Salvatore Cosentino, magistrato della Procura di Locri, porta in scena “Eva non è ancora nata”. Un modo ironico e leggero ma al contempo intenso, elegante e profondo, di descrivere le ultime leggi che tutelano le donne a dispetto delle precedenti
Tra applausi scroscianti e grande successo di pubblico, Salvatore Cosentino ha portato in scena la pièce teatrale “Eva non è ancora nata”, accompagnato da Emanuela Panarese, bravissima attrice nel ruolo di "Donna velata" pronta a dar voce a storie di donne che raccontano violenze realmente vissute. La pièce teatrale, in un momento culturale caratterizzato da frequenti violenze, dignità calpestate e volti sfigurati dall'acido, si configura come ottima occasione per riflettere senza retorica sul ruolo delle donne nel tempo presente e per denunciare violenze e discriminazioni perpetrate dagli uomini ai danni delle donne in quanto tali, ossia in quanto appartenenti al genere femminile, gridando a gran voce l'importanza di ripensare l'Essere Donna e “rifigurare” la bellezza della dignità femminile, ripristinando la vera immagine di donna, artefice della propria vita e del proprio futuro. Purtroppo l’immagine che viene veicolata e trasmessa in tante forme dalla società odierna, dai media e dagli stessi rapporti quotidiani tra uomo-donna, è l’immagine del corpo femminile strumentalizzato e inteso come oggetto, misconoscendo invece l'essenziale che lo stesso corpo racchiude: una bellezza infinita e profonda, una mente pensate e una capacità di azione da scoprire, riconoscere e rispettare. Interessante il modo di affrontare il tema e veicolare tali concetti attraverso la forma del teatro-canzone, partendo dal brano “Eva non è ancora nata” di Giorgio Gaber e tracciando la storia delle donne, a cominciare da Eva, simbolo di tutte e ognuna e testimonianza del fatto che le donne hanno da sempre pagato troppo e sono state sottomesse, a partire dalla derivazione dalla costola di Adamo....
Salvatore Cosentino racconta in modo ironico e leggero ma al contempo intenso, elegante e profondo, la bellezza della dignità femminile attraverso la descrizione delle ultime leggi che la tutelano a dispetto di quelle ataviche che spesso l’hanno umiliata, coniugando in modo esemplare il mondo del diritto con la fantasia e la bellezza del mondo dell'arte, nella convinzione che la vera legalità si realizza appieno non solo attraverso i codici ma puntando sul dialogo con la società civile, perché ciò che serve è un vero risveglio sociale, dal momento che il senso di responsabilità dell'individuo si sviluppa, oltre che con la repressione, anche con il risveglio delle coscienze e dell'educazione al bello, al giusto, alla cultura, all'arte.
Cosentino sottolinea che la magnificenza della donna non è racchiusa in canoni imposti e predefiniti, non risiede nei paradisi artificiali del fisico perfetto a dispetto dell’età che avanza, bensì nella comunicazione di amore per la vita e coraggio nell’affrontarla con impegno quotidiano, nella capacità di comunicare luce, coraggio, dignità, rispetto di se stessa.
Nel corso dello spettacolo, inoltre, Cosentino ricorda al pubblico presente che fino agli anni ’70 l’adulterio era solo un reato e che fino al ’96 la violenza carnale non era un delitto contro la vita della donna, ma contro la moralità pubblica ed il comune senso del pudore. Inoltre si chiede perché utilizzare un termine discriminante e maschilista come ‘femminicidio’ che porta all’idea di ‘femmina’, quindi ad una accezione negativa della donna, invece di parlare di ‘ginecidio’.
Ma quella stessa voce decisa si fa ad un certo punto canto e lo spettacolo continua con la formula del teatro – canzone, alternando magistralmente espressioni, movenze, voci ed emozioni, per avviarsi verso un finale travolgente e goliardico in cui si assiste ad un ironico duetto sulla crisi del matrimonio.
Cosentino saluta il suo pubblico rendendo omaggio a Giorgio Gaber con le parole che raccontano una semplice e reale verità che ogni uomo dovrebbe ricordare prima di usare qualsiasi tipo di violenza contro una donna:
“ Curiosamente anche l’uomo, come tutti, è nato da un ventre, ma purtroppo non se lo ricorda o non lo sa”... Del resto...."le idee sono buone, ma la costola è malandata”.
Una pièce teatrale che consiglio vivamente a donne e uomini che intendano riflettere e prendere le distanze da una società mediata da stereotipi e dignità calpestate. Forse un modo c’è per uscire dalla spirale di violenze, operando una rivoluzione culturale che parta da un'indicazione di Papa Luciani e da quel suo “Dio è madre” e quindi donna in grado di scardinare ogni immagine, leggendo la sostanza di Dio come “colei che è”, come alterità assoluta.
Oggi il vero cambiamento culturale può avvenire solo attraverso la contaminazione di saperi e di pratiche politiche, giuridiche, sociali e morali diverse, in grado di scardinare l' attuale paradigma culturale, partendo dal presupposto che le donne non sono un problema sociale, una categoria solo da tutelare e proteggere dalla violenza, ma sono al contrario una risorsa che chiede di poter esere libera di sviluppare al meglio le proprie competenze e potenzialità e mettere in pratica la propria intelligenza e determinazione in ogni settore della vita, senza mandare in crisi “l’altra metà del cielo” e soprattutto senza dover sottostare a padroni assoluti del proprio destino.