Fotografo per professione e con la passione per il canto, il giovane talento martinese, fra una puntata e l’altra della trasmissione “Protagonisti”, ci lascia un ritratto di sé attraversando esperienze e musica
“L'arte può motivare tantissimo, poiché ci si riappropria,
materialmente e simbolicamente,
del diritto naturale di produrre un'impronta
che nessun altro potrebbe lasciare
e attraverso la quale esprimiamo
la scintilla individuale della nostra umanità”
Bernie Warren
Un carattere deciso e risoluto e due passioni che palpitano nel cuore: il canto e la fotografia. Daniele Rizzi, giovane e talentuoso martinese, dietro una faccia tosta e un sorriso schietto, nasconde una vena propriamente artistica. Legato imprescindibilmente da un affetto profondo per il cugino, nonché regista, Cesare Fragnelli, è con lui che ha vissuto tutti i ‘ciak’ più importanti che hanno caratterizzato la sua infanzia, lui che ama definire un ‘secondo padre artistico’. E se la macchina da ripresa ce l’ha un po’ nel sangue, il canto nasce spontaneamente per dar vita a quella voglia irresistibile di esprimersi e comunicare: tratto principale della sua personalità.
Quando sei entrato a contatto con il mondo della fotografia?
«La strada della fotografia si è aperta quando ero ancora molto piccolo e a questo proposito devo sicuramente ringraziare mio cugino, Cesare Fragnelli, regista affermato, che all’età di quattordici anni mi ha dato la possibilità di sfruttare un’esperienza indimenticabile con il noto regista Giuseppe Gagliardi. Da quel momento in poi ho iniziato a pensare che quel mondo artistico potesse fare al caso mio: dopo un primo diploma all’istituto agrario e un secondo come grafico pubblicitario ho iniziato subito a lavorare e di conseguenza non ho più proseguito i miei studi, mio unico rimpianto. Tuttavia ho seguito tantissimi corsi di fotografia, ho partecipato a tutti i set di Cesare, ho fatto cinque cortometraggi e un lungometraggio e attualmente continuo a fare corsi di aggiornamento, perché ritengo che non si finisca mai di imparare e sia molto importante formarsi continuamente nell’ambito professionale.»
Invece, come è avvenuto il tuo incontro col canto?
«L’incontro con il canto è avvenuto grazie a un’insegnante molto brava: Pasqua Viesti, sono entrato a contatto con un nuovo mondo che mi ha affascinato sin da subito. Dopo una serie di corsi che mi hanno aiutato a specializzarmi, durante un Festival ho avuto la fortuna di incontrare uno degli arrangiatori più bravi del nostro panorama musicale: Bruno Illiano, da sempre considerato uno dei migliori batteristi e tastieristi del mondo che vanta collaborazioni con Pino Daniele, Marco Masini e altri noti artisti internazionali. Ho deciso di affidare a lui il mio inedito e si tratta di una grande gioia, perché è sempre più difficile incontrare persone professionali e brave come lui, che sappiano tradurre le idee in musica trasmettendo continuamente nuove emozioni.»
Il canto ha mai prevalso sulla fotografia o viceversa?
«No, anche perché penso che essendo entrambe due forme d’arte si possano perfettamente coniugare tra loro. Ho sempre sfruttato sia il canto che la fotografia per affermare me stesso e comunicare delle emozioni: anche un semplice scatto può comunicare quello che ho dentro.»
Considerando che sei un’artista emergente, quali sono le maggiori difficoltà che ostacolano chi vuole farsi strada come cantante?
«Sono tristemente consapevole del fatto che attualmente esistano ben pochi veri artisti, la maggior parte dei ragazzi è vittima di case discografiche dal volto sempre più aziendale e commerciale che mirano unicamente al guadagno. L’artista non è più colui che riesce ad esprimere le proprie emozioni, ma quello che vende più dischi e la conseguenza di tutto ciò è il raggiungimento di un successo che dura pochi mesi o qualche anno, ma poi svanisce.»
Facendo riferimento alle tue esperienze, hai mai notato qualche differenza tra Nord e Sud per quel che concerne l’evoluzione artistica in questo settore?
«Sì assolutamente, penso che il Sud sia un bacino prolifero di talenti e personalmente ne conosco parecchi. Purtroppo il Meridione offre poche possibilità e spesso se qualcuno avverte l’esigenza di esprimersi attraverso varie forme d’arte, viene ostacolato da una forma di pensiero che in alcuni casi è ancora un po’ chiusa verso queste prospettive: davanti a tutto ciò molti reprimono le loro passioni. Per questo è evidente che ci voglia molto coraggio per spezzare le barriere di una mentalità che talvolta non percepisce quanto possa essere importante esprimere sé stessi e comunicare.»
A proposito della musica come commercio, cosa ne pensi dei moderni talent show che propinano carriere da sogno, contratti e un successo smisurato?
