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QUI E ORA/IL BENE, IL MALE

Pubblicato da: Categoria: ATTUALITA'

9
GEN
2019

La politica che promette di cambiare il nostro Paese sta costringendo i cittadini a una scelta molto più complessa

“Considerando il male e il bene, stimando l'uno e l'altro come cosa variabile e consistente in moto, mutazione e vicissitudine (di sorte ch'il fine d'un contrario è principio de l'altro, e l'estremo de l'uno è cominciamento de l'altro).” Così parlava Giordano Bruno in merito alla difficoltà di distinguere i limiti fra il Bene e il Male e di come l’uno si confondesse con l‘altro e prendesse il suo posto per essere, a sua volta, sostituito. È questa l’eterna lotta dell’uomo che, tramite la capacità di discernimento, ha il libero arbitrio di indirizzarsi verso l’una o l’altra scelta. Perché questo avvenga, bisogna che il libero arbitrio sia davvero tale e, quindi, privo d’influenze o vizi della mente che ne possano artare le potenzialità. La scelta fra Bene e Male si è spesso tradotta e si traduce in quella fra Gioia e Sofferenza, sensazioni effimere, mutevoli e soggettive. Pertanto, non c’è un’individuazione precisa del Bene e del Male, tant’è a controllare la discrezionalità sono intervenute leggi civili e religiose che ne hanno normato i confini con il fine di rendere compatibile la convivenza dei membri. Eppure, oltre alla labilità dei confini fra Bene e Male, il loro contenuto non è per nulla indistinguibile e darne un’immagine confusa è solo una condizione di comodo. Fra il 1000 e il 1500 nacque, perfino, una tendenza letteraria, l’Epica medievale, basata fondamentalmente sulla lotta del Bene contro il Male. Nel Ciclo Carolingio, quello Bretone, quello Germanico e il Poema Spagnolo, cantori e giullari raccontavano le gesta di eroi che combattevano il Male, di volta in volta identificato, in draghi, mostri, giganti e troll ma, sostanzialmente, nel mondo islamico considerato invasore dell’Occidente e pericoloso diffusore d’idee innovative. La Chiesa, che aveva acquisito un notevole potere terreno oltre che spirituale, dichiarava, nel “Dictatus papae” di Gregorio VII, la superiorità del papa su qualsiasi altra autorità, tanto da spingere migliaia di soldati verso la Prima Crociata che terminò con un bilancio elevatissimo di morti cristiani e musulmani. In nome del Bene fu perpetrato il Male di un’orrenda carneficina. Con la stessa immagine distorta, si è spesso propugnato un falso Bene contro un Male incerto tanto che, Bene e Male fossero spesso sovrapponibili e intercambiabili. Non per questo si deve pensare che queste condizioni siano un costrutto inventato dall’uomo perché si possano adeguare alle proprie esigenze, anche se così avviene frequentemente. Laddove esista ancora etica e coscienza, la distinzione fra Bene e Male, anche se non marcatamente distinguibile, non è così improbabile. Partendo dal presupposto che il Bene e il Male riguardano esclusivamente l’umanità, è evidente che qualsiasi cosa che la possa danneggiare o verta alla sua estinzione, non possa essere il Bene, troppo spesso invocato per perseguire interessi soggettivi. Sembrano così lontani il Medioevo e le Crociate eppure, da allora, follie di così vasta entità, sono state attuate dall’uomo contro i suoi simili. Anche nel XXI secolo, mentre l’evoluzione dovrebbe rappresentare la massima espressione della civiltà, ci sono uomini che perpetrano violenze contro la vita e l’umanità specie nei confronti dei più deboli e indifesi. Possono considerarsi azioni in nome del Bene la soppressione volontaria della vita di un proprio simile o la violenza scientemente attuata contro altre popolazioni? Nonostante la risposta sia lapalissiana, ci sono diversi stati del pianeta dove siano legali la pena di morte, la tortura e la prevaricazione fra simili come quella dell’uomo sulla donna, o quella sui minori o, ancora, quella di classi sociali su altre. Ciò che rende ancora più spregevole queste azioni è che, spesso, siano giustificate dalla pretestuosa attuazione di leggi divine o terrene finalizzate al Bene ma, fondamentalmente, strumentali. È questa la palese sostituzione del Bene reale con la gioia, il piacere, o l’appagamento temporaneo che non saranno mai efficaci se non investiranno l’intera umanità. È evidente, quindi, che il Bene nella sua pienezza non è raggiungibile, proprio a causa della natura dell’Uomo, anche se lo sforzo umano deve essere, comunque, proteso al suo raggiungimento al fine di ottenerne il massimo risultato. In tal senso, è necessario pensare al Bene e al Male in senso pratico e terreno, con aspetti privi di significati ultraterreni ma molto più immediati e materiali, soddisfatti i quali è possibile affrontare qualsiasi confronto anche con