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Francesco Grassi/Potremmo averne bisogno anche noi

Pubblicato da: Categoria: CULTURA

29
GIU
2012

 

Il 90% della popolazione, almeno una volta nella vita, ha bisogno di sangue e a Martina Franca in un anno si sono registrate solo duemila donazioni, su cinquantamila abitanti: il Presidente dell’Avis ci spiega alcuni buoni motivi per andare a donare
 
Basta poco. Mi piacerebbe iniziare così questa intervista, semplicemente con due parole che messe insieme possono diventare lo slogan più importante della nostra vita. L’infanzia è un’età che tutti prima o poi rimpiangono, per la sua semplicità, per la sua spensieratezza, per la capacità di riuscire ad apprezzare anche le cose più semplici, ma il miracolo tecnologico tanto sognato che possa condurci all’indietro nel tempo, non si è ancora compiuto e quando sopraggiunge la maggiore età non si può far altro che ricordare quello splendido passato. Ricordare, ma anche prenderne esempio, aggiungerei, così scopriremo che quelle sensazioni esistono ancora e possiamo riviverle. Arrivo al dunque: questo è proprio ciò che mi è capitato, dopo l’incontro con Francesco Grassi, presidente dell’Avis di Martina Franca, grazie al quale è bastato poco per capire e apprezzare il valore che possa racchiudere un gesto tanto semplice. Carabiniere per professione, e il suo tono deciso e la presenza distinta lo lasciano ben immaginare; volontario per passione, e la piacevole conversazione con lui lo conferma sin da subito. Circondato dai suoi più stretti collaboratori, campioni di donazioni, il loro sguardo risplende di orgoglio e fierezza quando parlano della loro missione: donare il sangue, un atto d’amore, come lo definisce il Presidente, che salva la vita. Non richiede del tempo, non esige del denaro, ha bisogno solo della nostra volontà e della nostra forza e qui tra i componenti dell’Avis se ne respira davvero tanta. I numeri parlano chiaro: in Italia non si è ancora raggiunta l’autosufficienza, a Martina i dati sono del tutto sconfortanti.  Basta poco per capire quali siano le cose più importanti e significative che possano aiutare chi è in difficoltà e dare un senso alla nostra vita: Francesco Grassi lo garantisce, fidatevi di lui …
Come è avvenuto il suo incontro con l’Avis?
«Mi sono avvicinato a quest’associazione quando ero ancora molto giovane, avevo circa 19 anni e in quel periodo mi trovavo a Mantova. Stando in un corpo militare avevo conosciuto parecchie associazioni di volontariato, ma sin da subito mi sono legato all’Avis, perché contagiato da un mondo accogliente e da tante persone disponibili e socievoli. Crescendo la mia vita è cambiata e per motivi lavorativi sono tornato di nuovo a Martina, ma il mio impegno con l’Avis non si è mai affievolito, anzi è cresciuto sempre di più, fino a ottenere la carica di presidente».
Questo nuovo incarico comporta non solo un aumento delle responsabilità, ma anche maggiori difficoltà nella conciliazione del lavoro, degli impegni e della famiglia.
«Sì, la cosa più difficile è riuscire a conciliare il lavoro con tutti gli impegni che la mia figura comporta all’interno dell’associazione, ci vuole molto impegno e tanta fatica e non posso negare che spesso ci si trova ad affrontare qualche difficoltà. Attualmente la figura del presidente è molto cambiata: prima rispecchiava l’associazione, mentre adesso il presidente è il legale responsabile di tutto e questo non è molto semplice, perché comporta maggiori responsabilità. Tuttavia quando si decide di svolgere un ruolo del genere è indispensabile la preziosa collaborazione di gente capace e competente, della quale ci si possa sempre fidare».
Attualmente l’associazione di quante persone è composta?
«L’associazione attualmente è composta da un direttivo formato da 21 persone e sono quelle che prendono le maggiori decisioni, soprattutto in caso di emergenze. Ci tengo a sottolineare che spesso il lavoro tra più individui non scorre sempre in maniera lineare, il più delle volte incombono dei contrasti, conseguenza logica della diversità del pensiero di ognuno, ma riusciamo sempre a conciliare le nostre idee nel modo più trasparente possibile, acquistando consapevolezza del fatto che quel confronto genera nuove idee e nuovi progetti, perciò è del tutto prolifero. Sono assolutamente contento della buona squadra che si è creata, fatta da collaboratori che spendono parecchio tempo per l’Avis».