«Sicuramente in questi talent gioca più di tutto il fattore degli ascolti e quindi il discorso commerciale a cui accennavo prima, invece, per quanto riguarda le forme di insegnamento adottate in queste trasmissioni, non metto in dubbio che i ragazzi aumentino le loro conoscenze e abbiano una buona formazione, ma ritengo che si potrebbero ottenere risultati più efficaci attraverso un rapporto più intimo e privato col professore e non puramente televisivo: l’arte è espressione del sentimento, per questo è fortemente personale e ha bisogno di essere trasmessa da veicoli più adatti alla sua natura. Non approvo nemmeno i criteri di selezione che vengono adottati: spesso si prediligono alcune caratteristiche fisiche che rendono il ragazzo più carino e perciò più adatto ad attirare l’attenzione, sottovalutando chi possa essere più bravo. Mi piacerebbe tanto che si creassero dei concorsi nazionali in grado di offrire un’opportunità a tutti e di saper riconoscere dei veri talenti da far crescere.»
È anche vero, però, che gli stessi talent show portano a un successo non indifferente?
«Si tratta di un successo fittizio che da visibilità e tende a oscurare tutti gli aspetti più difficili che comporta, dal momento che richiede tanto studio, pazienza e perfezionamento. A mio avviso, il vero talento si esprime e si ripaga col tempo. »
Sei un cantautore, dove trovi l’ispirazione per i tuoi testi?
«La trovo dentro di me, prendo tutto quello che recepisco durante il giorno e scrivo durante la notte: solo nel silenzio e lontano dalla vita frenetica quotidiana, posso fermarmi e riflettere su tutto quello che ho vissuto. L’amore che ricevo da chi mi sta accanto, gesti, parole e sguardi sono materia preziosa per i miei testi. Devo ancora lavorare molto sullo studio di uno strumento che possa fornire il tappeto musicale a ciò che scrivo perché altrimenti rimarrebbe pura poesia.»
Per quanto riguarda la fotografia, invece, ci sono condizioni più favorevoli per fare carriera?
«Tutto dipende dal ramo fotografico che scegliamo: se preferiamo l’ambito commerciale allora il territorio è saturo, infatti a Martina ci sono tredici fotografici ufficiali, mentre ci sono più difficoltà per chi insegue strade artistiche. Per il momento io vorrei continuare a lavorare sulla seconda strada, ma mi rendo conto che in qualsiasi mestiere prima o poi bisogna scendere a compromessi. Tutti all’inizio siamo presi dall’entusiasmo di iniziare un nuovo percorso più innovativo e particolare, ma alla fine è sempre la strada più diffusa quella che ci garantisce un tornaconto economico. Tuttavia spero che i miei scatti riescano sempre a comunicare qualcosa, facciano parlare di sé sia in negativo che in positivo e non rimangano anonimi.»
Quali sono i soggetti che preferisci immortalare? Segui delle procedure particolari prima di uno scatto?
«Mi piace molto ritrarre la gente e fare dei primi piani, a volte un sguardo è capace di comunicare tantissime emozioni e io cerco di renderle attraverso una foto. Amo anche studiare la persona che ho di fronte: nei book fotografici che faccio, cerco sempre di avere un colloquio conoscitivo con la modella per capire ciò che sente e quale sia il modo migliore per esaltare le sue qualità, oltretutto è fondamentale raggiungere un buon grado di confidenzialità e amicizia in modo tale che la ragazza si senta a suo agio e dia vita a uno scatto più bello, perché naturale e spontaneo. Ciò che più mi soddisfa è il bellissimo rapporto che rimane con le persone con cui ho lavorato, sapere che per loro un mio lavoro è stato soddisfacente, mi riempie di gioia e mi incentiva a perfezionarmi.»
Col tempo la fotografia è stata totalmente stravolta e il passaggio al digitale ha comportato dei veri cambiamenti per un settore sempre più ‘ritoccato’.
«Assolutamente, prima chi scattava con l’analogico poteva definirsi un vero artista, perché riusciva a cogliere l’attimo senza sapere in anticipo cosa stesse immortalando, adesso siamo tutti fotografi perciò è molto più difficile distinguersi dalla massa e risaltare per la propria bravura. Tutti gli scatti vengono post prodotti, da quello giornalistico a quello più comune, tutti vogliono apparire più belli, più magri e spesso avanzano richieste alquanto assurde: c’è chi vuole cambiare il colore degli occhi e chi invece vuole perdere qualche taglia.»
Un po’ come andare dal chirurgo ma senza dolore: voi di fronte a questo tipo di richieste come vi comportate?
«Da buon chirurgo, consiglio sempre di evitare questi ‘ritocchi’, perché nel momento in cui la modella presenta le foto per lavorare presso un’agenzia è normale che non venga riconosciuta dagli scatti e il più delle volte non lavora. Molto spesso alcune ragazze mi hanno chiesto di cambiare totalmente i loro connotati fisici, ma penso che sia un po’ come prendersi in giro, è molto meglio la naturalezza.»
Quali sono i tuoi progetti futuri?
«Vorrei aprire un grande studio fotografico con alcuni miei colleghi e creare un progetto ambizioso per Martina e per il Sud, con uno studio che possa occuparsi a 360 gradi di tutte le forme d’arte, dal fotomontaggio-video al canto. Dal punto di vista musicale mi piacerebbe far conoscere ancora di più il mio brano e magari nel frattempo comporne un altro da portare a qualche kermesse nazionale come quella di Sanremo o Castrocaro. »