il sovrannaturale. Più efficace della lotta al Male è favorire il Bene anche quando può apparire astratto e ideale ma, nella realtà, è molto più concreto di quanto sembri se raffrontato alla quotidianità. Ogni giorno, infatti, si attua una serie di comportamenti condizionati da ciò che si crede sia giusto o sbagliato anche non avendo la certezza che lo sia davvero. Ancora peggio è attuare azioni palesemente dannose al prossimo spacciandole come necessarie al bene della comunità. È il caso delle scelte politiche adottate per il governo delle comunità che, spesso, derivano verso iniziative dannose che non procurano alcun vantaggio comune. Partendo dal principio basilare che il Bene non può essere tale se procura sofferenza al prossimo, assistiamo, al contrario, a molteplici iniziative che tendano ad appagare esigenze immediate generando controparti soggette a disagi e sofferenze. Nel nostro Paese le scelte politiche sono state incentrate sulla violazione dei più elementari principi umanitari verso una parte della popolazione, per soddisfare il volere di una minoranza, tanto che, facendolo, si procura disagio, persino, a entrambe. È il caso delle politiche che ostacolano l’accoglienza dei profughi e i bisognosi che provengono da altri paesi. Lasciare che questi muoiano in mare negando soccorso, respingendoli al loro arrivo, privando gli stranieri di accoglienza, non procura nessun vantaggio, neppure economico, perché i fondi per l’accoglienza sono, per accordi internazionali, a essa vincolati, rendendo la popolazione forzosamente corresponsabile di un crimine umanitario. Armare la popolazione per difenderla dai reati contro il patrimonio è una scelta altrettanto scriteriata perché si propone di contrastare il crimine con l’uso di strumenti atti a incrementarlo. Le armi procurano dolore e morte e come tali sono funzionali al crimine. Inoltre, diffondere le armi nella popolazione, significa armare un enorme esercito senza controllo e senza obiettivi univoci, che potrebbe mutare i suoi obiettivi in qualsiasi momento. Negli “anni di piombo” a cavallo del ’70 e l’80, la maggior parte delle armi impiegate per la lotta armata e gli atti di terrorismo erano regolarmente detenute da chi le impiegava. Anche se per ampie linee, come è possibile considerare queste decisioni il Bene per la popolazione? Come può essere considerato il Bene convincere la popolazione di essere in grado di rappresentarla anche non avendone le capacità, promettere un miglioramento delle condizioni di vita quando non si dispone dei mezzi per farlo, assicurare sussidi e supporti economici che, in realtà, non saranno realmente attribuiti, proporre l’incremento dei posti di lavoro che non ci sono, vivere ostentando la posizione economica raggiunta, anche immeritatamente, mentre ci sono, sullo stesso territorio, molti casi di estrema indigenza? Com’è possibile promuovere l’acquisto di strumenti di guerra in nome della difesa della vita?
Profondere odio, discriminazione e razzismo non può, sicuramente, essere il Bene. Nella risposta è contenuta, anche se sommariamente, una delle molteplici distinzione fra il Bene e il Male e, in questo, convergono le opinioni di chi conserva ancora il senso della giustizia, quello per la carità e il rispetto per l’umanità. In questo senso si sono espresse, inequivocabilmente, anche le massime autorità della nostra nazione come il Papa e il Presidente della Repubblica. Chi tende a sminuire la loro figura per sostenere le proprie idee, deve, però, essere coerente. Il primo, infatti, è il maggiore esponente della Chiesa cattolica e il secondo è il garante della Repubblica Italiana, ai quali non si può ricorrere a piacimento invocando il nome di Dio e la Costituzione in funzione delle proprie necessità. Non è coerente e onesto, infatti, contrirsi davanti all’altare per poi abbandonare al proprio destino i fratelli in cerca di aiuto così come non lo è appellarsi alla Costituzione Italiana per esprimere pubblicamente idee e principi atti a distruggerla. Chi ritiene di poter essere autonomo e avulso dalle leggi terrene e divine può farlo a sue spese e senza danneggiare i propri simili. Non si devono escludere tutte le proposte utili a migliorare la vita degli uomini a condizione che nessuno ne paghi il prezzo se non l’ha scelto volontariamente. La politica, che servirebbe a regolare pacificamente i rapporti della comunità, attraverso il confronto fra le vedute differenti delle tematiche comuni, tramite l’esposizione delle possibili soluzioni pratiche della convivenza, con scelte finalizzate al benessere collettivo, si sta traducendo in qualcosa di più ampio e impensabile nel nostro tempo: lo scontro fra il Bene e il Male.

 



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