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GRAN BAZAR Il nome è tutto un programma

Pubblicato da: Categoria: CULTURA

30
MAR
2012

 

Da “Vacanze romane” a “Ti sento”, sino all’ultimo singolo presentato a Sanremo, “Sei tu”, la cover band dei Matia Bazar ripercorre un pezzo di storia della musica italiana, portando nelle piazze i più grandi successi del mitico gruppo
 
Più che di un’intervista, si è trattato di una riunione di cabarettisti. Già, perché, Renato, Paolo, Manuel e Andrea, oltre all’indiscutibile talento musicale, sono dotati di spirito e battuta pronta, e si divertono “torturare” e prendere in giro la loro giovane cantante, Sabrina. “Rimane tra noi, Sabrina, ma dimmi: prima di incontrarli fai un qualche esercizio di preparazione psicologica?” le chiedo. “Ma quale? – gridano gli altri – è la nostra piccolina e ha il compito di mantenerci giovani e allegri”. Prosegue così, fra una battuta e l’altra, la nostra conversazione, durante la quale i magnifici cinque, meglio noti con il nome di Gran Bazar, raccontano come e quando è nata l’unica cover band ufficiale dei Matia Bazar.
 
Quando e come è nato il vostro gruppo?
Renato: «È nato piuttosto di recente, nel 2008. Avevo intenzione di costituire un gruppo per riproporre il repertorio dei noti Matia Bazar. Ho proposto la mia idea a Andrea e Manuel, che lavoravano già insieme, e si sono detti entusiasti. A noi si è poi aggiunto Paolo, il batterista, e insieme ci siamo messi all’ardua ricerca di una cantante che potesse incarnare il ruolo che fu di Antonella Ruggiero. Capirai bene, ci serviva un gran voce.»
 
E così si è aggiunta Sabrina.
Andrea e Manuel: «Già. Noi, da circa undici anni, suoniamo insieme, facciamo serate, piano bar, ma anche feste e matrimoni. Avevamo sentito la splendida voce di Sabrina e l’abbiamo proposta a Renato. Lei ha fatto un provino, e voilà… è diventata la nostra voice.»
 
Sabrina, è il primo gruppo del quale fai parte?
Renato (che la batte sul tempo): «Il primo e l’ultimo. Nel senso che non la lasciamo più andar via.»
 
Dunque, fatemi capire, il gruppo è nato già con l’intenzione di essere una cover band dei “Matia Bazar”. Scusate la domanda scontata, ma come mai proprio i Matia?
Tutti: «Ci piace troppo il genere. Le loro canzoni sono sensazionali. E poi non ci sono altri gruppi che cantano i loro brani, se non quei pochi che inseriscono qualche testo all’interno di un repertorio più vasto ed eterogeneo. Noi abbiamo proprio voluto rendere omaggio a dei grandi della musica italiana: ottimi musicisti e persone splendide.»
 
Li avete conosciuti?
Tutti: «Sì, lo scorso 5 maggio hanno tenuto un concerto nei pressi di Lecce, a Galatone. Abbiamo avuto modo di parlare con il gruppo, anche perché già in precedenza avevamo inviato loro degli audio con le nostre performance e sono stati molto graditi. Ci teniamo in contatto frequentemente, e oramai a tutti i loro concerti veniamo invitati nei backstage. La loro accoglienza ci lascia sempre stupefatti.»
 
