Il nuovo romanzo dello scrittore tarantino: una delirante storia di altari e mattatoi, di prede e predatori sconfitti, bevitori incalliti. Tre tragicomici insegnanti precari raccontati con una lingua tagliente da uno scrittore che non vuol essere simpatico
Dopo Dànilo Colombia di “Maschio adulto solitario”, Camillo Marlo di “Cuore di cuoio”, Mino Palata di “Vicolo dell'acciaio”, Leone Polonia, protagonista e voce narrante dell'ultimo romanzo di Cosimo Argentina, Per sempre carnivori (Minimum fax) e' il re dei folli e degli sfigati accomodati su un trono fatto di sensi di colpa, di mamme morte, di case sull’acqua e odio che eclissava i sorrisi, di quei maschi predatori sì ma mollicci, perdenti e sconfitti fin dalla nascita. Lui, Leone, si porta dentro una ferita, la morte di sua madre, e accanto un padre pazzo pure lui. Insomma personaggi partiti male sin dal principio. Partiti feriti e arresi. Leone, il dentuso e Mako, questi i nomi dei tre amici, fanno branco e il loro collante è il dolore e la rabbia: "fratelli di morte, come tigri appena svezzate che osservano le madri inerti e per istinto si avvicinano l'un l'altro e fanno branco”. Tre venticinquenni catapultati a Ginosa, nella Nuova Caledonia, a fare i professori come fossero in trincea in una scuola privata “regno dei premi di consolazione”, dove Leone Polonia trova “gli architetti che non erano in grado di progettare, i letterati senza fantasia e talento, i germanisti senza traduzioni e gli avvocati senza procura. Un deposito bagagli a cielo aperto che accoglieva gli abbandoni di tutte le consorterie dell’universo…”.
Una storia di altari e mattatoi, sui quali Argentina, che fa di tutto per risultare fastidioso, piazza macellai e sacerdoti, rovesciando le situazioni, estremizzando i contesti, fino al grottesco e all'inverosimile. Una storia delirante, in cui se è proibito amare perché le donne “…mai amarle fino in fondo. Cercano di rubarti l’anima e allora tu devi ricordarti che l’anima va riservata ai demoni e alle femmine puoi offrire tutt’al più un simulacro di spirito affinché loro possano intuire cosa c’è dietro senza però riuscire ad afferrarlo... e' anche proibito godere e il sesso e' onomatopeica meccanica allo stato puro che istupidisce, cigolii, orgasmi, posizioni il cui approdo è una cupa isola fatta di silenzi e di una patina di dolore violento e “scopare è rinnovare il martirio della morte di mia madre”.
Una storia di maschi e femmine, di lotta fra branchi in cui il finale è una testa. Una testa mozzata di cui si legge nell’incipit (nel riquadro).
Leone è uno che aspetta ma non sa esattamente cosa, e, dopo aver fatto il portaborse ad un vecchio avvocato cieco, accetta dodici ore in una scuola privata legalmente riconosciuta, un istituto tecnico per ragionieri ad insegnare diritto. Insomma, insegnare è una parola grossa: farà il ciarlatano. Perché questo e' ciò che chiede la Nuova Caledonia. Il dentuso ha la stessa età di Polonia, 25 anni, insegna matematica e chimica, lui non è né basso né magro è stretto con un nasone importante che sembrava il principio di tutta la sua figura mentre i denti lunghi e gli occhi azzurri e arrossati erano manovre difensive della natura. Non aveva spalle e quando si sedeva e accavallava le gambe sembrava farsi risucchiare da quel suo bel nasone a triple cartilagini. L’ultimo dei tre è Mako: un orco buono animato da cattive intenzioni, un quintale e mezzo di anabolizzanti.
E poi ci sono le donne: Lia, Rita, la professoressa Nadali, ribattezzata l’albatro per il suo naso a becco, Dio, Concetta, Paola: tutte attraenti e tutte colte con un dettaglio che ne fa perdere l’aura sentimentale.
Una storia tragica, pulp, molto vicina a quella di Maschio adulto solitario, dove Dànilo incarnava la metafisica del male, la persona attraverso la quale il destino aveva posto in atto la sua opera distruttiva.
In questo nuovo romanzo, Per sempre carnivori, il protagonista e' spacciato dall'inizio: non c'è storia in lui, nessuna evoluzione. E' un personaggio statico: una marionetta che ha solo occhi con cui fotografa il mondo dall'interno e dall'esterno e saranno proprio gli occhi a salvarlo insieme alle parole, quelle che però gli restano dentro perché, come si legge in un passaggio centrale “il mondo è pieno di gente che vuole parlare. Inflazione di parole, tanto quelle non costano nulla e, come i sassi, pesano, ma puoi sempre camminarci su in qualsiasi circostanza.”
L’incipit del romanzo:
Una testa.
Per quanto ne so io, la faccenda della testa era il finale che c’eravamo scelti fin dall’inizio.
Accaddero molti fatti, prima. Eravamo tre animali braccati, ma eravamo anche tre predatori di quelli buoni e adesso, guardateci. Guardateci adesso! Mezzi nudi, al freddo, in questa maledetta spiaggia. Mako con la testa mozzata, il dentuso con la sua ancora attaccata al collo,, nascosta tra le gambe,, le mani tra i capelli, io immobile con qualcosa che mi formicola lungo la spina dorsale.
Ma devo per forza tornare indietro, altrimenti quella testa resta lì, senza senso, e invece c’è da dire, eccome se c’è da dire….
Cosimo Argentina, nato a Taranto nel 1963, si è laureato in Giurisprudenza all'Università di Bari, con una tesi sul Diritto del commercio internazionale ed una specializzazione in criminologia. Dopo aver praticato l'attività di procuratore legale e giornalista a Taranto, nel 1990 si è trasferito in Brianza dove vive ed insegna Diritto.
Ha esordito nel 1999 con il romanzo Il cadetto edito da Marsilio, vincitore del Premio Letterario Edoardo Kihlgren Opera Prima ed il Premio Oplonti. Nel 2002 con lo stesso editore ha pubblicato Bar Blu Seves e nel 2004 il suo Cuore di cuoio edito da Sironi, selezionato per il Premio Bancarella Sport.
A seguire ha pubblicato nel 2005 Viaggiatori a sangue caldo, Avagliano, e nel 2006 Brianza vigila Bolivia spera, (NoReply) e Nud'e cruda.Taranto mon amour, (Effigie).
Il suo romanzo Maschio adulto solitario, Manni 2008, è stato finalista al Premio Letterario Castiglioncello-Costa degli Etruschi, al Premio Bergamo, al Premio La Magna Capitana di Foggia ed al Premio Letterario Città di Bari.
Nel 2008 ha pubblicato il pamphlet Beata Ignoranza (Fandango).
La sua narrativa è citata nel volume curato da Ettore Catalano Letteratura del Novecento in Puglia 1970-2008, Progedit 2009.
Nel 2010 Cuore di cuoio è stato ripubblicato come tascabile da Fandango; nello stesso anno è uscita per Manni la raccolta di racconti dal titolo Messi a 90, libro scritto a quattro mani con l’esperto di storia dell’arte Fiorenzo Baini. Sempre nel 2010 con Fandango ha pubblicato il suo ultimo romanzo Vicolo dell'acciaio. Suoi racconti sono presenti in raccolte varie, fra le quali ricordiamo Consiglio di classe, Meridione d'inchiostro, Sangu.