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Alessandra Guttagliere: Ogni cosa al suo (op)posto

Pubblicato da: Categoria: CULTURA

15
GIU
2012

 

Vive lowcost tra la Puglia e la Toscana, passa dall'arte di strada a quella in teatro e ha una sua teoria sugli opposti. Con una mostra a Massafra, accetta la sfida di allestire uno spazio molto particolare: la chiesa di Sant' Agostino
 
La parola “rispetto” risale al XIV secolo e viene dal latino respicere, guardare indietro, considerare. Nella maggior parte dei casi è proprio nell'origine della parola che si capisce a pieno il suo significato ed è per questo che oggi sentivo la necessità di iniziare dalla teoria. Passando alla pratica invece, sappiamo bene che la parola “rispetto” indica quel sentimento alla base di qualsiasi rapporto di stima, e da qui il rispetto per il prossimo, per la natura, per noi stessi. Avete mai pensato a quanto sia importante il rispetto per quello che fate, quello che vi fa sentire vivi? Beh, io, devo essere sincera, tra un impegno e un altro, a volte  lo dimentico. Ma, por suerte, direbbero gli spagnoli, in questo periodo così frenetico ci sono ancora persone come Alessandra, che invece il rispetto per la sua arte non lo dimenticano mai. Dovete partire dall'idea che Alessandra sembra la protagonista di una fiaba, pelle chiara e delicata, viso sereno, occhi grandi ed espressivi, voce soave e limpida, e come se tutto questo  non bastasse a creare la giusta atmosfera, per parlare della sua mostra mi  ha invitata nel suo attuale laboratorio, che le fa anche da casa, ormai da circa due mesi, perché lei non riesce a scindere la sua vita dalla sua arte. Insomma cari lettori, se non riuscite più a immedesimarvi in una fiaba pensate a un  film francese, ambientato nella famosa Monmarte di Van Gogh, Modigliani e Picasso. Alessandra Guttagliere, appena 25 anni, tarantina, merita di essere conosciuta in uno scenario di questo tipo, per essere poi riscoperta, in veste contemporanea, durante la sua mostra, dal 16 al 24 giugno, dalle 20,30 alle 24,00,  nella chiesa di Sant' Agostino, a Massafra.
Prima di entrare nel vivo di quello che ci proporrai, è necessario avere alcune linee guida. Come nasce questa nuova mostra?
«Ci sono diversi aspetti da considerare... Sicuramente, uno dei più importanti è quello di voler fare un'esperienza nella mia terra e provare a fare le stesse cose che sono riuscita a realizzare in altri posti. Di conseguenza sondare il territorio, capire come si muove l'arte contemporanea qui che non è completamente assente ma fa fatica ad emergere. Il mio territorio e l'affetto che mi lega è per me anche fonte di ispirazione, quindi come dire, si è creata una sorta di reazione a catena. Tutto è nato, per entrare nel particolare, da delle visioni ispirate ovviamente dal paesaggio pugliese quindi inizialmente il mio è stato un lavoro pittorico sui paesaggi in Puglia, successivamente la sorpresa di questo progetto che ha comunque come fonte di inspirazione la Puglia o meglio Taranto e la sua provincia, Massafra. Il caso ha voluto che durante la mia frequentazione a un corso di specializzazione presso la scuola Programma Sviluppo, conoscessi Mariangela Cerbino, curatrice della mostra, che con la sua associazione, “Le bocche del vento”, vincitrice del bando Principi Attivi, voleva realizzare un evento per la rivalutazione del territorio e facendo un sondaggio sugli artisti ha scelto me per il mio stampo contemporaneo molto forte. Da qui è nata la valutazione di quelli che sono i contenitori espositivi qui a Massafra, tutti molti interessanti, ma la chiesa di Sant' Agostino ha una serie di fattori fondamentali.»
“Ogni cosa a suo posto, Secondo acqua appare”, è il nome della mostra, che definisci una ricerca in corso, un punto di partenza, un punto di vista.
«Io lavoro sul visivo, però sono fortemente spinta da un mio segreto, che in realtà vi sto svelando, che è la poesia e quindi cerco di utilizzare le parole e il visivo in modo suggestivo, e come si vedrà nella mostra opere e parole sono completamente fuse. “Ogni cosa a suo posto” è un gioco che pone delle domande: quale cosa? Quale posto? Stiamo parlando di una chiesa che ha subito una serie di cambiamenti nel corso degli anni, e quindi ora come ora, cosa è in realtà? “Secondo acqua appare” sta ad indicare che ogni cosa appare secondo acqua, semplicemente cambiando l'ordine delle parole. La mostra nasce da quelle che sono le funzioni vitali dell'uomo, molte volte consolidate meccanicamente, che sono respirare, camminare, dimenticare, insomma tutto ciò che l'uomo fa senza più rendersene conto. Giocando sul tema del respiro sono arrivata alla conclusione che l'acqua fosse la dimensione giusta per parlare di questo, perché l'acqua è il non respirare e poiché non riesco mai a considerare ogni cosa senza il suo opposto, non respirare è anche respirare.»
