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Salvate lo smart working dal ministro Brunetta

Pubblicato da: Categoria: EDITORIALI

4
MAG
2021

Nel corso degli anni, molto spesso, di fronte a problemi nell’approvazione della Legge Finanziaria, qualcuno era solito affermare che l’esercizio provvisorio – cioè la spesa pubblica in assenza di condizionamenti della politica- sarebbe stata un’ottima cura per le sorti del Paese.  Ciò per insinuare che il valore aggiunto della politica fosse minore o uguale a zero.

Potrebbe sembrare una battuta se non fosse che, l’unica riforma dirompente e rivoluzionaria degli ultimi quarant’anni è nata per caso e in assenza dei condizionamenti del decisore. Il quale, stante lo stato d’emergenza, non ha avuto scelta non potendoci mettere bocca più di tanto. Si tratta dello smart working e del suo uso “liquido” imposto dalla pandemia che ha cambiato in un attimo e in maniera inimmaginabile la concezione del lavoro dopo che per anni si era solo chiacchierato sull’argomento. Da ciò si evince che, quando la politica subisce le riforme senza metterci le mani, esse, se non migliori, sono sicuramente maggiormente aderenti alla realtà fattuale o quantomeno realizzate in tempi accettabili e in maniera compiuta.

La prova scientifica di tale postulato sta nel fatto che, non appena un Ministro (Renato Brunetta) ha messo le mani sul lavoro agile, non ha fatto altro che peggiorare le cose compromettendo una conquista epocale, uno strappo radicale “per caso” con il vecchio mondo del lavoro. Il professor Brunetta vi verrà a raccontare che la sua riforma dello smart working nella pubblica amministrazione è fatta per valorizzare una simile esperienza. Seguiranno le lodi pelose, ipocrite e di circostanza per questo favoloso strumento, dopo le quali lodi farà capolino il famoso “ma”. Il “ma” in questione consiste nel fatto che il “non detto “ della controriforma sta in due affermazioni sibilline. La prima è “però bisogna tornare alla normalità”, come se il modo novecentesco di lavorare nel periodo pre-pandemia fosse un traguardo da riconquistare. Il secondo “ma” è insito nella norma e consiste nella responsabilità affidata ai dirigenti pubblici di organizzare lo smart working in maniera razionale abolendo le soglie minime di ricorso a tale strumento. Ciò come a voler sottintendere che il dirigente pubblico è liberissimo di valorizzare lo strumento del lavoro agile ma -se qualcosa dovesse andare storto – costui verrà crocefisso come il trentatreenne di Nazaret. Come pensate che si regolerà il decisore cui è demandata “pienissima autonomia”? Pavidamente comincerà a parlare di ritorno alla normalità come valore e come conquista. Il burocrate, a differenza di Renato Brunetta, sa benissimo che tornare alla normalità equivale a sprecare un’occasione storica e che, richiamare in presenza persone che possono tranquillamente fare da remoto ciò che il Ministro vuole che facciano in presenza, è un diversivo buono per non risolvere i veri problemi della pubblica amministrazione. Problemi che risiedono nelle procedure, nell’organizzazione del lavoro, nella determinazione dei carichi di lavoro e nella misurazione della produttività dei dipendenti pubblici. Eccezione fatta per coloro che stanno al pubblico, c’è tutta una platea di lavoratori in back office che non viene organizzata, dotata di procedure degne di questo nome e controllata. Questo accadrà sia in presenza che a distanza. L’unica differenza è che, in un momento in cui le partite iva soffrono perché i ristori non arrivano  e l’economia non riparte per evidenti limiti politici,  è molto più comodo fomentare la guerra tra poveri gettando il dipendente pubblico in pasto al popolo inferocito. In tal modo, convincendo le partite iva che, il panino acquistato dal dipendente pubblico al bar sotto l’ufficio, farà ripartire tutto. Una vaccata anche in termini economici perché, se è vero che questo benedetto panino non viene acquistato al bar sotto l’ufficio, è anche vero che esso è ampiamente sostituito dalla pizza acquistata al forno sotto casa. Una mera trasposizione geografica della parte di reddito allocata in consumi con somma zero. Omettiamo ovviamente ciò che è arcinoto e cioè gli enormi benefici in termini personali e familiari riscontrati in termini di vita privata da parte dei fruitori dello smart working perché sappiamo benissimo che al Ministro Brunetta non interessano un fico secco (per quanto ultimamente cerchi di fare il mansueto nelle dichiarazioni).

Ci domandiamo allora quale coerenza ci sia nel parlare di moralizzazione della spesa se poi spingiamo perché tutti tornino a intasare enormi e costosissime sedi che potrebbero essere ripensate.

Ci domandiamo inoltre per quale motivo ci si riempia la bocca con la transizione ecologica, il green e menate varie se poi spingiamo perché tutti si riversino per le strade a fare traffico, inquinamento e gazzarra inutile. Inutile ricordare a Renato Brunetta che lo smart working aumenta la produttività e diminuisce i costi secondo i più autorevoli studi in circolazione: ah già, il panino acquistato al bar sotto l’ufficio salverà il mondo e il fannullone diventerà produttivo per il sol fatto di poggiare le terga sulla poltrona dell’ufficio. Sipario sullo Smart working. 

 



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