La campagna politica continua ancora: Stefàno per poco non si riconferma sindaco, e si prepara al ballottaggio contro Mario Cito. Noi abbiamo intervistato il primo
E’ stato interminabile lo spoglio elettorale delle ultime comunali a Taranto; 16 ore lunghissime di attesa e di ansia, nonostante ci sia stata una bassa affluenza, il 63% circa, il 13% in meno rispetto alle precedenti del 2007. Lentezza dovuta all’ostruzionismo fatto dai rappresentanti di lista dice qualcuno, qualcun altro ha lamentato che non siamo dotati ancora di apparecchi elettronici specifici per contare le schede, come negli altri Paesi. Alle 6.58 del martedì, finalmente chiuso l’ultimo seggio con un risultato di 49, 52% per Stefàno sindaco uscente, e 18, 93% per Mario Cito, Taranto andrà dunque al ballottaggio. Non ce l’hanno fatta gli ambientalisti con Angelo Bonelli, la novità nella nostra città, dato il problema ambientale legato all’inquinamento; a dire il vero si pensava ad un ballottaggio Stefàno vs Bonelli, dato il duro lavoro, costante e ampiamente diffuso, che hanno fatto nei soli ultimi due mesi di campagna elettorale gli ambientalisti. Si ritengono comunque ampiamente soddisfatti tutti i sostenitori e i candidati per Bonelli, considerando di aver raggiunto quasi il 12% di consensi, alla luce del fatto di non essere appoggiati da nessun partito politico, ma di essere costituiti da sole liste civiche, formatesi appunto due mesi fa. Nel Comitato di Stefàno, quello degli SDS in via Principe Amedeo, la tensione è stata alta, oltre alla rabbia per non essere riusciti a passare “per un pelo” il primo turno, come ha dichiarato Maria Teresa Sgobio, segretaria organizzativa SDS. Ezio Stefàno invece è arrivato al Comitato abbastanza sereno e soddisfatto, pur trapelandosi una certa soglia di stanchezza; circondato dai suoi colleghi di reparto (si ricorda che Stefàno era un pediatra), medici e infermieri, scherzava raccontando alcuni aneddoti avvenuti con loro, probabilmente per sciogliere la tensione. Ha concesso qualche battuta prima di entrare e di essere inghiottito dai suoi sostenitori.
Come è stata la campagna elettorale?
«Personalmente è stata bella, perché ho rivisto persone che non vedevo da tanto, mamme che non vedevo da anni, è stato emozionante; macchine di papà che si fermavano per ricordarmi che 30 anni fa ho curato i loro figli, e spesso di domenica. Si è creato un rapporto umano bellissimo, bello perché rinverdisce i sentimenti, ed è confortante saperli sempre presenti.»
Era percettibile questo risultato?
«No, non esattamente. Ho sempre sperato che questo affetto si trasformasse in consenso nella cabina elettorale, perché un conto è l’affetto, ma è cosa diversa esprimere il voto, e questa volta speriamo come 5 anni fa, entrambe le cose coincidano; quest’anno possiamo ricevere il consenso dai cittadini su dati concreti, perché siamo usciti dal dissesto, ma 5 anni fa il consenso si basava solo sulla trasparenza, avendo bisogno di puntare sulla certezza del non imbroglio, e lo abbiamo dimostrato. Ci auguriamo di continuare per i prossimi 5 anni e dare risposte vere alle domande dei cittadini, perché mantenere il consenso in una città normale è facile, ma in questa città, in cui abbiamo portato la correttezza facendo rispettare le leggi, non è stato semplice; siamo riusciti a far comprendere che rispettare le leggi è nell’interesse di tutti i cittadini, quindi su questa scia abbiamo pagato le tasse in più, privandoci di ogni privilegio. Non abbiamo addetto stampa, né difensore civico per esempio, e aver mantenuto il consenso significa che è stato compreso che abbiamo dovuto stringere la cinghia, per sopperire ai diritti negati a questa città per tanti anni.»
Queste risposte come arrivano, come le dà?