La mostra si presenta come una istallazione site-specific per la chiesa di Sant'Agostino, che come ci dicevi poc'anzi ha una serie di caratteristiche fondamentali, quali?
«La chiesa scelta ha un atmosfera solenne, maestosa, ma in realtà era una chiesa in passato, poi si è trasformata in altro e poi in altro ancora e adesso è un contenitore purtroppo chiuso, aperto in pochissime occasioni. Per me è un punto di vista altro e da qui la necessità di trasferirmi. Ha  sicuramente la sua fortissima struttura di chiesa, con gli altari, delle piccole navate, ma ora è anche uno spazio neutro, non ha religione, ha la grande maestosità di qualcosa che è stato ma che ora non è più. E' uno spazio immenso che mi attrae tantissimo perché si parla di installazione e quindi dello spazio puro senza pareti o altro. Da qui il senso di site-specific: sto realizzando delle opere pensate appositamente per questo spazio dal punto di vista metrico o della luce ma sono sicura che, grazie alla loro stessa componete, con altri giochi di installazioni, si potrebbero adattare anche altrove. Inoltre è necessario parlare della molteplicità delle tecniche, si passa dal visivo al ready-made, cioè utilizzare oggetti già esistenti, trasformandoli, e questo grazie alla collaborazione di tutte le persone che hanno voluto donare materiale cartaceo per amore dell'arte o che semplicemente non volevano più conservare. Faccio questo anche per indagare sul tema della memoria: l'acqua che sommerge e che cancella le cose.»
Un bel progetto che nasce dalla collaborazione con Mariangela Cerbino e propone anche due appuntamenti con Isabella Mongelli e Paola Stasi. Svelaci qualcosa.
«Per me l'arte contemporanea è qualcosa che non si ferma a un solo senso ma va oltre totalmente, e credo quindi che sia impossibile non essere attratta dal teatro, quello performativo, (considerando la mia formazione da scenografa), in questo caso  di Isabella Mongelli, che è un artista tarantina, conosciuta casualmente. Ho avuto modo di vederla in scena e mi sono completamente innamorata del suo modo di fare arte, che consacra quello che è già presente nella mostra ovvero l'azione performativa dello spettatore che si muove, che non è immobile. Per me è importante che lo spettatore possa vedere anche il retro dei dipinti, che infatti uso come delle pagine, e ci scrivo per dare delle informazioni. Il linguaggio però è fatto anche di suoni, ed è per questo che ho deciso di invitare Paola Stasi che è un'altra artista tarantina che si occuperà di musica elettronica componendo dei suoi pezzi e facendo un live di improvvisazione.»
La tua biografia è molto interessante: racconti di quanto sia per te vitale tanto il fare quanto il vedere, vivi lowcost tra la Puglia e la Toscana, passi dall'arte di strada a quella in teatro. Come fai?
«In un periodo in cui mi sono resa conto che la mia vista sta peggiorando parlare dell'importanza del fare e del vedere è simbolico. Per riuscire a osservare è fondamentale l'utilizzo della vista,  ma questo non vuol dire che non ci siano altri modi per farlo, però proprio la mia continua riflessione mi porta a fare molta attenzione su quelle che sono tematiche molto serie quali la cecità e in un futuro vorrei collaborare con delle persone non vedenti e approfondire il visivo dal  loro punto di vista. Il fare è la necessità, totalmente naturale, ma qui si parla proprio della mia educazione, per intenderci, se ho bisogno di qualcosa non penso a comprarla ma penso a farla con le mie mani.
Per quanto riguarda il mio vivere lowcost significa avere un gran senso di organizzazione, nel sapere esattamente quello che devi fare e soprattutto scegliere di vivere in luoghi non cari, che offrono cose diverse, per fare un esempio, in un periodo ho deciso di vivere sulle montagne, a 40 km da Firenze con le mie galline e l'auto sostentamento. Per concludere invece, mi piace un approccio totale all'arte, che è un modo di vivere. L'arte è l'insieme dei sensi per questo non riesco a prescindere da nulla, dalla strada o dal teatro stesso»
Cosa ti aspetti da questa esperienza?
«In realtà non ho delle vere e proprie aspettative, un po' perché ci sono cose che tendono sempre a sorprenderti o a deluderti. Spero che le persone che verranno a vedermi avranno poi voglia di parlarmi, di raccontarmi le loro emozioni, e così potrò crescere dal punto di vista artistico. Ovviamente spero che sia un momento di aggregazione o meglio ancora un momento in cui l'arte sia la protagonista per un incontro diverso, e  sia una occasione per liberarla dal concetto di sottocultura che in fondo ancora le appartiene e di cui, di conseguenza, fa parte anche l'artista.»


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