fiscali in cui pensionati minimi, felici di aver percepito una pensione degna di un dirigente statale e vestiti di pellicce ecologiche, scorrazzano in prati di 10 metri quadrati circondati da enormi edifici, case di riposo per animali circensi e centri di cura per animali domestici. Oltre lui, i leaders delle restanti tre gambe, esprimono il meglio delle loro argomentazioni galvanizzando i proseliti attraverso confortanti populismi: Raffaele Fitto, insieme a un gruppo di fuoriusciti da altre compagini di centro destra, si propone come sana scelta e organo di controllo del nuovo schieramento; Matteo Salvini, nel pieno delle sue elucubrazioni padane si slancia nella salvaguardia della razza italica, bianca, di destra e possibilmente settentrionale che, insieme alla flex tax e l’abolizione della legge Fornero, propugna nel tempo sottratto al suo fattivo impegno presso il Parlamento Europeo; a Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia, deve essere dedicata una parentesi più ampia perché gli argomenti da lei proposti sono degni di singolare attenzione per quanto siano pregni di profondi significati. Gli slogan, i discorsi pubblici, i megalitici manifesti che ritraggono “lo zoccolo duro della destra” sono tutti incentrati sul nucleo portante del suo stato ideale: la famiglia tradizionale. Ed è su questa che desideriamo soffermarci. La quarantunenne nostalgica romana, già Ministro per la gioventù del quarto governo Berlusconi, si propone con quelli che ritiene i fondamentali valori dell’italica famiglia. Dopo aver richiamato al dovere del voto i suoi “patrioti”, si rivolge agli italiani invocando la “famiglia tradizionale” come la sua e quella dei suoi alleati adducendole come esempio per la crescita della Nazione. Premesso che Giorgia Meloni ha avuto una figlia con Andrea Giambruno con il quale non è sposata, Berlusconi ha in carico due divorzi e una convivenza, Salvini ha alle spalle un divorzio e attualmente convive, la domanda da porsi è quale sia la “famiglia tradizionale” che è incisa a lettere cubitali sui manifesti che ritraggono la bionda Meloni come una valchiria discesa dalla Walhalla per salvare l’Italia. La famiglia tradizionale è un concetto più volte proposto-imposto nel ventennio fascista quale fulgido esempio di rettitudine. Si voleva fosse composta di uomini e donne giurati alla fedeltà con la benedizione della Sacra Romana Chiesa e pronti a generare copiose popolazioni di figli da consegnare alla patria. Quella di Benito Mussolini come quelle di molti gerarchi, però, non la rispecchiavano così come quella della nipote Alessandra, pronta ad accogliere il coniuge, Mauro Floriani, coinvolto in un’inchiesta giudiziaria quale fruitore abituale di prostitute minorenni. Forse Giorgia Meloni si riferisce alla Sacra Famiglia ma, anche lì, ci sono dissonanze dovute al fatto che San Giuseppe era un padre putativo, aveva altri figli da un precedente matrimonio e, sapendo che Maria era in attesa di Gesù, l’aveva inizialmente ripudiata. Inoltre, leggendo i diversi Vangeli e alcune Sure del Corano, risulta che Giuseppe e Maria erano “sposi” ma non uniti in matrimonio. Tutto questo, logicamente, non ci turba ma sembra almeno paradossale che un candidato invogli gli elettori invocando uno stile di vita cui non appartiene. Volendo fare riferimento al Vangelo secondo Matteo Gesù disse: “Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei. Quanto vi dicono, fatelo e osservatelo, ma non fate secondo le loro opere, perché dicono e non fanno” risulta che anche dopo duemila anni il trend non è molto variato. Ci si chiede quindi, se ci si attenesse alle indicazioni della Meloni, quale sorte avrebbero le famiglie di fatto, quelle formate da affettuosi genitori che si prendono cura della prole nata da precedenti legami, i coniugi che sono impossibilitati fisicamente a concepire e quelli che non possono farlo a causa delle ristrettezze economiche e le famiglie che accolgono bimbi orfani o abbandonati. Forse a loro sarebbe destinato un ruolo sociale secondario in attesa che, in rispetto dei dogmi, si estinguessero quanto prima. Eppure la famiglia, qualsiasi essa sia, ha un solo postulato da rispettare: l’amore dei suoi membri. Lasciarsi influenzare o galvanizzare da slogan come quello di Giorgia Meloni equivale a dimostrarsi incapaci di ragionare autonomamente e secondo logica. Come il suo anche quelli lanciati da Silvio Berlusconi, da Salvini o all’interno del centro-sinistra-moderato-guardando-a-destra. Quella cui assistiamo, evidentemente, è una campagna elettorale intessuta d’ipotesi e di grandi falsità esattamente sulla scia delle politiche adottate negli ultimi decenni dai vari governi. A ogni proposta, oltre quella folkloristica della Meloni, non corrispondono precise regole di attuazione che, principalmente, soddisfino le reali richieste ed esigenze della popolazione italiana. Probabilmente, è proprio vero che per sentire il bisogno di risalire è necessario toccare il fondo e, anche essendone davvero vicini, gli italiani non ne sentano ancora l’incombente sensazione della prossimità.

 



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