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SERENA MARCHI/ Madri, comunque

Pubblicato da: Categoria: CULTURA

19
GIU
2015
Incerto, fragile, imperfetto. L'evoluzione dell'amore materno a dispetto di stereotipi socioculturali. Storie – talvolta terribili – che raccontano un universo emotivo potente e complicato
 
Il coro diffuso sulla retorica della maternità ha blindato l'essere madre dietro preconcetti e presupposti che hanno poco riscontro nella realtà, partendo dalla classificazione di  madre "naturalmente" e "biologicamente buona" ma è davvero così? 
Lo studio del comportamento delle donne attraverso i secoli, ci fa capire che non esiste una legge universale, anzi osserviamo un'estrema variabilità degli atteggiamenti a seconda della cultura, delle ambizioni personali, del contesto sociale, psicologico e familiare. Può sembrare difficile da accettare, ma l'amore materno è un sentimento non biologicamente dato e dunque come tale è incerto, fragile, imperfetto e non va dato per scontato, perché la gravidanza deve svilupparsi prima nel pensiero e successivamente  nel ventre, proprio per questo occorre una  società che valorizzi la donna e la cultura della maternità. Questo è ciò che ha fatto Serena Marchi attraverso il suo libro "Madri, comunque" , la scrittrice ha esplorato l’universo della maternità attraverso le sue protagoniste. Trenta testimonianze in prima persona. Donne che si sentono madri già da bambine e  donne che non svilupperanno mai l'istinto materno; uomini che si ritrovano a fare le madri; mamme di figli naturali e di figli adottivi; madri in affido e donne che permettono ad altre donne di diventare madri; mamme violente e madri ferite a morte, donne che viaggiano fino in Ucraina per  avere un figlio e altre che restano in casa con un marito violento pur di non abbandonare i propri bambini. Un universo dalle mille sfaccettature come del resto è l'esperienza personale di ogni donna.
 
La tua indagine sulla maternità nasce dalla voglia di  portare alla luce la realtà sfaccettata dell'essere madre o da un disagio autenticamente vissuto nel tuo percorso personale verso la maternità?
«Da entrambi. Quando sono diventata mamma sono piombata in un mondo in cui tutti, dai parenti agli amici, sono  i primi a dirti ciò che devi e ciò che non devi fare, senza considerare quello che tu senti giusto, per te. Da lì è nata l'idea di indagare e mettere luce  quei modi di essere madri lasciati nell'ombra o non raccontati, perché non è bene farlo, perchè meglio non dire. Come se non raccontare volesse dire non esiste».
 
"Madri, comunque"  sottolinea l'mportanza dell'amore  come unico e vero ingrediente necessario per essere madri, a differenza delle varie tesi che proclamano l'istinto materno come essenzialmente innato e  biologicamente dato, dimenticando che la maternità non è univoca e universale ma ci sono diversi modi per essere madri, tutti ugualmente validi, è così? 
«Assolutamente. Ogni donna deve trovare il proprio modo, il più consono per se stessa, quello che la fa stare bene, in barba a tutti i benpensanti che la sanno sempre più lunga. Per me essere madre è essere il più possibile vera e me stessa, perchè solo così sto bene».
 
L'infelicità delle neomadri spesso nasce dal sentirsi inadeguate di fronte alle pressanti aspettative di madre perfetta trasmesse dalla società e spesso dai propri compagni, figli di un maschilismo perfetto, mentre sappiamo che già Simone De Beauvoir e Badinter avevano scritto molto sulla questione. Ma da sempre la donna, il suo corpo e il poter fare figli è questione sociale, cosa puoi dirci in merito?
«Nella quotidianità la maternità è politica: da sempre il corpo delle donne è affare politico perché  alle donne si cerca di imporre le scelte dettate dalla società. Tutti vogliono legiferare su come far nascere o non  nascere figli, su cosa è bene che una donna faccia e cosa no, se viene prima il diritto dei bambini o il diritto della donna. Tutti vogliono imbrigliare il  materno all'interno di canoni e leggi imposte ben definite. La maternità ha dei  risvolti politici essenziali perché spesso viene politicizzata dai partiti o  dalle religioni con la conseguenza che poi la gente fa le barricate. Le femministe ci hanno insegnato che il privato è politico. Tutto ciò che è essere donna nel mondo è necessariamente politico e la maternità quindi mette in campo un potere enorme che spesso, ripeto, viene usato sia dalla chiesa che impone la sua morale sia dai governi». 
 
