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Ester Cecere: Cercando un nuovo ormeggio

Pubblicato da: Categoria: CULTURA

6
APR
2012

 

 

“Come foglie in autunno” è il titolo della sua ultima raccolta di poesie, dove si racconta della precarietà della vita, ma anche di quanto sia importante vivere senza sprecare il proprio tempo
Ester Cecere è nata a Taranto e dal 1986 lavora presso il Consiglio Nazionale di Ricerca (Istituto Talassografico di Taranto). Scrivere è un’esigenza che l’accompagna sin da tenera età, quando poco più che ragazzina, affidava le emozioni al foglio bianco. 
Ester svolgi una professione “scientifica” che indubbiamente nel corso degli anni ti avrà portata a essere molto razionale e “pratica”. Come si sposa quest’aspetto con la passione per la poesia?
«Diciamo che il trait d’union è l’amore per la natura. Io lavoro con la biologia marina, alla base c’è appunto l’amore per la vita e per il mare. Chi ama la natura riesce a guardare con occhi sempre nuovi aspetti che sfuggono allo sguardo distratto dei tanti. Credo che questa sensibilità sia alla base della mia poesia. Amo il mare, lo definisco “il mio liquido amniotico”.»
In meno di un anno e mezzo hai ricevuto più di una trentina di riconoscimenti in premi e concorsi letterari. Un traguardo importante!
«Ti confesso che non me l’aspettavo, e considera che quelli relativi alla silloge sono stati abbastanza importanti. Essendo una borderline, la prima sensazione davanti a questi successi è stata di stupore. Ovviamente mi fa molto piacere tutto ciò. Oltre i riconoscimenti però mi piace puntualizzare che ho avuto grandi soddisfazioni dal fatto che molte persone importanti mi hanno successivamente contattata tramite il social network Facebook chiedendomi l’amicizia. Diciamo che mi pongo con molta umiltà. La poesia la vivo come un “gioco” nel senso che non è un “lavoro” dunque se vinco un premio bene, sono felice. Diversamente, va bene lo stesso. Con orgoglio di mamma posso affermare che anche mio figlio Francesco, sedicenne, (che scrive poesie da quando aveva dodici anni) segue le mie orme, ed ha conseguito diversi riconoscimenti in premi letterari prestigiosi.»
Il 2010 è l’anno della tua prima pubblicazione “Burrasche e Brezze” edito da Albatros. Mentre nel 2012 arriva “Come foglie in autunno”. Il prossimo venerdì 13 aprile (alle ore 18) ci sarà la presentazione al Nautilus di Taranto.
«Sarà presente all’evento la prefattrice Ninnì De Stefano Busà, che ha creduto da subito nel mio libro e ci tiene a essere al mio fianco in quest’occasione importante. Ho scelto il Nautilus come location perché mi consente di far seguire alla presentazione un buffet per gli intervenuti. L’intero ricavato della serata lo devolverò in beneficenza. Dopo questa presentazione ho intenzione di proseguire alla “Taberna Libraria” a Martina Franca, l’accogliente libreria di Mariangela Cellamare. E quindi mi sposterò su Lecce.»
Il titolo vuole essere un “omaggio” all’intramontabile “Si sta come d’autunno sugli alberi le foglie” (“Soldati” di Ungaretti).
«Sì, diciamo che evidenzia come la vita umana sia estremamente precaria, spesso scossa da eventi dolorosi e luttuosi. Alla luce di questo dobbiamo imparare a vivere senza lasciarsi vivere, potando tutto ciò che non è necessario o che ci fa star male, e portando invece nell’“arca” i valori preziosi, incluso l’amore per il prossimo – inteso come il barbone, il migrante… - per la natura (che va salvaguardata). Piuttosto che sprecare i nostri giorni a litigare, dobbiamo unire le energie (in termini di persone, mezzi, risorse economiche…) per sfruttare al meglio tutte le potenzialità. Insomma: non possiamo permetterci il lusso di perdere tempo, dobbiamo vivere!»
Rispetto a “Burrasche e Brezze” la poesia pur partendo da una profonda introspezione, sposta un po’ l’attenzione dall’io lirico al sociale, c’è un’apertura – diciamo così – verso il resto del mondo, osservato, indagato, compreso profondamente…
«Credo sia dovuto alla maturità della persona, venuta proprio con gli anni e con l’esperienza…»
“Salirei lassù vicino a te per riposarmi sul tuo cuore. E troverei risposte nel silenzio dei tuoi occhi” (“Madre”). Un omaggio a tua madre, di una bellezza disarmante…
«Più che un omaggio è un bisogno, una necessità struggente di averla vicina. Di avere quel conforto, quei consigli saggi che lei era solita darmi, quella sua capacità unica di sdrammatizzare e suddividere le cose complicate semplificandole in aspetti più piccoli, dunque più facilmente risolvibili. Nel 1999 è venuta a mancare e sento il peso della sua assenza in termini di affetto e nella dimensione dei consigli che solo una persona più grande –che ti ama- è capace di darti.»
I versi rivelano spesso il cammino alla ricerca di Dio: “Sei nato anche per me?” (“Presepe”).
«Io sono credente, profondamente convinta. Sono certa che Dio esiste, che un’entità divina abbia dato l’”incipit” alla vita e che il resto poi sia accaduto secondo un’evoluzione. Quando mi allontano dal Signore e non lo sento più mi chiedo: “sei nato anche per me?”. Perché in quei momenti mi accorgo che nonostante la certezza della fede ho perso la sintonia con cui riuscivo a percepirlo vicino.»
E fai un bilancio esistenziale “Fiele in bocca il sapore di una vita spesa in un alveare pazzo senza produrre miele” (“Bilancio”).
«Mi sono resa conto che un po’ dei miei talenti e delle mie capacità investite in tanti anni di dedizione assoluta e prevalente al lavoro, avrei potuto metterle al servizio di chi è nel bisogno. Questo è un mio rammarico. Perciò faccio beneficenza, cercando di aiutare il prossimo come posso.»
A Sarah, Yara… “Precocemente gelato, giovanissimo germoglio di ogni giardino, qualunque fosse il tuo nome” (“Qualunque fosse il tuo nome”).
«E’ capitata a quelle famiglie una tragedia che avrebbe potuto toccare alle nostre. Dovremmo sentirci tutti coinvolti in queste orrende disgrazie che non possono restare relegate in fredde pagine di cronaca.»
“Con il burqa sull’anima”: donna, la sola congenita colpa…
«Per noi donne occidentali sono ovvie alcune cose che già per le nostre mamme non lo erano. E se pensiamo alle nostre nonne appartenute alla generazione delle prime donne che hanno esercitato il diritto di voto, ci rendiamo conto di come consideriamo diritti acquisiti cose che invece non andrebbero date per scontate. In altri Paesi invece, nascere donna è una “congenita colpa”. Viene loro negato il diritto all’esistenza. Sono… un lenzuolo che cammina! Non possono parlare, non hanno il diritto al voto, non le si può neppure guardare in faccia: non esistono!»
 
“…la mia anima cerco. Del suo faro ora priva, alla deriva fluttua… un porto sicuro cercando per un nuovo ormeggio” (“Un nuovo ormeggio”).
«E’ sempre riconducibile allo smarrimento di cui parlavo prima. Quando mi capita di sentirmi sola, schiacciata dal peso delle responsabilità, devo nuovamente “orientarmi” come fossi un navigatore! Ho sempre avuto un eccessivo senso di responsabilità che mi porta spesso ad avvertire il timore di poter perdere la rotta…»
 


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