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Roberto Ferri: Le mie fette di mondo

Pubblicato da: Categoria: CULTURA

20
LUG
2012

 

Vivere di arte si può, e ce lo racconta questo pittore tarantino, che a Roma vive e trae ispirazione. Nella sua pittura c’è posto per tutto, ma lui ha un rifugio sempre pronto
 
Presentarvi l'artista di oggi non è per me una cosa semplice, anzi la definirei una vera e propria sfida, ma non potevo assolutamente farmi scappare questa possibilità, e poi se non sbaglio si dice che siano proprio le sfide a farci crescere. Ma, oltre a una mia crescita personale, sono sicura di fare un regalo a tutti i lettori che hanno preso a cuore la mia ricerca di artisti e talenti nel nostro territorio. Oggi, con questa intervista, potrò finalmente parlare di chi di arte ci vive e che consiglia a chi vuole far questo nella vita di non arrendersi, di perseverare e crederci. Roberto Ferri, tarantino, classe 1978, vive a Roma da quando aveva diciannove anni. Ispirato dai pittori del Barocco, e da altri antichi maestri del Romanticismo, Accademismo e Simbolismo, si impone brillantemente nel panorama artistico contemporaneo mondiale, con la sua pittura, che non solo è da sempre una componente della sua vita ma  è anche il suo modo di essere. Roberto ha risposto alle mie domande con una chiarezza e sensibilità che rivela senza dubbio una personalità già matura e sicura, ma che non ha paura di lasciar emergere anche l'affetto e il legame che prova nei confronti della sua terra, della nostra terra, questa stranissima e così enigmatica terra chiamata Taranto. 
Nasce a Taranto nel  1978, dopo il diploma al liceo artistico Lisippo, si avvicina alla pittura da autodidatta. Quando e come incontra la pittura per la prima volta nella sua vita?
«La pittura in realtà mi ha sempre accompagnato, fin da piccolo, da quando dipingevo con mio nonno. Poi, dopo qualche anno, ho iniziato a dipingere seriamente, quando sono arrivato a Roma, spinto dallo studio diretto nei musei e nelle chiese, della pittura antica».
Rendersi conto di avere un talento è un momento fondamentale per decidere di fare l'artista. Lei, quando se ne rende conto?
«Mah... Non mi sono mai reso conto di essere un artista, per me è il mio modo di essere e di vivere, se poi si riconosce in questo un talento, ben venga...».
Sono solita intervistare ragazzi in fase di formazione e che ancora non riescono a vivere della loro arte. Lei che vive di arte, ci racconti, com'è la vita dell'artista nel 2012?
« La vita dell'artista oggi non è facile ma come non lo era in passato in tutte le categorie. Purtroppo nel nostro paese veniamo considerati poco rispetto ad altri, ma fortunatamente la passione per l'arte m'ha portato a oltrepassare i disagi che si presentano ogni giorno e cerco di mantenere questo equilibrio».
Il contesto sociale tarantino spesso è un po' ostile nei confronti dell'arte, anche se negli ultimi tempi qualcosa sta cambiando, qual è stata la sua esperienza?
«La mia esperienza tarantina si limita fino a quando ho compiuto diciannove anni, perché successivamente sono partito alla volta di Roma, quindi non saprei dire. Ma ricordo che allora non c'era molto, per questo motivo decisi di andare via. Spero vivamente che la nostra splendida città possa riuscire a emergere sotto questo punto di vista».
Notizie su di lei ci rivelano che le sue opere sono presenti in collezioni private a Londra, Parigi, Madrid, Barcellona, New York, e non solo... La sua soddisfazione più grande.
«Beh... Ogni conquista è una soddisfazione».
Di successi ne ha avuti tanti, c'è qualcosa che ancora adesso la spaventa?
«Le paure sono tante, ma fra tutte la più grande è quella di essere dimenticato...».
Sgarbi dice di lei : “il suo primo pensiero è quello di stupire, i suoi sono quadri antichi sorprendentemente moderni, apparentemente accademici ma trasgressivi.” Come riesce a far incontrare questi opposti?
«Questi due opposti ormai fanno parte di me, o hanno sempre fatto parte... Non cerco una formula segreta del successo per i miei quadri, semplicemente racconto ciò che provo alla mia maniera».
Sgarbi continua su di lei dicendo: “registra e riproduce l'ordine delle cose in un mondo dove tutto funziona e c'è spazio anche per il male”. Come vede il mondo che ci fa da casa oggi?
«Il mondo in cui viviamo oggi... Diciamo che è per questo che preferisco isolarmi nella pittura. Magari può sembrare una visione pessimistica e menefreghista, ma diciamo che mi piace ritagliarmi le mie fette di mondo».
Da cosa viene ispirato?
«Da tutto... Cosa vivo, cosa provo, chi vivo, come lo vivo...».
Lei vive a Roma e sicuramente il suo sguardo è proiettato tra l'Europa e il mondo intero. Di Taranto, cosa le è rimasto?
«Di Taranto mi porto dentro le belle sensazioni di quando mi recavo al mare d'inverno, sugli scogli, o le belle escursioni in pineta con gli amici, i ricordi di me e mio fratello in campagna dai miei nonni. Una parte di cuore è rimasta lì...».
Cosa si sente di dire, di consigliare ai giovani che credono ancora nell'arte, nel suo valore comunicativo, ma sono spaventati e soprattutto ostacolati dal contesto sociale in cui viviamo?
«A questi giovani mi sento di dire, che se credono davvero in quello che fanno o che vogliono fare, di non lasciarsi condizionare da quello che ci circonda. La perseveranza e il credo vengono premiati».


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