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PATTO GENERAZIONALE/ Un cammino senza soluzione di continuità

Pubblicato da: Categoria: POLITICA

2
FEB
2017
Nelle passate amministrative del 2012 a Martina si stringe un patto generazionale che ha visto un uomo di grande esperienza a capo di una squadra giovane, inesperta forse, ma con tanta voglia di fare.
Ora ci ritroviamo con il vecchio che vuole rimanere e il nuovo che scalpita.
 
Il patto generazionale è nato in ambito aziendale affinché fosse favorita l’uscita dei dipendenti prossimi alla pensione facilitando l’inserimento dei giovani. La prima azienda italiana ad applicarlo è la Luxottica, che permette ai dipendenti senior di lavorare part-time senza che la pensione venga ridotta e ai dipendenti junior di avere un primo approccio con l’azienda. 
Vi sono vari modi di interpretare il patto generazionale, può essere visto come qualcosa che nasce "dall’esigenza di garantire la continuità della gestione programmando in vita il proprio cambio generazionale", così da avere quello che viene chiamato "Patto di famiglia": un vero e proprio contratto con cui avviene il trasferimento da parte dell’imprenditore a uno o più tra i suoi discendenti di una parte, o della totalità, dell’azienda o le quote societarie; in questo caso si avrebbe tra padre e figli, poiché solo se vi è un forte legame relazionale l’imprenditore potrebbe essere disposto a rinunciare ai suoi benefici economici in favore di altri. Oppure, il patto, può essere inteso come qualcosa che permette senza soluzione di continuità di passare da un boss a un altro, da un operaio all’altro senza stravolgimenti, per crescere l’azienda. Il cambiamento spesso può far paura: il nuovo, l’ignoto, intimoriscono, ma il cambiamento può anche portare al miglioramento, alla crescita, all’arricchimento.
È un binomio così bello che viene usato anche in altri campi, forse, in alcuni casi, fino ad abusarne.
Nel 2012 a Messina vi è stato proprio un movimento politico che si è battezzato con questa combinazione di parole densa di significato, ragazzi under 30 che volevano mettersi in gioco, diventare cittadini attivi, che avevano il desiderio di fare distaccandosi da quello che era accaduto prima, dalla tipologia di politici avuti fino ad allora.
Patto Generazionale: due sole parole, diciotto lettere che in loro racchiudono persone, numero di genetliaci, vissuti, pensieri, ideali…differenti.
Il patto generazionale indica il nuovo che avanza, che supera il vecchio. È un pensiero nobile, ma come tutte le cose realmente nobili è difficile da realizzare, specialmente quando poi si tratta di interessi personali, di mettersi d’accordo, di arrivare a compromessi.
La vita è un continuo compromesso, e la politica è vita.
Viene spontaneo chiedersi come si applica un patto generazionale? Quando e come questo finisce? Può la prematura fine di un cammino essere l’alibi per l’interruzione e, in qualche modo, la negazione di questo patto generazionale?
Nel 2012 a Martina si stringe un patto generazionale, un patto che viene definito da uno dei giovani sottoscriventi in questo modo "Il patto tra l’esperienza e il sogno, tra la mitezza e l’ardore, tra un padre ed un figlio. Il giusto mix per essere protagonisti di un cambiamento."
È proprio così siamo stati spettatori di un patto che ha visto un uomo di grande esperienza a capo di una squadra giovane, inesperta forse, ma con tanta voglia di fare.
Ora ci ritroviamo con il vecchio che vuole rimanere, legato alla sua poltrona, forse solo per troppo zelo, per amore di patria; e il nuovo che scalpita, che vuole essere ancora più attivo, più protagonista, che non vuole più stare in seconda fila, che vuole la poltrona.
Un giovane non potrà mai avere l’esperienza e la conoscenza di qualcuno che è da più tempo su questo mondo, così come la voglia di fare di un ragazzo sarà maggior di quella di qualcuno che ha già fatto. Il primo vuole dare, l’altro anche, ma la saggezza del secondo può suggerire al primo che ci sono vari modi per dare, e ora, forse a lui tocca dare qualcosa di diverso, tocca essere un Maestro.
Bisogna superare il complesso di Edipo, eliminare l’idea che i figli per vivere debbano uccidere i padri, perché questi possono benissimo convivere, insieme possono essere una forza, una risorsa.
Il nuovo e il vecchio, possono e devono collaborare, facendo fronte comune, perché citando don Tonino Bello "Occorre spalancare la finestra del futuro progettando insieme, osando insieme, sacrificando insieme. Da soli non si cammina più." La parola chiave deve essere INSIEME.
Sono una giovane con la voglia di fare, che crede e vuole il cambiamento; ma che non ha l’esperienza per farlo, che non sa come farlo e non sa se può e riesce a farlo, non da sola almeno. So che quando toccherà a me cambiare il mondo, vorrò accanto a me una persona che abbia esperienza e conoscenza. Perché io so come voglio che il mondo diventi, lui sa come è; io so come vorrei il futuro, lui conosce il passato. Io sarò il palazzo, lui le fondamenta. Un albero senza radici cade. Il futuro è imprescindibile e inscindibile dal passato. Passato e futuro collaborano.
Il patto generazionale è un lungo cammino, che non termina così come è partito, che come la vita muta.
C’è chi si aspetta un passo indietro del giovane, e chi, forse la maggior parte, se lo aspetta da chi ha già vissuto quell’esperienza; credo invece che il passo indietro debba essere di entrambi, e che poi vada fatto insieme un passo in avanti, con il sostegno di tutti. La forza di una squadra è data dalla somma dei suoi componenti, e la matematica ci insegna che cambiando l’ordine degli addendi il risultato non cambia. Se si crede nella squadra che c’era, si può credere nella squadra che ci sarà. Il cammino potrebbe proseguire vedendo i protagonisti sempre insieme: chi sa continua ad aiutare chi si affaccia a questa nuova esperienza; e chi non sa è lì pronto a imparare, ad apprendere tutto quello che gli verrà insegnato, ad ascoltare con attenzione ogni parola, consapevole di avere al proprio fianco una figura forte, con le spalle grandi, simbolo di sicurezza e protezione. Vi potrebbe essere la prosecuzione del cammino: a parti invertite.
Occorre prendere per mano i giovani, mostrar loro il mondo, spiegarlo, insegnar loro come si vive, spingerli, lanciarli in alto, in cielo, pronti a prenderli in caso ci fosse bisogno, ma se si è seminato bene, spunteranno delle ali che permetteranno al ragazzo di volare, con la consapevolezza di avere sempre un’ancora di salvezza a terra.
I giovani sono il futuro sostenuti da chi ha già vissuto.
I "nani che camminano sulle spalle dei giganti" per scrivere una nuova Storia. Quella di Martina!

 



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