Se i nomi sono la conseguenza delle cose, allora la querelle sanremese tra coloro che parteggiano per “direttore” o “direttrice” indica che la lingua – che è materia viva - si sta adattando a nuove categorie mentali, a un’inclusione non sempre facile (anche nel nostro immaginario) ma sempre più consistente delle donne in professioni tradizionalmente di appannaggio maschile. Quindi ben venga che se ne parli nel più importante e trasversale evento musicale italiano. Però. Però.
Il direttore d’orchestra Beatrice Venezi ha ribadito in eurovisione di voler essere titolata al maschile: cosa lecita, risponde l’Accademia della Crusca, e chi scrive concorda. Peccato però che il direttore Venezi sia rimasta memorabile negli annali del festival solo per la polemica scatenata dalla sua affermazione (assolutamente studiata, altrimenti sarebbe bastato indicare al presentatore e agli autori il genere del titolo da usare) e non per la dimostrazione che sì, direttore o direttrice, il titolo contiene una vera professionalità e un talento così spiccato da farle meritare l'ospitata sanremese. Eppure gli ingredienti a disposizione c’erano tutti: una notevole orchestra pronta a suonare, uno splendido direttore biondo e in abito da sera, un Paese che in fatto di produzione musicale è un’eccellenza nel mondo, un pubblico europeo che avrebbe ascoltato (e guardato) volentieri un medley di autori italiani, a scelta più o meno leggeri anzi pure leggerissimi: insomma, sì, direttore (o direttrice) è chi il direttore fa, esattamente come la rosa profuma nonostante il nome che le si dà.
Beatrice Venezi non ha diretto l’orchestra, non ha potuto (di)mostrare quello che sa fare ma ha solo ribadito come vuol essere chiamata, di fatto svuotando il titolo di significato. Peccato.
(Foto da Repubblica.it)