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Povera Taranto/Bye bye Presidente

Categoria: ATTUALITA'

17
MAG
2013

 

Cadono le teste di quel sistema che ha permesso finora il disastro ambientale, fra connivenze, finanziamenti illeciti e coperture a difesa della grande industria. E non è finita qui   
 
Strane coincidenza temporali, scherzi del destino; nella stessa giornata di mercoledì 15 maggio il Gip Todisco ha firmato il dissequestro dei prodotti Ilva e, contestualmente, gli ordini di carcerazione a carico del presidente della provincia Gianni Florido, dell'ex assessore provinciale Michele Conserva, dell'ex dirigente Ilva Girolamo Archinà e infine dell'ex segretario generale della provincia Vincenzo Specchia. Da un lato la legge ribattezzata dagli ambientalisti "salva-Ilva", segna un punto a favore della proprietà dello stabilimento; dall'altro i nuovi arresti confermano, al di là delle responsabilità dei singoli, la sussistenza di un sistema che ha coinvolto politica ed istituzioni, in un ampio disegno di protezione della grande industria. Come e perché e quanti altri potrebbero essere coinvolti lo dirà il seguito delle indagini e le successive  vicende processuali. Non si può dire certo che gli arresti eccellenti dei giorni scorsi abbiano rappresentato una sorpresa. Probabilmente erano attesi anche dagli stessi protagonisti. Florido, in particolare, era proiettato verso Palazzo Madama e pronto a dimettersi da presidente della provincia. Poi, all'improvviso, il passo indietro, formalmente motivato dalla esigenza di non abbandonare la barca in difficoltà. Si comprende meglio anche come anche altri esponenti di spicco del PD, fortemente legati  al presidente della provincia, abbiano subìto politicamente gli effetti negativi della situazione venutasi a creare. Tutto nasce con i primi provvedimenti del 26 luglio dello scorso anno firmati dal Gip Todisco e richiesti dalla Procura di Taranto. Ad indagare con il coordinamento del dott. Sebastio l'aggiunto Pietro Argentino, Mariano Buccoliero e Giovanna Cannalire. Diversi i provvedimenti cautelari nelle varie fasi dell'inchiesta: Emilio  Riva, Fabio Riva (ancora in Inghilterra), Luigi Capogrosso (già direttore dello stabilimento), Girolamo Archinà (già dirigente Ilva), Michele Conserva (ex assessore provinciale), l'ng. Carmelo Delli Santi, il prof. Lorenzo Liberti. Informazioni  di garanzia hanno raggiunto Bruno Ferrante e Adolfo Buffo. Anche il sindaco Stefàno sarebbe tra gli indagati a seguito di alcune denunce per ipotesi di omissioni di atti d'ufficio e abuso, pur non avendo ancora ricevuto alcuna informazione ufficiale. Gli arresti di mercoledì sono collegati alle autorizzazioni per la discarica Mater Gratiae. Si tratta di una cava di calcare interna allo stabilimento Ilva utilizzata per lo smaltimento di rifiuti industriali. L'accusa sarebbe quella di concussione. Ciò che va al di là delle singole responsabilità è, come ha denunciato di recente il giudice Vignola, il sistema di coperture che ha funzionato per decenni. Vignola ha puntato il dito anche nei confronti del sindacato. E sul sindacato ha puntato l'attenzione  anche il presidente del Comitato Taranto Futura, promotore del referendum sull'Ilva. Nicola Russo chiede di riflettere sulla gestione del circolo Vaccarella affidato proprio ai sindacati e, pare, finanziato dall'Ilva. Se confermata questa circostanza, per l'avvocato tarantino ci sarebbero i presupposti per parlare di conflitto di interesse. Certo è arrivato il momento di una profonda riflessione che deve interessare tutto il sistema politico istituzionale. Due le fasi: una presa di coscienza delle proprie responsabilità con auspicati comportamenti consequenziali, e una vera svolta nell'affrontare in generale la gestione dei rapporti con tutti gli insediamenti industriali (non solo l'Ilva quindi). Intanto la vicenda crea ulteriore scombussolamento in una provincia già in difficoltà; a dirigerla dovrebbe essere ora l'assessore anziano, in assenza di un vice presidente. Poi spetterà al Prefetto assumere altre decisioni. Pochi i commenti dal mondo politico sicuramente molto a disagio in questi momenti. Fa eccezione Angelo Bonelli che ha subito inviato una nota stampa: "L'arresto del presidente della provincia di Taranto dimostra, drammaticamente per i tarantini, che un sistema politico ha lavorato per anni per nascondere la verità perché era colluso con chi inquinava e con chi, come dice la procura, ha provocato 'inquinamento, malattie e morte. Per anni le istituzioni hanno detto ai tarantini che tutto andava bene, che la situazione era migliorata, addirittura che la mortalità era diminuita. Ma le indagini della procura hanno smascherato le bugie e chi le ha dette. Le istituzioni non hanno voluto fare le indagini epidemiologiche che avrebbe dimostrato scientificamente la relazione tra morte e inquinamento: quello che doveva fare la politica lo ha fatto la magistratura. C'è un'intera classe politica che, indipendentemente dal coinvolgimento nelle inchieste dovrebbe dimettersi immediatamente perché o era collusa o è stata in silenzio - continua il leader ecologista -. In questa drammatica vicenda, però, esiste un paradosso: chi non è stato in silenzio e ha denunciato con forza, come me, prima è stato denunciato dal ministro dell'Ambiente Clini per aver reso pubblici i dati sulla mortalità e poi, addirittura, citato per danni da Riva che chiede un risarcimento di 500 mila euro”. "A Taranto si muore di inquinamento ma nessuno in questi anni si è preoccupato di costruire un'alternativa all'economia alla diossina. Di certo non se n'è preoccupato il governo Monti, che disinteressandosi dell'emergenza sanitaria e ambientale, si è occupato solo di costruire deroghe e scappatoie per l'azienda. Ora dopo un dettagliato esposto di Taranto si sta occupando il Tribunale dei diritti dell'uomo ma è necessario che l'Aia venga rimessa immediatamente in discussione - conclude Bonelli -. 
 
 

 



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