Prima di costituire il vostro gruppo, avrete sicuramente avuto dei percorsi individuali.
Renato: «Sì, infatti. Io suono da sempre. Già a quattordici anni formai il mio primo gruppo. Poi, negli anni Settanta ho fatto parte di una band che allora ebbe molto riscontro, poiché si trattò di una delle prime band rock, i Prisma. Ma poi, si sa, ognuno prende strade diverse: chi si trasferisce per lavoro, chi mette su famiglia. Insomma, gli impegni quotidiani ti dividono, però è bello rincontrarsi dopo trentacinque anni e ricantare quelle stesse canzoni, cosa che è avvenuta non molto tempo fa. Del resto, la vita ti divide, ma la musica ti unisce, sempre. È un linguaggio universale; un flusso di energia che parte dalla testa, passa attraverso il cuore e arriva allo strumento.»
Paolo: «Io, invece, ho iniziato suonando la chitarra. Ero un vero patito di Elvis Presley (“Non lo vedi il ciuffo?” gridano in coro gli altri, ndr). Poi però – riprende dopo le risate – sono approdato alla batteria. Un cambiamento repentino.»
Andrea: «Io ho avuto una formazione classica. Anzi, a onor del vero devo dire che se il primo amore di Paolo il batterista è stata la chitarra, il mio è stato proprio la batteria. Da piccolino prendevo barattoli di caffè e fustini del detersivo e ci davo giù di bacchetta, anzi di cucchiai!! Scherzi a parte, ho studiato pianoforte e con Manuel poi sono andato in giro per locali a fare pianobar, lasciando la musica classica e dedicandomi alle tastiere e al canto.»
Manuel: «A cantare l’ho convinto io, in realtà. Lui ne aveva timore, ma ora chi lo ferma più? Io, bassista, ho iniziato con la chitarra: suonavo in parrocchia, con gli scout, ovunque insomma. Si era formato un vero e proprio gruppo, i Panda. Ma poi la vera svolta è avvenuta a un matrimonio. Lo sposo aveva contattato per errore sia me che Andrea, ma entrambi suonavamo con altri. Quel giorno ci siamo conosciuti e abbiamo costituito il duo “Andy e Manuel”.»
Sabrina: «La mia passione per il canto è nata con me. (“Sì, quando è nata non ha pianto, ha cantato”, ridono gli altri). Sin dall’età di nove anni partecipo a concorsi, insomma la musica è sempre stata parte di me. Nel 2008 ho incontrato loro e sono diventata la voce dei Gran Bazar. Nelle prossime settimane però, avrò la fortuna di partecipare a un master di canto che terrà proprio Silvia Mezzanotte, la cantante dei Matia Bazar. Sarà un grande onore per me cantare di fronte a lei.»
 
Lavorare in gruppo crea delle dinamiche particolari e a volte non è così facile mettere d’accordo teste diverse. Voi invece sembrate, anzi siete, affiatatissimi. Qual è il vostro segreto?
Tutti: «Il rispetto, anzitutto. E poi, l’integrità, il passare le nostre giornate insieme. Noi non suoniamo soltanto, andiamo anche a cena fuori, ci vediamo spessissimo, condividiamo tutto, le nostre vite sono unite. Stando sempre insieme, è naturale che poi ci sia un rapporto del genere, non facciamo che prenderci bonariamente in giro. Essere amici è la cosa più scontata che possa esserci, anzi è una “conseguenza logica” (la battuta fa riferimento al titolo dell’ultimo album dei Matia Bazar, ndr).»
 
Siete dei mattacchioni…
Tutti: «Sì infatti. Invece di Gran Bazar avremmo potuto chiamarci “Matti-a Bazar”.»
 
Di tutte le serate che avete fatto, ce n’è una che vi è rimasta particolarmente nel cuore?
Tutti: «Quella del 29 agosto scorso, a Massafra, dove si è svolta la finale del Festival “Canta che ti passa”. Siamo stati premiati come miglior cover band. È stata una grandissima soddisfazione ed eravamo molto emozionati. Abbiamo ricevuto delle pergamene e la nostra Sabrina anche dei fiori.»
 
