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DARIO BELLUCCO/OLTRE IL LIMITE

Pubblicato da: Categoria: CULTURA

21
FEB
2014
“Corde”, il  libro di esordio del giovanissimo scrittore tarantino: racconti flash di una generazione cresciuta a caramelle e carezze, spiazzata nel tempo della crisi, a cui non resta che  prendersi a pugni
 
Fucine Letterarie, che da anni organizza corsi di formazione in letteratura, mediazione editoriale, consulenza filosofica, prosegue la sua attività di scouting con esiti interessanti che sono la dimostrazione di un territorio incline alla produzione letteraria e interessato ad approfondire tutto quel che si muove intorno e dentro i libri. E’ questa la ragione per la quale anche quest’anno, tra qualche giorno a Martina Franca, Taranto e Monopoli ripartiranno i corsi di scrittura creativa, giornalismo ed editoria, tenuti da Michelangelo Zizzi, direttore di Fucine Letterarie. Non è a lui però che dedichiamo questo approfondimento (lo faremo prossimamente): abbiamo voluto invece sentire la voce di un giovane esordiente, Dario Bellucco, 22 anni. La sua raccolta di racconti “CORDE” (Lupo Editore), ha per protagonisti ventenni,  le cui esperienze di vita delineano i confini di quella periferia esistenziale caratterizzata da rabbia mista a rassegnazione, da un’amicizia che si fa strada a suon di pugni e spinelli, da un amore  impossibile. 
 Su “Corde”, presentato a Milano nel mese scorso, lo scrittore Alcide Pierantozzi così si è espresso “E’ un libro molto più maturo di quello che ci si aspetterebbe da un ragazzo di quella età. Ma attenzione: è maturo proprio in virtù della sua semplicità, della fresca disinvoltura con cui riesce a modulare decine di variazioni sullo stesso tema, della sua aderenza a un certo stile di vita, come se non volesse mai spostare lo sguardo da quelle due cose - amore e droga - che vede ogni giorno "dal vivo", e che spesso si confondono l'una con l'altra”. Ed anche Mario Desiati scommette su Dario Bellucco, tant’è che nella prefazione scrive: “Corde è il debutto di una voce che farà parlare di sé. Sono racconti ancora frammentari, ma con l’intensità di chi ha un impeto che sta scoprendo. … Bellucco ha qualcosa che non è stato ancora detto e che esce poco per volta. In queste novelle c’è l’autenticità e la pratica poetica degli uomini di Taranto vecchia, anche se del paese d’origine nelle pagine che seguono, c’è quasi niente nei contenuti, ma molto nella forza e nel modo di narrare.”
E noi abbiamo voluto sentire proprio Bellucco con un’intervista esplorativa che ha confermato la nostra convinzione del talento di un giovane autore che alla scrittura crede ancora. 
 
Un esordio con una raccolta di racconti, genere che fa fatica ad affermarsi nel mercato, è una scelta impegnativa. Come mai   un inizio così arduo?
«Credo che l'immediatezza sia tutto per la scrittura. Amo i racconti sia come scrittore che come lettore, per il loro modo di impressionare in poche pagine; e mi dà molta fiducia il fatto che l'ultimo premio Nobel per la letteratura sia stato dato a una scrittrice di racconti. Solitamente si pensa che il racconto sia "qualcosa di meno" rispetto al romanzo, ma la realtà è che sono due cose diverse, come i cento metri e la maratona».
 
Inquietante la copertina di questa raccolta. Ce ne offri una chiave di lettura?
«Abbiamo scelto quella copertina tra molte, all'inizio l'idea era tutta diversa. Poi, quando mi hanno presentato questo disegno, sono rimasto particolarmente colpito: le Corde che intendevo sono in effetti un animale silenzioso, che si avvicina di soppiatto e ti coglie all'improvviso, come un avvoltoio. Siamo sempre così sicuri di controllare tutto che gli imprevisti ci colgono sempre alla sprovvista».
 
Amore e droga sono i poli intorno ai quali si snodano i 14 racconti. Sono loro le “corde”, cui il titolo fa riferimento? Cosa rappresentano?
«Ritengo che si possano identificare come Corde tutte le idee prese per buone senza possibilità di ripensamento. Nel mio caso sono state l'amore e la droga, perchè mi sembravano i due elementi più vicini alla realtà che conoscevo, i più comuni; e perchè, essenzialmente, sono state due cose che mi hanno segnato, per presenza o per  assenza. L'amore e la droga sono molto simili, forse l'amore è una droga: perchè ti fa star bene, e quando sparisce vai in astinenza». 
 