 
Qual è la storia che più ti ha sconvolta ed emozionata?
«Difficile dirlo, è un po' come chiedere a una madre quale dei suoi figli preferisce. Sono molto legata a tutte le mie protagoniste e faccio fatica a sceglierne una in particolare. Forse quella che mi ha toccato di più è quella di Sandra, la donna nigeriana che è costretta a prostituirsi per mantenere i suoi figli. Ecco, lì mi sono vergognata di essere una persona e di non riuscire a fare nulla per aiutarla». 
 
 
Sei volata anche a Kiev dove la maternità surrogata è legale, hai incontrato Natasha, una donna felice di poter aiutare altre che non sono in grado di dare alla luce un figlio, secondo lei il figlio è di chi lo cresce, lo educa e lo desidera, un dato di fatto è che viene pagata per affittare il suo utero. Diecimila euro a parto, quindici se sono gemelli (lo stipendio medio mensile in Ucraina è 150 euro) ma non c’è solo Natasha. Ci sono varie donne, mamme in affido;  mamme lesbiche; mamme in sedia a rotelle, mamme violente, madri di figli non propri  e uomini che da padri diventano madri. Tra le varie storie una spicca per la  sua cruda realtà, si tratta della madre che dopo aver trovato il coraggio di denunciare il marito pedofilo, a causa di un raptus di rabbia accoltella la primogenita: per raccontarla sei andata a Castiglione delle Stiviere dove si trova l'ospedale giudiziario che ospita diverse figlicide, come hai vissuto questa esperienza?
«Questa è una delle esperienze più forti che ho vissuto durante i quattro anni di stesura del mio libro. Sia perché, prima di incontrare la mamma figlicida, ho fatto una lunga chiacchierata con il direttore dell'ospedale giudiziario che mi ha spiegato i meccanismi e cosa scatta nella psiche di una madre quando arriva a compiere un gesto così estremo. Questa lunga chiacchierata mi ha aperto mondi che non conoscevo, immersa com'ero anch'io negli stereotipi di quello che si legge o che si sente. Poi aver di fronte gli occhi di una donna così ferita -perché è stata anch'essa vittima- mi ha posto di fronte all'intimo e al profondo della vita. Luci e ombre. Grandi amori e grandi odi. Davvero un'esperienza indimenticabile». 
 
 
Il figlicidio spesso è il risultato di un grido silenzioso rimasto inascoltato. Auspicare una maggiore attenzione nei confronti della maternità da parte di tutta la società, in un’ottica preventiva significa operare per la nascita alla vita, ponendo più attenzione al delicato ruolo della madre nella società attuale? 
«Serve una società per crescere un bambino, non solo una famiglia. La maternità deve essere questione di tutti, non dei singoli. Oggi purtroppo l'unica delegata alla crescita e quindi l'unica responsabile è la madre, la donna. Se si riuscisse a allargare il possesso di un figlio, se si riuscisse a coinvolgere più soggetti nella formazione di un bambino credo servirebbe per limitare non solo i figlicidi ma anche altri casi di disagio giovanile». 
Il libro racconta anche la storia di una maternità non voluta, perché la libera 
maternità è anche decidere di non voler avere figli, di interrompere una gravidanza indesiderata, insomma essere donna consapevole delle proprie scelte prima di essere madre, è così?
«Sì. Assolutamente. La libertà di scelta delle donne deve venire prima di ogni scelta. Decidere di non essere madre è al contempo una responsabilità tanto quanto la scelta di diventarlo».
 
Parlare della maternità, icona del nostro tempo, è sempre scomodo e difficile. Quali le critiche maggiori che hai ricevuto? 
«Le critiche maggiori sono state quelle nell'aver inserito tra le trenta storie di maternità border-line come la donna che affitta l'utero, la coppia che ricorre alla surrogazione, la mamma trans. Io credo che raccontare il più possibile tutte le sfaccettature della maternità possa rendere il quadro il più completo possibile».  
 


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