Nessun Paese sta facendo abbastanza per rispondere agli obiettivi dell’accordo di Parigi (12 dicembre 2015 – 196 paesi partecipanti) per ridurre le emissioni dei gas a effetto serra. L’impegno internazionale di tutti gli Stati di limitare il riscaldamento globale e quindi l’aumento della temperatura globale ben al di sotto dei due gradi centigradi, non verrà mantenuto se non vengono messe in atto le azioni concordate affinché le emissioni comincino a calare rendendo l’accordo vigente dal 2020. Emissioni lasciate crescere da impegni inefficaci di ciascun Stato, così come preannunciato da critici e ambientalisti. L’innalzamento delle temperature sono dovute prettamente all’uso di risorse fossili rispetto alle rinnovabili; in particolare la produzione di energia dal carbone immette nell’atmosfera in maniera significativa i frutti della sua combustione. Climate Action Network, rete di organizzazioni non governative, riporta in un report pubblicato a giugno, come a livello europeo tutti gli stati sono inefficienti nell’attuare strategie utili alla riduzione delle emissioni di carbonio. L’UE approva “pacchetti di misure” che restano il risultato di un confronto senza coincidere poi ad aspetti attuativi. Raggiungere l’obiettivo di rifornirsi da fonti rinnovabili almeno per il 32%, è un target sperato, insufficiente e difficilmente raggiungibile. Greenpeace considera inefficace tale percentuale in quanto lascia spazio a compagnie energetiche di proporre tecnologie ancora dipendenti a fonti fossili o finte tecnologie ecologiche che non permettono di rendere operativo il cambiamento climatico ambito dall’accordo di Parigi. L’UE si inserisce nel caos internazionale dove gli USA dichiarano che la guerra al carbone è finita uscendo dall’accordo di Parigi e la Cina invece si candida ad essere lo Stato guida del cambiamento investendo trecentosessanta miliardi di dollari entro il 2020 coinvolgendo l’attuazione di politiche di produzione di macchine elettriche. E’ questione di leadership o di volontà? Resterà probabilmente una domanda a lungo tempo. Il nostro Paese? L’Italia come sempre è tra luci e ombre, tra convenienze politiche e interessi a più livelli. Non facciamo parte dei membri UE più virtuosi, né tra i leader del dibattito politico europeo. La costruzione di un movimento esteso ed incisivo, che porti l’Italia verso una nuova economia basata su una minore produzione di gas serra e un maggior incentivazione delle diverse fonti rinnovabili, rappresenta una chimera piuttosto che un auspicabile obiettivo prossimo. Incentivare e imporre il cambiamento è la strada più comprensibile da tutti perché rappresenta una scelta che conduce al minor impatto ambientale, economico, sociale, per la salvaguardia della salute del nostro pianeta e dei suoi abitanti.