«Innanzitutto abbiamo pagato 6500 creditori uscendo dal dissesto; il “piano di estinzione” che la OSL (Organismo Straordinario di Liquidazione) ha presentato solo pochi giorni fa, certifica ufficialmente l’uscita dal dissesto, il che vuol dire che siamo un comune libero, e i cittadini hanno sofferto con noi ma hanno capito. Noi abbiamo fatto pagare alla Grande Industria le tasse che non ha mai pagato, 5 milioni di euro. Siamo riusciti insieme alla Provincia e alla Regione a sensibilizzare il Governo, che finalmente ha ascoltato i problemi di una città per 4 ore di seguito, impegnandosi a dare risposte concrete. Sono già stati stanziati 400 milioni di euro per il Porto e le gare d’appalto sono già partite; naturalmente i risultati li vedremo tra 4 o 5 mesi, portando occupazione in questa città. Tra le promesse che il Governo deve mantenere, ci sono quelle per le bonifiche del Mar Piccolo e dell’area industriale, lo stanziamento dei 100 milioni per il quartiere Tamburi e Paolo VI; chiediamo la possibilità di riavere le aree demaniali, non come risarcimento, ma come attenzione della sofferenza di 120 anni che i cittadini hanno subìto. Esistono palazzi chiusi da 25 anni, potrebbero essere utilizzati per le famiglie che hanno bisogno di case, zone del centro chiuse da 30 anni, i baraccamenti cattolici situati anch’essi nel centro della città, potrebbero servire per fare parcheggi; per non parlare del teatro che vogliamo restituire ai tarantini, il Cral Arsenale, situato alla porta d’ingresso dell’arsenale, di proprietà demaniale militare, di cui molta gente neanche è a conoscenza. Taranto tra 6 mesi comincerà a correre. Da non dimenticare i 60 milioni per la sanità, ex San Raffaele, destinati a Taranto.»
Cosa ne sarà del progetto San Raffaele?
«Non dobbiamo confondere le parole con i fatti. Abbiamo bisogno che la sanità tarantina sia svincolata dal piano di rientro che c’è, per cui bisogna assumere infermieri e medici, e dare tutte le risposte per curare i tarantini. La prima cosa da fare in merito, è aprire immediatamente l’ospedale militare ai cittadini, perché è impensabile che ci sia un reparto di odontoiatria e noi siamo costretti ad andare ad Acquaviva delle Fonti. Chiaramente abbiamo bisogno di un altro ospedale “di eccellenza”; considerando che l’ospedale Moscati (ospedale Nord) va bene per i suoi laboratori, è bene costruire a fianco un ospedale per la degenza, moderno, con stanze a due letti e bagno; ciò a fronte chiaramente dei 60 milioni. Il ruolo di Taranto non deve essere limitato al confine della nostra provincia, ma deve far fronte a un milione di abitanti, valutando che la Basilicata e la Calabria, abbiano più vantaggio a venire a Taranto, piuttosto che a Potenza o a Catanzaro per curarsi. Taranto è una delle poche città al mondo, che ha la fortuna di avere l’aeroporto distante solo 20 km dal Porto; pochi giorni fa abbiamo verificato la potenza dello stesso, ma dobbiamo impegnarci a superare la burocrazia, convertendolo da commerciale a turistico. Circa un mese fa mi son recato a Verona per questo motivo: ho già concordato con il sindaco lo scambio di voli turistici per la prossima estate.»
E il rapporto con l’Eni?
«Oltre a essere stato il primo a far pagare le tasse all’Ilva, ho fatto un esposto alla magistratura il 24 maggio 2010, chiedendo se fosse vero che c’è un aumento della mortalità e di chi fosse la responsabilità e soprattutto, come fosse distribuita. L’inquinamento a Taranto ha avuto inizio 150 anni fa con i Cantieri Navali, si tratta quindi di responsabilità nazionale, perché siamo stati al servizio della nostra nazione per tantissimi anni, senza ricevere considerazione dalle istituzioni statali. Vendola ora ha chiesto, convocando il Governo, il dimezzamento della potenza voluta dall’ Eni; finalmente abbiamo richiamato l’attenzione su questa città. Sino a ora abbiamo avuto l’anidride solforosa che ha fatto venire le bronchiti allergiche a moltissimi tarantini, ma nessuno ha mai sollevato il problema. Sono stanco dello scontro politico, fondato su chiacchiere e menzogne!»