L’agricoltura, la sicurezza alimentare, i cambiamenti climatici, la protezione delle risorse naturali rappresentano solo alcune delle principali sfide del XXI secolo. Nonostante questo la Commissione europea sembra orientarsi a tagli importanti dei bilanci delle due grandi politiche storiche: la politica di coesione o regionale e la politica agricola comune (Pac) i cui finanziamenti verranno ridotti del 16% nei prossimi sette anni. I progetti della Comunità europea in materia agricola sono lontani dagli imperativi sociali ed ecologici contemporanei. La politica agricola comunitaria è un elemento fondamentale nella costruzione dell’Europa: l’incapacità di sostenere la transizione ecologica e sociale dell’agricoltura contribuisce all’inefficacia degli interventi di fronte alle crisi dell’agricoltura e dei redditi agricoli. L’Unione Europea ha abbandonato consapevolmente il ruolo di custode dell’ambiente e della ruralità, non proponendo alcuna condizione specifica a livello comunitario a favore della riduzione dell’inquinamento ambientale e dell’utile sviluppo rurale.
Le Direttive a tutela dell’ambiente avevano favorito politiche verdi nella politica agricola comune a partire dagli anni novanta, ma in un’area europea, direttamente legata ai prezzi e interessi internazionali, resta difficile non garantire la competitività a discapito dell’ecologia e della giustizia sociale. L’obiettivo prioritario di assicurare un tenore di vita equo alla popolazione agricola, assicurando prezzi ragionevoli e stabilizzando i mercati, non rappresenta più un monito fondamentale. Gli agricoltori europei devono confrontarsi con prezzi molto bassi che non coprono i costi di produzione. Al contrario delle scelte prese da Bruxelles, nel resto del mondo le politiche agricole sono state rafforzate difendendo i mercati interni attraverso dazi doganali, prezzi minimi garantiti, scorte pubbliche adeguate con sostegni che variano a secondo degli sviluppi del mercato. Tuttavia, nonostante la crisi del mondo agricolo, la Commissione europea prende strade diverse dalle necessità imminenti, promuovendo inutili strumenti di gestione del rischio (assicurazioni private, fondi di mutualizzazione) inefficaci nell’attuale situazione. Le grandi aziende di trasformazione e distribuzione continuano a ritagliarsi la parte da leone sul valore aggiunto a scapito degli agricoltori. I prezzi pagati ai produttori sono stati dimezzati, mentre i prezzi dei prodotti agroalimentari acquistati dai consumatori sono diminuiti appena (meno 7% dal 1975). Il dibattito tra gli Stati membri continua insieme alle preoccupazioni che possa essere inutile. La grande responsabilità sarà definire regole importanti attraverso piani strategici partendo dall’attuazione di iniziative a tutela ambientale, dall’eliminazione delle disparità di sostegno e dalle distorsioni provocate dalle grandi aziende di trasformazione e distribuzione, a favore di economie civili negli interessi delle persone.