Quale amore o amori hai scelto di raccontare e perché?
«Ne ho raccontato sempre uno, anche se forse per il lettore non sarà così evidente. Negli occhi di quella ragazza che non mi voleva macinavo racconti per stupirla, ma non so se ha mai funzionato, non la sento da un po’. L'amore è una cosa strana, non prevista, e non sempre va come vogliamo noi; ma è la sensazione più bella da descrivere, anche se sei rifiutato, anche se sei solo e patetico. Amare è diverso dall'essere amati, è diverso dall'essere fidanzati; ma, se ci si comporta in modo adeguato, non è meno speciale».
 
E veniamo ai personaggi, perlopiù giovanissimi e tutti molto inquieti e ossessionati. Cosa nascondono queste loro vite? In altre parole, cosa c’è dietro quel numero esagerato  di spinelli che anche noi lettori fumiamo mentre sfogliamo le pagine del tuo libro?
«C'è la voglia di essere diversi nonostante tutto. La voglia di sentirsi integrati in un gruppo a parte, in una società tutta diversa; la voglia di smentire dicerie sul conto di individui, sostanze e situazioni. Per la legge, chi si fuma una canna è come chi si fa di eroina: ma la realtà è diversa, con più sfumature e con approcci diversi. Volevo dimostrare che chi scrive, parla di arte o di argomenti interessanti, non per forza è una persona che la società definirebbe "a modo". Volevo giocare su questo contrasto». 
 
Tu sei di Taranto: anche  i tuoi racconti sono impregnati della diossina dell’ILVA o hai preferito andare controcorrente?
«È impossibile vivere a Taranto e non essere impregnati di diossina. Io non ho mai scritto la parola ciminiera, non ho mai scritto la parola cancro; eppure, quelle morti brutali che ho messo nei racconti, sono le morti brutali di chi avrebbe potuto avere un futuro che da altri è stato eliminato. Vedo i miei amici, i miei parenti, e tutti abbiamo la stessa paura, la stessa ossessione: se l'ho chiamata in modo diverso, questa paura delle morti "rubate", come dicono in città vecchia, è stato per puro spirito artistico». 
 
Tutti i racconti riproducono  il  vissuto giovanile dell’insoddisfazione e della ribellione inibita dall’assenza di un’autorità contro la quale, appunto,  ribellarsi. Se questa lettura è corretta,  quali scelte stilistiche hanno  guidato la tua scrittura?
«Per quanto riguarda i temi, volevo mettere l'accento su una generazione cresciuta a caramelle e carezze e poi ritrovatasi nel mondo della crisi: un fenomeno spiazzante, per chi lo vive. L'assenza di un'autorità non è da limitare all'ambito familiare; è un'assenza di guide, punti di riferimento, che ti fa vivere alla giornata, senza pensare al domani. Lo stile è stata una diretta conseguenza: tale precarietà non ritengo potesse essere descritta dall'ipotassi e dalle frasi lunghe, ecco perchè ho scelto una via più "cinematografica"».
 
Prima di giungere alla scrittura certamente sei passato attraverso la lettura. Quali sono stati i libri,  gli autori/autrici che hanno alimentato questa tua passione?
«Come disse qualcuno, siamo nani sulle spalle dei giganti; e tanti giganti ho avuto intorno a me. Leggo da quando ho cinque anni, il mio primo libro è stato "Il pianeta degli alberi di Natale" di Gianni Rodari, lo sfoglio ogni mese. A parte i vari Calvino e Buzzati, sicuramente dovrei ringraziare i minimalisti americani (da Carver a Bukowski) che mi sono stati consigliati dal professor Pulpito, uno dei docenti di filosofia del mio liceo classico; poi sicuramente devo molto a Michelangelo Zizzi, direttore di Fucine Letterarie, che oltre a incanalarmi sulla strada della pubblicazione mi ha fatto leggere tanti poeti, tra cui Ezra Pound. La poesia è molto importante per chi scrive prosa, anche se risulta difficile da credere».
 
Ultima domanda: perché un ragazo/ragazza dovrebbe leggere “Corde”?
«Per identificarsi. O, semplicemente, per il gusto di leggere: ho deciso di fare racconti compatti e brevi per fare in modo che fossero facilmente fruibili, da leggere in metro, bus o prima di andare a dormire: perchè ho tanti amici che non leggono, e volevo farli avvicinare al mio mondo».  
 


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