Una delle missioni portanti della vostra associazione è anche quella di realizzare numerose manifestazioni per sensibilizzare la gente a donare il sangue.
«Sì, qualsiasi associazione deve mantenere la propria identità e la nostra è quella di creare e cercare donatori, ma è molto importante che ci si apra anche alle altre associazioni presenti sul territorio: questo è utile per capire la volontà degli altri, confrontarsi sul modo di lavorare, collaborare per il paese e scambiarsi i volontari. A Martina, il comitato che dovrebbe coordinare le associazioni di volontariato, meglio conosciuto come ‘C.A.V’, si è formato da poco e per varie difficoltà non è riuscito a funzionare al cento per cento, non garantendo una buona organizzazione delle manifestazioni. Qualche volta capita di dover avanzare delle richieste per l’occupazione temporanea di un suolo pubblico, senza sapere se lo stesso suolo è stato già richiesto da qualcun altro: questo comporta il rischio che sullo stesso territorio si svolgano due manifestazioni diverse, sminuendo notevolmente lo scopo o l’obiettivo del proprio evento e raffreddando il rapporto tra le varie associazioni che possono entrare in conflitto.  È molto importante che la collaborazione sia aperta e trasparente, in modo che non ci siano divergenze e ci si metta sempre d’accordo sulle uscite».
Quanto è importante riuscire a svolgere queste manifestazioni?
«Tantissimo, perché la comunicazione è fondamentale. Io ripeto sempre che la carta è sterile: prima le uniche carte che arrivavano a casa riguardavano qualche bolletta da pagare, adesso tutte le informazioni e le comunicazioni arrivano tramite carta stampata e la gente è stanca di leggere, stanca della carta, e con questo non mi riferisco di certo agli organi di informazione, ma alle lettere e ai fogli che ci arrivano ogni giorno. La comunicazione diretta è quella più bella, c’è bisogno del calore, solo così ci si sente coinvolti. Ultimamente sto cercando di invogliare sempre di più alcuni miei collaboratori a cercare di avvicinare più gente possibile, senza intermediari; i nostri soci devono portare altra gente e devono convincere a donare: questo è lo scopo delle nostre manifestazioni».
Come si convince la gente a donare?
«Trasmettendo il significato più bello della donazione, l’emozione che si prova quando si sta donando e sinceramente non saprei descriverla. Penso che il solo pensiero che in questo modo si possa salvare la vita umana di qualcuno metta i brividi e sia uno dei motivi più importanti che ci debba spingere a riflettere su questo atto d’amore. Spesso si dona solo nel momento del bisogno, ma non deve essere così. Il più delle volte non è difficile convincere a donare, perché tutti sentono di volerlo fare, ma è più difficile convincere ad andare a donare: la gente si fa prendere dall’egoismo personale, dalle proprie esigenze, accomodandosi sui propri impegni e approfittando di ogni minima occasione per rimandare».
Ci sono ancora dei preconcetti che ci ostacolano dal compimento di questo gesto?
«C’è soprattutto una cattiva informazione e il più delle volte proviene dai pregiudizi dei nostri genitori: per questo è da un po’ di tempo che abbiamo iniziato un percorso di informazione nelle scuole superiori e siamo molto soddisfatti dei risultati, perché i ragazzi non si limitano a fare domande, tenendosi sempre ben informati. Devo dire però che questi preconcetti stanno lentamente attenuandosi, credo che attualmente sia l’egoismo personale a non farci fare questo atto d’amore, che poi si nasconde dietro il timore dell’ago e in questo c’è l’ignoranza da parte della gente che pensa di incorrere dei rischi, ma la verità è che da qui si possono trarre solo dei benefici. Non dimentichiamoci di tutte le analisi che in questo modo arrivano gratis a casa: questo potrebbe essere un incentivo in più, così abbiamo la possibilità di controllarci e di monitorare la nostra salute e parecchie persone hanno scoperto di avere dei problemi che non avrebbero mai sospettato».
Ci sono varie tipologie di prelievi.
