Il signor Grasso, presidente del Senato, raccoglie a L’Aquila una dura contestazione da parte di cittadini che, avendo già pagato duramente le criminali tecniche costruttive degli uomini, subiscono l’ingiuria prolungata di uno Stato inesistente e non in grado di ridare loro una vita dignitosa. La signora Boldrini, presidente della Camera, misura la rabbia dei marchigiani durante i funerali che rendono omaggio a tre loro sfortunati concittadini, ennesime vittime di suicidi di Stato, una lunga serie che sembra inarrestabile. È del tutto evidente che né il signor Grasso, né la signora Boldrini possono essere ritenuti responsabili di queste tragedie, ma è altrettanto evidente la difficoltà di rappresentare oggi le istituzioni del nostro Paese. Lo sfaldamento dello Stato unitario, che erroneamente è stato imputato negli ultimi venti anni alla volontà separatista di un movimento politico nato e cresciuto per tutelare i legittimi interessi spesso soffocati delle regioni del nord, trova invece la sua rappresentazione plastica nella secessione di fatto di tipo classista. Oggi abbiamo tre stati che insistono su un territorio che chiamiamo Italia ma che non interagiscono più tra di loro. Mi viene facile la similitudine con la struttura sociale della Francia pre-rivoluzionaria: nobiltà, clero, terzo stato. A quel tempo clero e nobiltà rappresentavano il 10% della popolazione e detenevano il 90% delle ricchezze del Paese. Da noi le tre classi si sono “modernizzate” per cui là dove c’era la nobiltà troviamo le istituzioni (presidenza della repubblica, parlamento, istituzioni periferiche,partiti politici, manager di stato, ecc.), dove c’era il clero, il potere temporale di Dio, troviamo la finanza, il potere eterno del denaro, (Banca d’Italia, istituti bancari, assicurazioni, società finanzarie, le multinazionali, ecc.), e la dove c’era il terzo stato troviamo oggi il mare magno dei piccoli imprenditori, degli artigiani, dei lavoratori, dei disoccupati, dei giovani e delle donne. Quel che non è cambiata è la distribuzione della ricchezza: anche oggi le istituzioni e la finanza, pur rappresentando il 10% della popolazione, detiene il 90% delle risorse. I francesi, seppure tra indicibili atrocità, trovarono la forza di far dialogare ed interagire i tre contendenti. E noi? Giudicate voi. La foto del Paese la conosciamo: nell’arco di un anno solare sono stati licenziati un milione di lavoratori; centosessantamila aziende hanno chiuso o perché fallite o perché sull’orlo del fallimento; i consumi, compresa la spesa alimentare, si sono contratti del 20%; il peso della tassazione ha raggiunto il tetto del 47% sui redditi; sono aumentate in modo indiscriminato tutte le tariffe indicizzate; la casa è diventata di fatto un bene di lusso; la soglia di povertà è stata valicata da più di quattro milioni di persone con l’aggravante di toccare soprattutto le fasce deboli di anziani e bambini; tutti gli indici economici sono negativi. Siamo di fronte al genocidio economico di un popolo!
Di fronte a questa situazione cosa abbiamo: un governo fantoccio dimissionario; i due maggiori partiti del Paese arroccati su posizioni preconcette e pregiudiziali che irresponsabilmente, a distanza di 45 giorni dal voto, non consentono la nascita di un nuovo governo; un gregge di pecoroni completamente acefali, guidati da un miserabile guitto capace solo di vacua demagogia, catapultati in parlamento senza sapere neanche cosa sia e cosa si debba fare in un parlamento. Come se tutto ciò non fosse già di per sè aberrante, scorrendo le programmazioni televisive delle varie reti nazionali, troviamo un fiorire di trasmissioni culinarie che ci spiegano come cucinare un filetto di manzo al tartufo a beneficio, probabilmente, di chi sopravvive con la pensione sociale. Una presa per il culo! Mi viene in mente che Maria Antonietta, a chi le faceva presente che il popolo protestava perché non aveva pane, abbia risposto “se non hanno pane, mangino croissant”. A beneficio del colto e dell’inclita, vorrei ricordare che Maria Antonietta non ha gradito molto l’ultimo “taglio di capelli” che le è stato acconciato. E chi ha orecchie per intendere, intenda.