Sono stata la prima a rallegrarmi dell’elezione di Virginia Raggi a prima cittadina di Roma: che bello, una donna giovane, propositiva, volitiva e anche graziosa. Mi era sembrata inopportuna la lettera pubblica del (ex) marito all’indomani della vittoria, simile al gesto dei cani che delimitano a modo loro la proprietà, ma alla fine ho pensato: «che colpa ne ha lei se il marito (ormai ex) ha voluto scroccarle un quarto d’ora di celebrità?». Quindi, da lì, attesa fiduciosa nell’operato della sindaca. Poi, orrore: una foto che la ritraeva struccata, con la ciappa in testa e (presumo) le cioce ai piedi nel mentre sgrullava un tappetino. Santo cielo, Virginia: sei una delle donne più importanti d’Italia, responsabile del benessere di un paio e oltre di milioni di persone in una città sconvolta da arresti, cronache nerissime, implicazioni politiche nel malaffare, e tu che fai? scuoti tappeti. Ma lascia perdere, dedicati alle faccende più importanti, alle emergenze, alla monnezza che si sta stratificando diventando essa stessa archeologica, insomma renditi presentabile e corri al lavoro, ché ce n’è tanto, troppo da fare. Dopo, il nulla, il vuoto cosmico nell’azione amministrativa, fino a lunedì, a un mese abbondante di mandato, quando si supera il limite: la sindaca presenta al consiglio comunale le linee guida per il governo della Capitale, che risultano in parte copiate da materiali già presenti sul web; poi, una volta declamate, senza nemmeno aspettare gli altri interventi, chiude tutto e – udite udite – va a prendere il figlio all’uscita di scuola lasciando tutti attoniti. No, non ci siamo. Non solo è irresponsabilità, cara Sindaca, di più e più grave: è sciatteria (la pinza nei capelli no, dai, e poi il pargolo lo fai prendere dalla baby sitter, te la puoi permettere), è pavidità (cfuggi da tuoi avversari nell’assemblea capitolina?), è incompetenza (tre settimane per scrivere un programma e tu leggi un copia incolla?), è stupidità (anche i ragazzi delle medie sanno che ci vuole un attimo per scoprire che il temino è farina del generoso mulino del web). L’immagine che ne risulta di lei e della già caput mundi è pessima e di disperante solitudine: manca la sua compagine politica (dov’era la giunta? Gli altri pentastellati brillano solo sui social), manca lo staff (la lezioncina di 45 pagine patchwork la sa copincollare pure una matricola di Scienze delle Merendine), manca la famiglia (dov’era il marito – ex – che tanto si era affannato a manifestarsi? Lei è orfana? Non ha parenti fino al nono grado di parentela? Non ha amiche fidate, nessuno che possa andare a prelevare da scuola il pupo in un giorno importante per la collettività?), manca lei a se stessa (non pensava, povera sprovveduta, che fosse così faticoso?). Insomma, a ben vedere e considerato quanto fatto finora, manca proprio – e di già – un sindaco.