«Sì, accanto alla classica donazione di sangue intero, da qualche anno è possibile fare delle donazioni di solo plasma (plasmaferesi), o solamente piastrine (piastrinoaferesi). Con questa tecnica, mediante un separatore, è possibile ottenere queste determinate componenti del sangue e in quantità maggiore rispetto a quanto ottenuto da una normale donazione, sempre senza pericolo o danno per il donatore. Attualmente c’è molto bisogno di plasma perché contiene molte proteine essenziali che possono essere isolate e concentrate in laboratorio e utilizzate come unica soluzione per la prevenzione e il trattamento di numerose malattie. Circa il 20% del plasma viene trasfuso direttamente al paziente e il restante 80% viene inviato all’industria per la lavorazione e l’ottenimento di plasma derivati. Per quanto riguarda le piastrine, queste sono fondamentali nel trattamento di leucemie e come supporto indispensabile nei trapianti di midollo osseo. Con alcuni tipi di separatori cellulari è addirittura possibile raccogliere, variamente, combinati tra loro: globuli rossi + plasma, globuli rossi + piastrine, plasma + piastrine, etc. A Martina viene effettuato solo il prelievo del sangue intero».
Per sfatare ogni tabù, ci spieghi bene chi può donare  e ogni quanto possa farlo.
«Ogni adulto che vive in buona salute può donare il sangue, in particolare i soggetti compresi tra i 18 e i 65 anni, con un peso superiore a 50 kg. Col passare del tempo sono stati abbattuti molti divieti ed è aumentato il numero delle persone che possono donare: non c’è rischio per chi soffre di colesterolo o diabete, purché non siano eccessivi, e non c’è distinzione per i fumatori, anche se è preferibile che non fumino primo del prelievo. Tuttavia di fronte a qualsiasi dubbio non c’è da temere, perché un’accurata visita medica e adeguati esami di laboratorio stabiliscono l’idoneità a ogni donazione. La legge italiana prevede che il donatore possa donare sangue intero solo quattro volte l’anno per gli uomini e due volte l’anno per le donne durante l’età fertile. Ci tengo a ribadire che il sangue è l’unico tessuto che non può essere riprodotto in laboratorio, perciò è fondamentale che sia donato dall’uomo. Inoltre, la sottrazione di sangue è subito compensata dall’organismo: il volume di sangue ritorna ai valori originali in un periodo di tempo compreso tra qualche minuto a poche ore.»
È vero che con l’arrivo dell’estate c’è un drastico calo delle donazioni?
«Assolutamente sì, la cosa più grave è che oltre al calo delle donazioni c’è anche una maggiore richiesta di sangue. Il fenomeno è facilmente spiegabile se si pensa che durante l’estate la gente preferisce divertirsi, uscire, andare a mare, perciò la donazione va in secondo piano, d’altra parte con l’aumento delle uscite si ha un drammatico aumento degli incidenti stradali: aumentano le emergenze e di conseguenza la necessità di sangue. In questo periodo siamo alla continua ricerca di gruppi sanguinei zero negativo, perché sono quelli che possono donare a tutti e ricevere solo dai propri simili».
Quali sono i progetti futuri dell’Avis di Martina Franca?
«I progetti sono tantissimi, spero che per novembre riusciamo a organizzare un forum per i giovani, in modo tale da avvinare i ragazzi a questo mondo: è stato già organizzato a Lecce e sarebbe la prima volta per la provincia di Taranto; a settembre andiamo a San Giovanni Rotondo; stiamo cercando di realizzare a Martina, un monumento per i donatori e poi c’è il calendario 2013 dell’Avis, realizzato con i disegni fatti dai bambini delle scuole medie, l’anno scorso ai bambini che avevano realizzato i disegni più belli abbiamo offerto una borsa di studio di cento euro, per agevolarli nello studio. La speranza è di riuscire a realizzare tutte le nostre idee, superando il grande problema di una burocrazia troppo ingombrante che rallenta ogni cosa, e di coinvolgere sempre più persone: a Martina lo scorso anno abbiamo registrato solo duemila donazioni e su una popolazione di cinquantamila abitanti, questo dato è davvero sconfortante. Secondo una statistica mondiale il 90% delle persone, almeno una volta nella vita ha bisogno di sangue, è ora che la gente riesca a convincersi e soprattutto trasporti anche i più scettici in questa missione».


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