I Matia Bazar hanno partecipato, il mese scorso, al Festival di Sanremo, dove sono stati eliminati al termine della quarta puntata. Vi aspettavate un esito diverso?
Tutti: «Piuttosto ci speravamo. La loro era la canzone più bella, come anche quella della Civello, eliminata anche lei. Ma purtroppo in quel genere di Festival entrano in gioco interessi differenti che vanno oltre rispetto alla musica e al talento dei cantanti in gara. Ormai vanno avanti solo i ragazzi usciti dai programmi di Gerry Scotti e Maria De Filippi. Purtroppo sono le case discografiche a dettare legge.»
Andrea: «Io, poi, sono contro la giuria demoscopica. A giudicare i cantanti in gara devono essere dei professionisti, persone competenti. Se votano le ragazzine innamorate dell’idolo di “Amici” è inevitabile che vada avanti, a prescindere dalla bravura o dalla bellezza delle canzoni. Inoltre, negli ultimi tempi si assiste a un vero e proprio depauperamento delle melodie. Oramai si ascolta solo rumore.»
Tutti: «Fortunatamente, però, la vittoria di questi Festival non decreta nulla. A lungo termine le canzoni più amate e ascoltate sono quelle dei grandi della musica.»
 
Sì, questo è senz’altro vero. Però, se nel breve periodo va avanti l’ultimo uscito dai reality, la colpa forse sarebbe anche da attribuire a tutti quei “Big” che invece di cantare, decidono di fare altro: Celentano diventa un predicatore, Gianni Morandi un conduttore, la grande Mina è del tutto sparita dalla circolazione…
Tutti: «Sì, ma solo perché purtroppo non hanno più nulla da dare in un mondo governato da altre leggi. Dunque, per esprimersi, trovano strade diverse.»
 
Il Sud si sta confermando come la terra dei talenti. Deve essere grandioso poter suonare nella propria città.
Tutti: «È vero che la maggior parte dei giovani di talento proviene dal sud, ma purtroppo va via, in cerca di maggior fortuna. Suonare nella propria città, in realtà, è più difficile di quanto si creda, per via di una mentalità e di una convinzione del tutto sbagliata secondo cui la gente sarebbe più attratta dal cantante che proviene da un’altra città. Se sentono che il gruppo è di Taranto o di Crispiano l’interesse cala. E quindi si chiamano cantanti di Roma, per esempio. Vuoi mettere la figura che ci fa sulla locandina?»
 
Capisco. Quali sono i vostri prossimi progetti?
Tutti: «Stiamo pianificando la tournée estiva, ma soprattutto stiamo cercando di creare dei brani inediti. Un repertorio tutto nostro da aggiungere ai brani dei Matia.»
 
A proposito dei Matia… hanno cambiato diverse volte la loro cantante: da Antonella Ruggiero a Laura Valente, da Silvia Mezzanotte a Roberta Faccani e poi di nuovo la Mezzanotte. Qual è la vostra preferita?
Tutti: «A furor di popolo la Ruggiero. Era un usignolo, inarrivabile. Ma anche Silvia Mezzanotte, è eccezionale. Meno male che è tornata. Una bellissima voce e una donna simpaticissima.»
 
Avrete una vostra canzone del cuore, no?
Manuel: «Per me, “Cavallo bianco”.»
Andrea: «“Questa nostra grande storia d’amore”, ma anche “Nel mio verde paradiso”. Bellissima.»
Sabrina: «“Brivido caldo”, perché è stata la prima canzone che ho cantato.»
Paolo: «Senz’altro “Amore lontanissimo”, che la Ruggiero dedicò al suo compagno, il bassista Aldo Stellita, scomparso prematuramente. In memoria sua, i Matia Bazar non hanno più voluto un bassista sul palco. Gli rendono onore lasciandolo l’unico vero bassista del gruppo.»
Renato: «Direi “Per un minuto e poi”, canzone con cui hanno vinto il loro primo Sanremo.»
 
Ultima domanda: una parola per il vostro gruppo.
Paolo e Sabrina: «Le parole sono due: Gran Bazar. Racchiudono tutto.»
Renato: «Professionale.»
Manuel: «I migliori.»
Andrea: «Prendo in prestito una citazione di Renato. Noi siamo “musicisti fino alla morte”.»
 
Ma le parole sono quattro!
Andrea: «E vabbè. Non siamo mica avari!»
 


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